La separazione dei poteri è uno dei principi cardine del costituzionalismo liberale e tale da connotare in buona parte le stesse democrazie costituzionali (Forme di Stato e forme di governo; Democrazia). Benché l’idea delle tripartizione delle funzioni fondamentali dello Stato (legislativa, esecutiva, giudiziaria) si ritrovi già in Aristotele, l’idea della separazione dei poteri è assai più recente ed è riconducibile a Montesquieu, il quale aveva messo in evidenza la necessità che queste tre funzioni fossero affidate a organi diversi, in posizioni di reciproca indipendenza tra loro, al fine di evitare che potesse essere minacciata la libertà. Una diversa separazione dei poteri era stata altresì teorizzata da Locke, il quale aveva distinto il potere legislativo, il potere esecutivo e il c.d. potere federativo (cioè il potere di stipulare trattati, stringere alleanze e di muovere guerra). Nella visione lockiana, il potere giudiziario, conformemente alla tradizione del common law, era considerato una branca del potere esecutivo, anche se quella stessa tradizione aveva distinto, sin dai tempi di Bracton (XIII secolo), tra gubernaculum e iurisdictio, cioè tra la sfera del potere governativo vero e proprio e quella del potere giudiziario.
Il principio della separazione dei poteri ha poi trovato la sua massima realizzazione storica nelle grandi Rivoluzioni dell’età moderna e nei coevi documenti costituzionali. Sia quella inglese che quella americana che quella francese prevedevano, infatti, forme di organizzazione costituzionale caratterizzate da una rigida separazione dei poteri: la monarchia costituzionale (cioè una forma di governo caratterizzante l’esperienza inglese dalla fine del XVII alla fine del XVIII secolo, nonché la Cost. Francia 1791); la repubblica presidenziale (Cost. U.S.A. 1787); la repubblica direttoriale (Cost. Francia 1795; Forme di Stato e forme di governo). D’altra parte, il fatto che la separazione dei poteri fosse la stella polare del costituzionalismo moderno è attestato all’art. 16 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino francese del 1789, ove viene testualmente affermato che «ogni società nella quale la garanzia dei diritti non è assicurata e la separazione dei poteri non è determinata non ha una costituzione».
Con il XIX secolo e l’affermarsi del regime parlamentare (Controfirma ministeriale; Fiducia parlamentare), il principio della separazione dei poteri viene riletto alla luce dell’evoluzione costituzionale: alla rigida separazione tra il potere esecutivo e il potere legislativo che caratterizzava le prime carte costituzionali si sostituisce l’idea – enunciata da W. Bagehot – della fusione dei poteri e, correlativamente, emerge un quarto potere distinto dagli altri tre, quello del Capo dello Stato, qualificato, sulla scia di B. Constant, come «neutro». Successivamente, con l’avvento dello Stato democratico il principio della separazione dei poteri viene profondamente trasformato rispetto alle sue origini, tanto che alcuni studiosi hanno persino dubitato della sua effettiva vigenza nello Stato contemporaneo. A tale proposito, occorre ribadire che il significativo aumento dei poteri normativi del Governo (Decreto-legge; Decreto legislativo; Delegificazione), la presenza di una legislazione sempre meno generale e astratta (Legge) e l’emergere sulla scena di nuovi organi, come la Corte costituzionale e le autorità amministrative indipendenti.
Forme di Stato e forme di governo