I conflitti di attribuzione, il cui giudizio spetta alla Corte costituzionale ai sensi dell’art. 134 Cost., sono di due diversi tipi: i conflitti tra poteri dello Stato (conflitti interorganici) e quelli tra Stato e Regioni o tra le stesse Regioni (conflitti intersoggettivi).
I conflitti interorganici. - Per quanto riguarda i conflitti interorganici (l. n. 87/1953), essi insorgono tra organi statali, cioè tra articolazioni organizzative appartenenti al medesimo soggetto (lo Stato, appunto) e riguardano comportamenti (azioni e/o omissioni) o atti lesivi delle attribuzioni costituzionalmente previste. Secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, non sono ammessi conflitti meramente ipotetici: è necessario che il comportamento (o l’atto) sia suscettibile di produrre una lesione concreta dell’altrui attribuzione. Per quanto riguarda la legittimazione ad essere parte (attore o convenuto) di un conflitto interorganico, tale conflitto deve insorgere «tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono» (l. n. 87/1953). La Corte costituzionale, comunque, ha ammesso la legittimazione di una serie di organi che va ben al di là della tradizionale tripartizione (legislativo, esecutivo e giudiziario) risalente a Montesquieu (Separazione dei poteri) e che pure, a stretto rigore, non sarebbero organi di vertice: oltre, infatti, ai singoli rami del Parlamento, al Consiglio dei ministri e ad ogni singolo giudice e pubblico ministero (con la motivazione che il potere giudiziario costituisce un potere diffuso, cioè non soggetto al principio gerarchico; Magistratura), sono legittimati a un sollevare conflitto di attribuzione anche il Presidente della Repubblica, la stessa Corte costituzionale, la Corte dei conti, il Consiglio superiore della magistratura (nonché la sua Sezione disciplinare), le Commissioni parlamentari di inchiesta, la Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (c.d. Commissione di vigilanza sulla RAI), il Presidente del Consiglio dei ministri (solo per le attribuzioni di rilievo costituzionale a lui riservate), il Ministro della giustizia, nonché, addirittura, figure esterne allo Stato-apparato, come il Comitato promotore di un referendum abrogativo, anche se limitatamente per ciò che attiene allo svolgimento del procedimento referendario. È stata negata, invece, la legittimazione ai partiti politici. Per quanto riguarda gli atti, è stata esclusa, in linea di massima, la possibilità di sollevare un conflitto di attribuzione nei confronti di un atto legislativo, con qualche parziale e recente ripensamento da parte dello stesso giudice costituzionale. *
I conflitti intersoggettivi. - Per quanto riguarda, invece, i conflitti intersoggettivi (l. n. 87/1953), soggetti legittimati sono lo Stato (nella persona del Presidente del Consiglio dei ministri o di un Ministro da lui delegato, previa deliberazione del Consiglio dei ministri), la Regione (nella persona del Presidente della giunta regionale, previa deliberazione della Giunta regionale), e le Province autonome di Trento e Bolzano (l. n. 87/1953 e art. 98, co. 2, dello Statuto del Trentino-Alto Adige). Essi insorgono quando un ente ritiene che l’altro abbia invaso con un suo atto la sfera di competenza assegnatagli dalla Costituzione. A differenza dei conflitti interorganici, non è ipotizzabile un conflitto intersoggettivo che abbia ad oggetto un’omissione, benché parte della dottrina sia di diverso avviso: l’omissione, infatti, può essere valutata solo a condizione di considerarla «atto negativo». Anche in questo caso, il conflitto deve essere reale e non ipotetico. È invece escluso che possa essere oggetto di un conflitto intersoggettivo un atto legislativo. Nei conflitti intersoggettivi, a differenza di quelli interorganici, il ricorso è soggetto al termine perentorio di sessanta giorni, che decorre dalla notificazione o dalla pubblicazione dell’atto, ovvero dalla sua avvenuta conoscenza (l. n. 87/1953).