Dislocazione di poteri e/o funzioni tra i diversi soggetti e organi dell’organizzazione amministrativa, al fine di raccordare le esigenze della collettività agli enti a essa più vicini. Si contrappone al fenomeno dell’accentramento e può assumere connotazioni diverse a seconda del soggetto cui sono trasferite le funzioni.
Si definisce d. burocratico od organico la traslazione di competenze da organi centrali a organi periferici appartenenti allo Stato (per es., le prefetture), mentre per d. autarchico o istituzionale si intende il conferimento di compiti pubblici a enti territoriali separati dallo Stato (per es., gli enti locali) e con l’espressione d. per servizi, l’attribuzione di compiti specializzati e funzioni a soggetti (spesso creati appositamente) non territoriali, separati dallo Stato (per es., enti pubblici e aziende o agenzie autonome).
Il d. amministrativo costituisce uno dei principi fondamentali dell’organizzazione amministrativa e un corollario dell’ordinamento democratico, essendo finalizzato a realizzare la partecipazione effettiva della collettività all’esercizio e alla cura degli interessi pubblici attraverso l’esercizio diretto delle funzioni amministrative. È enunciato nell’art. 5 della Cost., in base al quale «la Repubblica italiana, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali e attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio d. amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento». L’art. 97, co. 2, specifica che «nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari»; il principio del d. è altresì previsto agli art. 114-133, Titolo V, parte II, della Costituzione, laddove si descrive l’assetto organizzativo della Repubblica.
Nella storia della Repubblica italiana il principio del d. amministrativo ha iniziato ad avere attuazione nel 1970, con il trasferimento alle regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative a esse attribuite sulla base degli art. 117 e 118 Cost. e di funzioni proprie dello Stato (l. 281/1970, e d.p.r. 1-11/1972). Successivamente si è avuto un ampliamento delle funzioni regionali con il d.p.r. 616/1977 (l. delega 382/1975). Negli anni 1990 l’attività legislativa è tornata sulla materia con la l. 142/1990 (confluita nel d. legisl. 267/2000) che ha dettato il nuovo ordinamento delle autonomie locali e con la l. 81/1993, relativa all’elezione diretta del sindaco e del presidente della provincia. Ma è soprattutto dal 1997, nell’ambito della riforma della pubblica amministrazione e dell’opera di semplificazione dell’attività amministrativa, che si è avviata una politica di d., attraverso la l. 59/1997 (cosiddetta legge Bassanini), contenente la delega al governo per il conferimento alle regioni e agli enti locali delle funzioni e dei compiti amministrativi, e il seguente decreto di attuazione (d. legisl. 112/1998) della suddetta delega che ha realizzato il conferimento di funzioni e compiti agli enti locali di alcune materie espressamente indicate e riunite in quattro settori: sviluppo economico e attività produttive; territorio, ambiente e infrastrutture; servizi alla persona e alla comunità; polizia amministrativa regionale e locale e regime autorizzatorio. Tale decreto stabilisce, inoltre, che il d. comprende anche tutte le funzioni di organizzazione e le attività connesse e strumentali all’esercizio dei compiti conferiti, quali quelli di programmazione, di vigilanza, di accesso al credito, di polizia amministrativa e l’adozione dei provvedimenti d’urgenza previsti dalla legge.
La l. 59/1997 aveva come obiettivo la realizzazione del massimo d. possibile con legge ordinaria, nei limiti consentiti dalla Costituzione (il cosiddetto ‘federalismo a Costituzione invariata’), indicando i principi e i criteri cui dovevano ispirarsi le leggi di attuazione successive. Il testo si articola in quattro capi: il capo I si occupa del conferimento di funzioni e compiti amministrativi dallo Stato alle regioni e alle autonomie locali; il capo II del riordino dell’amministrazione statale; il capo III della semplificazione dei procedimenti amministrativi; il capo IV dell’autonomia e riorganizzazione del sistema scolastico e formativo, e del trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative relative alle acque termali e minerali. Il capo I prevede un d. regionale e locale attuato attraverso lo strumento del conferimento. In particolare, nell’art. 1 si specifica che per «conferimento» si intende il trasferimento, la delega o l’attribuzione di funzioni e compiti, e che, per «enti locali», si intendono le province, i comuni, le comunità montane e gli altri enti locali.
Nel rispetto del principio di sussidiarietà (➔), si prevede inoltre il conferimento alle regioni e agli enti locali di tutte le funzioni e i compiti amministrativi «relativi alla cura degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità, nonché tutte le funzioni e i compiti amministrativi localizzabili nei rispettivi territori in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrali o periferici, ovvero tramite enti o altri soggetti pubblici».
Infine, con l. cost. 1/2001, la materia del d. è approdata nella riforma costituzionale del titolo V, parte II della Cost., relativa all’assetto organizzativo dei rapporti tra i diversi soggetti dell’ordinamento, che ha dato copertura costituzionale alle novità legislative appena richiamate di riforma dell’assetto organizzativo della Repubblica, disegnando un’articolazione amministrativa tra diversi livelli di governo territoriale.
Nella definizione del nuovo assetto amministrativo territoriale dell’ordinamento, il nuovo articolo 114 Cost. stabilisce che la Repubblica è costituita dai comuni, dalle province, dalle città metropolitane, dalle regioni e dallo Stato, con pari dignità istituzionale. Altra novità è l’individuazione del comune come nuovo centro del sistema amministrativo, in quanto soggetto più vicino ai cittadini, pertanto in grado di rappresentare al meglio le esigenze delle collettività di riferimento e assicurare servizi migliori a costi minori (art. 3, co. 2, d. legisl. 267/2000), anche con il coinvolgimento dei privati cittadini, individualmente o in associazione, per lo svolgimento di attività di interesse generale. In tal senso, l’art. 118 Cost. stabilisce che «le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a province, città metropolitane, regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza». Con l’introduzione di questi ultimi si è voluto ottimizzare l’esercizio delle competenze, ripartendole non più in base a principi astratti e generali ma secondo criteri specifici, relativi alle peculiarità territoriali, demografiche ecc., e di criteri concreti di efficienza e idoneità organizzativa, nonché sottolineare il superamento del principio del «parallelismo» tra le potestà legislative indicate all’art. 117 e le funzioni amministrative ex art. 118 della Costituzione. Quest’ultimo prevedeva che alla regione e agli enti locali spettassero le competenze amministrative nelle stesse materie oggetto della potestà legislativa, mentre ora sono distinte e la ripartizione delle competenze amministrative fra ente territoriale centrale ed ente periferico avviene nel rispetto del principio di sussidiarietà, secondo il quale, al primo spettano le funzioni tassativamente riservate dalla legge mentre tutte le altre sono di competenza del secondo, salvo che, sia necessario garantire l’esercizio unitario da parte dell’ente superiore.
Al comune, ormai ente a competenza amministrativa generale, spettano tutte le funzioni amministrative (d. legisl. 59/1997, art. 4, co. 3), secondo le proprie dimensioni territoriali, con l’esclusione di quelle incompatibili che esulano dall’interesse locale e che necessariamente sono riservate all’ente immediatamente superiore (provincia, città metropolitana, regione, Stato). Collegata all’intervento sussidiario dell’ente di livello superiore è la previsione del potere sostitutivo dello Stato nei casi espressamente individuati nell’art. 120 Cost., ossia nelle ipotesi di mancato rispetto di norme, trattati internazionali o normative comunitarie, di pericolo grave per l’incolumità e della sicurezza pubblica, di tutela dell’unità giuridica ed economica e in particolare di tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Il potere sostitutivo deve essere esercitato nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, assicurati da limiti normativi e amministrativi volti a garantire che l’ente compia l’attività nel tempo e nel modo ad esso assegnato e che l’intervento sostitutivo sia proporzionato all’obiettivo da perseguire (l. 131/2003, art. 8).
Nell’ambito della riforma costituzionale va segnalata anche la ridefinizione dei rapporti tra Stato e regione, in qualità di enti a competenza legislativa generale, attraverso l’‘inversione’ del criterio di ripartizione delle competenze legislative tra tali soggetti; in tal senso, l’art. 117 Cost. stabilisce che «la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali», e specifica che alle regioni spetta la potestà legislativa generale in ogni materia non espressamente riservata allo Stato (politica estera, immigrazione, difesa, politica monetaria, ambiente, previdenza sociale ecc.).
Come previsto dalla l. 59/1997, art. 11, un’altra forma di d. ha avuto attuazione con i decreti legislativi 300/1999 (riforma dell’organizzazione del governo) e 303/1999 (ordinamento della presidenza del Consiglio dei ministri).
D. produttivo Fenomeno (detto anche delocalizzazione) per cui determinate produzioni (o processi di produzione) che si facevano all’interno di un’impresa sono affidate a fornitori esterni; tale forma di organizzazione produttiva si contrappone a quella dell’integrazione verticale, in cui l’intero ciclo produttivo, dalla materia prima al prodotto finito, avviene nella stessa azienda. Il d. ha assunto grande impulso, anche a seguito dell’ingresso di paesi emergenti – dall’Europa orientale alla Cina – nelle economie di mercato.
Negli ultimi decenni del 20° sec. i sistemi di produzione sono andati evolvendosi da una configurazione legata alle tecnologie di trasformazione fisica di materie prime in prodotti finiti a una configurazione basata sui flussi di produzione e sui relativi flussi informativi. La drastica riduzione del costo dell’informazione ha cambiato profondamente l’organizzazione delle aziende che in fondo non sono altro che informazione organizzata a scopi produttivi. A partire dai primi esperimenti di collegamento automatico o semiautomatico fra lavorazioni diverse, si è passati progressivamente all’integrazione funzionale dei diversi elementi del sistema produttivo e dei settori immediatamente connessi, quali quelli per il magazzinaggio, la distribuzione, i sistemi di supporto alle macchine, i sistemi per la gestione di flussi su reti. La nuova organizzazione del processo produttivo e la diffusione capillare degli strumenti informatici coinvolgono sempre più nella gestione di un particolare processo da un lato i settori a monte, primi fra tutti quello della pianificazione e quelli relativi ai fornitori, dall’altro i settori a valle, primi fra tutti quelli relativi ai clienti ai vari livelli, configurando, in una rete di processi, la cosiddetta catena cliente-fornitore (o supply chain). Per una gestione flessibile e integrata di queste reti si avverte il bisogno di tornare all’archetipo dell’officina e si comincia a concepire una fabbrica di agenti autonomi che si aggregano funzionalmente intorno a obiettivi produttivi mediante un processo di negoziazione in ambiente distribuito, in cui gli operatori non agiscono più direttamente sul mondo fisico, ma su una sua immagine informatizzata fornita localmente dal sistema di supervisione, elaborazione, presentazione e controllo; il successivo legame fra i flussi informativi e le diverse realtà fisiche è realizzato separatamente e non sempre presidiato da operatori umani. La teleoperazione (ossia il controllo a distanza delle attività), la prototipizzazione virtuale in ambiente manifatturiero (cioè la realizzazione di prototipi simulati su un elaboratore, utilizzando strumenti informatici di aiuto alla progettazione, senza realizzare fisicamente il prodotto) e la gestione decentrata dei grandi servizi a rete consentono la separazione completa dei flussi fisici dai flussi organizzativi. In particolare, nella fabbricazione si potrà sviluppare ulteriormente il d. nel territorio delle attività operative, fino a giungere a un archetipo di fabbrica virtuale in rete.