Scafo sommergibile per esplorare le grandi profondità marine. È una sorta di sottomarino semplificato nei suoi mezzi di manovra e di propulsione, ma irrobustito in modo da resistere a profondità maggiori di quelle dei sottomarini ordinari e da manovrare in modo autonomo anche a tali quote. I b. più recenti sono costituiti da uno scafo, riempito di un liquido più leggero dell’acqua (per es., benzina), che ha funzioni di galleggiante e serve alla navigazione in superficie e a permettere limitati spostamenti sul fondo, e da una sfera applicata direttamente sotto al galleggiante. Nella sfera prendono posto gli osservatori e si trovano i comandi per la manovra del b. e gli strumenti di ricognizione. L’esterno viene osservato attraverso un portello chiuso da un blocco di plexiglas. La ricarica delle batterie viene effettuata con un motore diesel, per il cui funzionamento il b. prende aria da un apposito tubo affiorante (➔ schnorchel) senza che si renda visibile lo scafo.
In Italia, si ricordano i batiscafi di A. Degli Abati (1892), di G. Vassena (1945-50), di P. Milo di Villagrazia (1952). I successivi progressi conseguiti nella costruzione dei b. hanno permesso di raggiungere profondità via via maggiori: di 3150 m (A. e J. Piccard, presso Ponza, settembre 1953, con il b. Trieste), di 4050 m (G. Houot e P. Willm, presso Dakar, febbraio 1954, col b. FNRS II di fabbricazione francese, sul quale erano imbarcati anche passeggeri), di quasi 11.000 m (J. Piccard con lo statunitense D. Walsh, Fossa delle Marianne, gennaio 1960, col b. Trieste).