Speciale tipo di naviglio che può operare sia in superficie sia sott’acqua e che deriva da una trasformazione o, meglio, da un adattamento del sottomarino, con il quale in certo modo si confonde, tanto che nel linguaggio comune i due termini vengono, con una certa improprietà, frequentemente scambiati (il sottomarino, a stretto rigore, opera prevalentemente sott’acqua). Nato e impiegato per lungo tempo esclusivamente come mezzo militare, il s. oggi è diffuso anche per turismo sotto forma di unità di piccole dimensioni che si immergono per brevi crociere intese a esplorare il mondo subacqueo. È detto in particolare s. tascabile (o midget) un mezzo di ridotte dimensioni, con equipaggio di tre o quattro persone, diffuso durante la Seconda guerra mondiale e oggi impiegato sia per ispezioni e soccorso subacquei, sia per ricerche subacquee.
Il s. costituisce la naturale evoluzione dei primi rudimentali sottomarini realizzati fra il 1890 e il 1900 in Italia (Delfino di G. Pullino), Francia (Zedé e Morse), USA (Plunger), nei quali restavano tuttavia insolute le limitazioni nell’autonomia (insufficiente erogazione di energia dagli accumulatori elettrici allora disponibili), nonché nelle scarse qualità nautiche (scafo studiato per la sola navigazione subacquea). La soluzione venne trovata nel doppio motore (termico per la navigazione in superficie, elettrico per quella subacquea) e nel doppio scafo (uno esterno, relativamente leggero, simile a quello di una torpediniera, capace di assicurare buona tenuta nella navigazione in emersione, e uno interno, a sezione circolare o ellittica, resistente alla pressione idrostatica, per navigare in immersione). Arma principale di offesa del s. era da tutti considerata il siluro, ma già durante la Prima guerra mondiale i s. furono dotati di cannoni, preziosi nella guerra di corsa per l’attacco in superficie ai mercantili isolati, in quanto permettevano di risparmiare siluri, la cui dotazione restava forzatamente limitata. Il s. venne inoltre utilizzato per la posa di mine, particolarmente pericolosa per il nemico, in quanto effettuata in modo occulto, stando in immersione.
La potenzialità offensiva del s. si manifestò clamorosamente nel 1914, all’inizio della Prima guerra mondiale, quando presso Hook of Holland tre incrociatori britannici (Hogue, Cressy e Aboukir), in crociera di vigilanza, vennero silurati e affondati in successione dal s. tedesco U9 (tenente di vascello Otto Weddingen) di 500 t, che riuscì ad allontanarsi indenne. Quanto all’impiego bellico, all’inizio della Seconda guerra mondiale, il criterio dell’agguato sulle rotte più battute, con attacco in immersione, fu sostituito con quello in superficie con decine di unità raccolte in gruppo (le cosiddette mute o branchi di lupi), che invece di attendere al varco i convogli li ricercavano e li attaccavano in superficie, preferibilmente di notte. I risultati furono in un primo tempo grandiosi, ma il rapido progresso dei mezzi di difesa e di offesa contro i s., specialmente per opera degli aerei, del radar e delle portaerei di scorta, costrinsero i s. ad abbandonare l’attacco in superficie per tornare, per quanto possibile, a quello in immersione nella veste di ‘sottomarini’. In ciò furono favoriti dall’adozione dello Schnorchel (➔), che rendeva possibile l’uso dei motori termici anche in immersione, per tempi considerevolmente lunghi, e dalle turbine Walter a perossido di idrogeno, che aumentavano la velocità in immersione.
Decisivo per il passaggio del s. a un tipo di naviglio sempre più vicino al sottomarino è stato l’avvento della propulsione nucleare che ha praticamente svincolato il s. dalla necessità di risalire in superficie (se non in rare occasioni e per tempi ridottissimi), consentendogli di operare immerso per mesi interi, a quote molto profonde e velocità elevatissime (➔ sottomarino).
Nelle costruzioni stradali e idrauliche, si dice di opere che possono essere sommerse in tutto o in parte dalle acque marine o fluviali.