Democrazia è una parola di origine greca formata da démos (popolo) e krátos (potere) ed è uno dei termini più antichi nell’ambito del linguaggio giuridico-politico, risalendo addirittura al V secolo a.C., anche se con un significato prettamente negativo. Questa connotazione è visibile nell’opera di Aristotele, che distingueva le forme di governo a seconda che il potere spettasse a uno solo, a un’esigua minoranza o ai più: democrazia veniva utilizzata, infatti, per indicare la versione degenerata del governo popolare, come sinonimo di oclocrazia o di demagogia.
A un’accezione negativa del termine presso gli antichi fa riscontro, invece, una accezione positiva presso i moderni. Presupposto della democrazia contemporanea è il principio della sovranità popolare, che a sua volta trova espressione nel suffragio universale (Diritto di voto). Tipica conseguenza della democrazia contemporanea è dunque la piena affermazione del cd. principio maggioritario, cioè del fatto che le decisioni debbano essere prese dalla maggioranza e che la minoranza si debba conformare alle decisioni della prima. Non si può, però, negare che democrazia sia divenuto uno dei termini più abusati nell’ambito del dibattito giuridico-politico odierno: non esiste, infatti, un regime politico (compreso anche il più autocratico) che non affermi la propria legittimità sulla base di un consenso (vero o presunto) della maggioranza del popolo. In ogni caso, la democrazia non è solo un mero criterio di legittimità del potere politico: secondo C. Schmitt, infatti, la democrazia consisterebbe nell’identità tra governanti e governati, mentre secondo H. Kelsen la democrazia avrebbe un fondamento di tipo relativistico, escludendo l’attribuzione a singoli o a gruppi del possesso di una verità assoluta e postulando, al contrario, l’esistenza di sole verità relative.
Pur caratterizzando diverse forme di Stato (Forme di Stato e forme di governo) – basti pensare alla forma di Stato socialista che viene definita come «democrazia socialista» o alla forma di Stato intermedia nel passaggio dalla forma di Stato liberale alla forma di Stato socialista, la c.d. democrazia popolare (art. 1 Cost. Polonia 1952; art. 1 Cost. D.D.R. 1949) – quando si parla di democrazia costituzionale si intende generalmente quella specifica forma di Stato in cui i principi del costituzionalismo moderno si combinano con quello della sovranità popolare. In virtù della soggezione ai vincoli del costituzionalismo la democrazia costituzionale si caratterizza per una serie di contemperamenti al principio maggioritario: nella democrazia costituzionale, infatti, la volontà della maggioranza incontra tutti quei limiti e quegli obblighi dal cui adempimento deriva che sia possibile l’esistenza e la permanenza della democrazia stessa. Per dirla in altri termini, democrazia costituzionale sta a significare che la maggioranza non è onnipotente e che il suo diritto di decidere non si può risolvere in una vera e propria negazione dei diritti della minoranza, ma postula, anzi, che siano esclusi tutti quei meccanismi giuridici volti a rendere statico o istituzionale il potere di un uomo o di un gruppo: non è un caso, dunque, che alcuni studiosi parlino proprio di «democrazia totalitaria» quando i meccanismi giuridici per la limitazione del potere delle maggioranze sono assenti o, comunque, finiscono per essere insufficienti.
Democrazia rappresentativa e democrazia diretta.- Una delle distinzioni più importanti che investono la nozione di democrazia è quella tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta: la prima caratterizza le forme moderne di democrazia, mentre la seconda caratterizzava quelle antiche. Mentre la prima si esplicita attraverso il meccanismo della rappresentanza politica e dell’elezione, la seconda postulava la diretta partecipazione di ogni cittadino all’esercizio diretto del potere sovrano e al meccanismo dell’elezione preferiva quello del sorteggio. Questa distinzione si trova per la prima volta nel saggio n. 10 dei Federalist Papers, dove Madison contrappone tra loro «democrazia» (la democrazia c.d. degli antichi) e «repubblica» (la democrazia c.d. dei moderni): per Madison, infatti, nella democrazia i cittadini si adunavano e si autogovernavano direttamente, mentre nella repubblica creavano, con il proprio voto, corpi collegiali e si governavano tramite propri rappresentanti.
D’altra parte, nel difendere le ragioni della democrazia rappresentativa e del parlamentarismo contro le visioni plebiscitarie di Schmitt, Kelsen aveva osservato che, anche se l’ideale democratico dell’identità tra governanti e governati presupponeva la democrazia diretta, essa si scontrava con la realtà moderna della divisione del lavoro, che imponeva, invece, la democrazia rappresentativa. Tuttavia, la contrapposizione tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta non va assolutizzata, nel senso che le esperienze contemporanee, pur rientrando nell’ambito della democrazia rappresentativa, hanno adottato alcuni istituti di partecipazione diretta al processo decisionale: basti pensare, con riferimento all’esperienza italiana, al referendum o all’iniziativa legislativa popolare.
Democrazia e Costituzione italiana. - La democrazia è uno dei principi-cardine su cui si fonda la Costituzione repubblicana. Il carattere di democrazia costituzionale accolto dalla nostra forma di Stato emerge chiaramente dalla dizione che il popolo è sì titolare della sovranità, ma la esercita nelle forme e nei limiti stabiliti dalla stessa Costituzione (art. 1 Cost.). Commentando l’art. 1 Cost., C. Mortati, dopo avere mostrato la stretta connessione esistente tra il principio della democrazia e le disposizioni costituzionali immediatamente successive (in particolare, gli artt. 2 e 3 Cost.), riteneva la forma democratica dello Stato coessenziale a quella repubblicana (Repubblica) e, di conseguenza, garantita dallo stesso requisito della intangibilità di questa ultima (art. 139 Cost.), tesi fatta propria anche da un altro grande studioso dell’epoca, V. Crisafulli. L’equivalenza tra forma repubblicana e forma democratica dello Stato era stata negata, invece, da C. Esposito, secondo cui parlare di repubblica non sarebbe stato sufficiente per caratterizzare come democratica la forma di Stato. La dottrina successiva e la stessa giurisprudenza costituzionale hanno accolto le tesi di Mortati: è ormai pacifico, infatti, che il principio democratico rientri tra i principi supremi dell’ordinamento costituzionale e cioè tra quei principi che non possono essere oggetto di revisione costituzionale.