Il testo della Costituzione della Repubblica italiana è stato approvato dall’Assemblea costituente alla fine del 1947, promulgato dal Capo provvisorio dello Stato, De Nicola, ed è entrato in vigore nel 1948. Esso si componeva originariamente di centotrentanove articoli e di XVIII disposizioni transitorie e finali, ed è stato oggetto sinora di molteplici revisioni costituzionali, con cui si è provveduto ad integrare ed aggiornare il testo originario (Revisione costituzionale). Tra queste si segnala, in particolare, la revisione integrale del titolo V della parte II della Costituzione, relativa alle autonomie territoriali, operata con la l. cost. n. 3/2001; mentre, per altro verso, nessuna delle proposte formulate sin dagli anni ottanta del Novecento per modificare la forma di governo (Forme di Stato e forme di governo) ha trovato il consenso del Parlamento e/o del corpo elettorale, come dimostrato, da ultimo, dalla reiezione del referendum costituzionale del 2016 (Revisione costituzionale). Nel 2020, però, il referendum ha confermato la riforma in materia di riduzione del numero dei parlamentari.
Alcuni degli istituti previsti nel testo costituzionale hanno dovuto attendere molti anni prima di entrare in funzione, mentre altri continuano addirittura ad attendere ancora un’attuazione da parte del legislatore ordinario. Nella prima categoria rientrano la Corte costituzionale, che vide la luce soltanto nel 1956; il Consiglio superiore della magistratura, entrato in funzione solo nel 1958; il referendum abrogativo, la cui legge attuativa fu approvata solo nel 1970; le Regioni ad autonomia ordinaria (Regione), la cui travagliata istituzione è avvenuta con la prima elezione dei Consigli regionali nel 1970. Nella seconda categoria rientrano, tra gli altri, le previsioni costituzionali sui sindacati (art. 39 Cost.) e sui partiti politici (art. 49 Cost.; Partito politico).
Sin dalla sua approvazione, dottrina e giurisprudenza si sono interrogate con diversità di vedute sul valore da attribuire alle disposizioni della Costituzione e soprattutto ai suoi principi: mentre la Corte di cassazione, con la sent. del 7.2.1948, Marcianò, ha finito per dare una sorta di copertura giurisprudenziale alle inattuazioni della Costituzione e alla permanenza in vigore della legislazione prerepubblicana, distinguendo tra norme precettive (immediatamente applicabili) e norme programmatiche (unicamente rivolte al legislatore), alcuni esponenti della dottrina costituzionalistica, tra cui in particolare V. Crisafulli hanno sostenuto, invece, l’immediata applicatività, seppur con forza diversa, di tutte le disposizioni della costituzione, anche se programmatiche. Quest’ultima posizione è stata poi fatta propria dalla giurisprudenza costituzionale, la quale, sin dalla sua prima sentenza del 1956, ha ritenuto la distinzione tra norme programmatiche e norme precettive irrilevante ai fini del giudizio di legittimità costituzionale, potendo l’illegittimità costituzionale di una legge anche discendere anche da una disposizione costituzionale di principio.