Le elezioni sono procedure attraverso le quali si scelgono una o più persone per una o più cariche mediante una votazione. Le elezioni possono riguardare i diversi organi (la rappresentanza parlamentare, il Capo dello Stato ecc.) e i diversi livelli di governo in cui si articolano i pubblici poteri (le elezioni europee, politiche, amministrative ecc.). In generale, quando si parla di elezioni, ci si intende però riferire alle elezioni del Parlamento. Le elezioni sono strettamente intrecciate con la nozione di democrazia rappresentativa, della quale ne costituiscono il presupposto logico e teorico, come affermato anche dalla Corte costituzionale: infatti, da un lato la legittimità del potere politico deve trovare la sua base nel corpo elettorale, inteso come quella parte del popolo ammesso a partecipare alle elezioni (Diritto di voto), anche se va detto che non tutte le elezioni fanno sorgere un rapporto di rappresentanza politica e che lo stretto legame tra democrazia ed elezioni non comporta automaticamente l’elettività di ogni carica.
Il carattere di scelta insito nel concetto di elezioni vale a caratterizzare le democrazie costituzionali dalle altre forme di Stato (Forme di Stato e forme di governo): la presenza di elezioni libere e plurali – dove, cioè, viene garantita la possibilità di scegliere e/o di proporre alternative politiche diverse nell’ambito del procedimento elettorale – è, infatti, una delle caratteristiche peculiari delle moderne democrazie pluraliste. Il carattere di scelta delle elezioni presuppone, quindi, un pluralismo politico-partitico, anche se ciò è una condizione necessaria, ma non sufficiente: il pluralismo finisce, infatti, con l’essere negato non solo quando vi è un unico partito legittimato a presentare le candidature – come, ad esempio, nell’Italia fascista – ma anche in quelle esperienze costituzionali dove, pur essendovi la formale possibilità di scegliere con il voto tra diverse alternative politiche, vi è, però, un forte controllo sociale e/o culturale sull’esercizio del voto stesso, ovvero non esiste una dialettica interpartitica o intrapartitica, in quanto viene negata la funzione delle minoranze.
Il valore delle elezioni è stato però contestato da quei filoni del pensiero giuspolitico che si proponevano come alternativa radicale allo Stato liberale (come il marxismo-leninismo) e dal c.d. elitismo – i cui massimi esponenti furono Mosca, Pareto e Michels – secondo cui non era vero che le elezioni esprimessero la volontà della maggioranza del corpo elettorale, poiché in qualunque elezione erano le minoranze organizzate a prevalere sempre sulle maggioranze disorganizzate, chiamate appunto da Pareto élites. Un tentativo di coniugare elitismo, democrazia ed elezioni è stato portato avanti da Schumpeter, secondo cui la democrazia si sostanzierebbe proprio nella procedura attraverso cui le diverse élites competono durante le elezioni al fine di assicurarsi l’investitura al governo.