Il Consiglio superiore della magistratura è un organo di rilievo costituzionale, cui spetta il compito di garantire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura ordinaria (civile e penale; Magistratura. Diritto costituzionale), sancite all’art. 104, co. 1, Cost. La Costituzione, infatti, ha scelto di attribuire tutte le decisioni più significative sulla carriera e sullo status professionale dei magistrati a tale organo, la cui caratteristica fondamentale è l’autonomia dagli organi di indirizzo politico di maggioranza. Un ordine giudiziario autonomo e indipendente costituisce una caratteristica fondamentale, sul piano organizzativo, dello Stato di diritto (Forme di Stato e forme di governo), in quanto realizza il principio della separazione dei poteri.
Lo Statuto albertino si limitava a sancire l’inamovibilità dei giudici nominati dal Re dopo tre anni di esercizio della funzione (art. 69), anche se la l. n. 511/1907 (cd. legge Orlando) aveva previsto l’istituzione di un Consiglio superiore della magistratura parzialmente elettivo e dotato di una competenza sulle nomine, le promozioni e i trasferimenti dei magistrati. Il potere di trasferimento restava nelle mani del Ministro di grazia e giustizia, che era obbligato, però, a sentire il parere non vincolante di una sezione di tale Consiglio. L’irrogazione di sanzioni disciplinari, invece, spettava, previo processo, ad appositi tribunali disciplinari (il Consiglio di disciplina, costituito presso ogni corte d’appello, e la Corte suprema disciplinare, costituita presso il Ministero di grazia e giustizia, composta da magistrati e da senatori).
Al contrario, con l’avvento del fascismo la magistratura fu da subito riportata sotto il controllo dell’esecutivo (R.d. n. 2786/1923): fu abolita l’elettività del Consiglio superiore della magistratura e i suoi componenti vennero nominati direttamente dal Ministro di grazia e giustizia. Inoltre, per quanto riguarda i trasferimenti dei magistrati senza il loro consenso al parere del Consiglio superiore della magistratura fu sostituito il parere di una commissione ministeriale. Infine, venne accentuata l’ingerenza del Governo sulla nomina dei componenti della Corte suprema disciplinare.
La Costituzione repubblicana, all’opposto, oltre a riaffermare il principio dell’inamovibilità di tutti magistrati e non solo di quelli giudicanti (art. 107, co. 1, Cost.; Magistratura. Diritto costituzionale), prevede che spettino al Consiglio superiore della magistratura l’adozione dei provvedimenti riguardanti le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le promozioni e le sanzioni disciplinari nei riguardi dei magistrati (art. 105 Cost.); e a tale previsione è stata data attuazione, con un certo ritardo, con la l. n. 195/1958.
La composizione del Consiglio superiore della magistratura. - Il Consiglio superiore della magistratura è oggi composto da ventisette membri, di cui tre di diritto – il Presidente della Repubblica, che lo presiede, il Primo Presidente della Corte di cassazione e il Procuratore generale presso la Corte di cassazione (art. 104, co. 2 e 3, Cost.) – e ventiquattro elettivi (l. n. 44/2002), nella proporzione stabilita allo stesso art. 104, co. 4, Cost.: un terzo dal Parlamento in seduta comune (c.d. membri laici) e due terzi dagli stessi magistrati ordinari (c.d. membri togati). Per quanto riguarda questa ultima categoria la l. n. 44/2002 ha stabilito che due seggi spettino ai magistrati della Corte di cassazione, quattro ai magistrati che esercitano la funzione di pubblico ministero, dieci ai giudici. Per quanto riguarda, invece, i componenti eletti dal Parlamento in seduta comune, eleggibili sono solo professori universitari ordinari in materie giuridiche ed avvocati con almeno quindici anni di esercizio della professione. Essi durano in carica per quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili (art. 104, co. 6, Cost.): la loro elezione è prevista con una maggioranza qualificata (tre quinti dei componenti nelle prime due votazioni e tre quinti dei votanti a partire dal terzo scrutinio), il che impone un accordo tra maggioranza e minoranze parlamentari (l. n. 195/1958). Infine, il Consiglio superiore della magistratura elegge tra i c.d. membri laici elegge il proprio Vicepresidente, cioè colui che lo presiede quando il Presidente della Repubblica – la cui partecipazione alle sedute del Consiglio superiore della magistratura è limitata nella prassi solo a circostanze eccezionali – è assente (art. 104, co. 5, Cost.).
Le funzioni del Consiglio superiore della magistratura. - La dottrina è divisa sulla qualificazione giuridica del Consiglio superiore della magistratura: secondo alcuni, esso non sarebbe altro che l’organo di autogoverno della magistratura; secondo altri, esso sarebbe un organo costituzionale, ovvero un organo di rilievo costituzionale, ovvero ancora un organo di garanzia costituzionale; secondo, infine, un terzo orientamento, esso non sarebbe altro che un organo di alta amministrazione. La prima di queste tesi è stata esplicitamente negata dalla Corte costituzionale, secondo cui la presenza di componenti non al di fuori dell’ordine giudiziario è finalizzata ad impedire che quest’ultimo si ponga come un corpo separato dello Stato.
Le recenti riforme dell’ordinamento giudiziario d.lgs. n. 240/2006; l. n. 111/2007) ha in parte limitato le competenze accessorie del Consiglio superore della magistratura: la competenza in ordine alla formazione e all’aggiornamento dei magistrati è stata affidata alla neonata Scuola superiore della magistratura; sono state adottate nuove norme sull’accesso in magistratura e sulla progressione di carriera, nonché sull’organizzazione degli uffici del pubblico ministero; è stata rivista la materia degli illeciti disciplinari, introducendo una tipizzazione dei comportamenti passibili di sanzione.
Il Consiglio superiore della magistratura si articola al proprio interno in Commissioni, a cui spetta il lavoro di istruzione delle deliberazioni. Fa eccezione, in tal senso, la Sezione disciplinare, a cui partecipano il Vicepresidente e altri cinque componenti (di cui quattro c.d. membri togati), che è direttamente competente in ordine alla irrogazione delle sanzioni. Parte della dottrina aveva dubitato della legittimità di attribuire questa funzione a una parte e non al plenum dell’organo, ma la questione è stata rigettata dalla Corte costituzionale. L’azione disciplinare è promossa dal Ministro della giustizia e dal Procuratore generale presso la Corte di Cassazione (d.lgs. n. 109/2006): il primo ha facoltà di esercitarla, potendo scegliere se farlo o meno, mentre per il secondo essa è un obbligo. Contro i provvedimenti in materia disciplinare è esperibile ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione (l. n. 195/1958; art. 24 d.lgs. n. 109/2006).
Per quanto riguarda le delibere sullo status dei magistrati, esse assumono generalmente la forma del d.P.R., ovvero nei casi stabiliti dalla legge, quello di un d.m. (l. n. 195/1958). Pertanto, esse sono impugnabili di fronte al T.A.R. del Lazio, e, in secondo grado, di fronte al Consiglio di Stato (l. n. 74/1990).
Infine, il Consiglio superiore della magistratura può fornire pareri al Ministro della giustizia sui d.d.l. concernenti l’ordinamento giudiziario, l’amministrazione della giustizia e su ogni altro oggetto attinente a tali materie (l. n. 195/1958), ma è controverso se abbia diritto di esprimere dei pareri non richiesti; un conflitto di attribuzione (Conflitti di attribuzione. Diritto costituzionale) sollevato innanzi alla Corte costituzionale sul punto non è stato risolto né in un senso né nell’altro. Il Consiglio superiore della magistratura può da ultimo designare, per meriti insigni, consiglieri della Corte di cassazione professori universitari ordinari in materie giuridiche ed avvocati che abbiano almeno quindici anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori (art. 106, co. 3, Cost.; l. n. 303/1998).
Magistratura. Diritto costituzionale