subacqueo Che si trova, avviene, si fa, opera sott’acqua.
Medicina s. Disciplina specialistica, avente per oggetto gli eventi di adattamento e le condizioni fisiopatologiche relativi all’immersione dell’uomo in acqua, in rapporto alle diverse variabili ambientali: densità, pressione, temperatura, conducibilità termica, fenomeni di respirazione, composizione gassosa ecc.
In rapporto all’entità dell’immersione (totale o parziale) e all’impiego o meno di mezzi ausiliari di respirazione, si distinguono: a) immersioni parziali del corpo umano, in ventilazione o in pausa respiratoria (immersione della faccia, degli arti inferiori, del corpo con testa emersa, di tutto il corpo ecc.); b) immersioni con sospensione volontaria dell’attività respiratoria, comunemente ma impropriamente definita apnea (inspiratoria, espiratoria, a vario volume); c) immersioni con mezzi ausiliari di respirazione o in ambiente iperbarico, suddivise in rapporto alla miscela gassosa usata (ossigeno, aria, elio-ossigeno, elio-ossigeno-azoto, ossigeno-idrogeno ecc.) e anche al mezzo tecnico adottato (erogatore, libera ventilazione in campana o in camera iperbarica, con o senza cordone ombelicale, in saturazione ecc.). Queste diverse modalità di immersione possono indurre differenti effetti fisiologici o fisiopatologici se, anziché a livello del mare (mare, laghi o fiumi), sono effettuate in altitudine, con o senza pregresse modificazioni indotte dall’acclimatazione e/o per le diverse caratteristiche della riemersione o decompressione.
L’immersione in acqua determina una sostanziale modificazione della dinamica del ritorno venoso verso i vasi intratoracici e il cuore destro. Infatti, durante l’immersione del solo corpo con testa emersa il gradiente pressorio transdiaframmatico, principale determinante del ritorno venoso, passa da un valore prossimo allo zero a circa 11 mmHg con notevole incremento del volume di sangue intratoracico per riduzione del fisiologico pooling di sangue nei vasi venosi periferici (effetto dell’elevata densità del mezzo da cui l’organismo è circondato e della venocostrizione attiva indotta dalla temperatura minore). A sua volta, lo spostamento di sangue è responsabile della dilatazione delle cavità cardiache di destra e delle modificazioni neuroendocrine conseguenti: attivazione di recettori di stiramento con aumentata increzione di peptide natriuretico atriale e potenziamento della natriuresi e della diuresi (diuresi da immersione).
L’immersione di tutto il corpo (e anche della faccia) a temperatura inferiore a quella ‘neutra’ determina l’evocazione del riflesso da immersione, consistente in apnea, bradicardia, vasocostrizione e aumento della pressione arteriosa media con riduzione della portata cardiaca.
Nelle immersioni in apnea, che avvengono a profondità ben maggiori di quelle massime prevedibili in base allo schiacciamento del torace e alla legge di Boyle e Mariotte (➔ gas), due sono i fattori che incidono sulle modificazioni fisiologiche dell’organismo umano: il tempo di sospensione dell’attività respiratoria e la profondità raggiunta. Il fenomeno più evidente durante l’immersione in apnea è la bradicardia, dovuta al classico riflesso da immersione. Il nuoto in apnea induce una pronunciata bradicardia (ca. 50 battiti/min) per immersioni protratte oltre i 50 s, mentre la riduzione in percentuale della frequenza cardiaca risulta essere lineare (0,4 battiti/s) dal 20° secondo in poi per le immersioni effettuate fra 3 e 20 m. L’induzione della bradicardia è molto più rapida durante le immersioni oltre 20 m. Tra i meccanismi che scatenano la bradicardia in apnea è noto il ruolo svolto dai recettori facciali mediati dal vago (effetto cronotropo negativo sul cuore), dalla vasocostrizione periferica (indotta dal simpatico), da fattori fisici locali (temperatura), dall’ipossia o anche dall’azione dei recettori polmonari e dei grandi vasi.
Durante l’immersione con apparati di respirazione s., l’aria (o gli altri gas o miscele respiratorie) viene erogata alla pressione equivalente a quella della profondità raggiunta. La legge di Boyle comporta però che, a parità di volume, la quantità di gas ventilato sia maggiore: in altre parole, la densità del gas aumenta con la profondità. Modificazioni importanti sono quelle riguardanti la meccanica respiratoria. La semplice immersione del corpo in acqua determina, per l’aumento del ritorno venoso, una significativa riduzione della capacità vitale, del volume residuo polmonare e della capacità funzionale residua. L’aumento del contenuto ematico polmonare induce inoltre una riduzione della distensibilità polmonare. L’effetto di tali mutamenti si traduce in un netto cambiamento della prestazione ventilatoria con riduzione della frequenza respiratoria e incremento del volume corrente. Inoltre, la pressione di invio dell’aria da parte dell’erogatore risente delle variazioni di posizione che si hanno durante l’immersione. L’erogatore determina un incremento dello spazio morto respiratorio, ma riduce nel contempo quello fisiologico-aereo abolendone alcune caratteristiche: il riscaldamento e l’umidificazione dell’aria inspirata. Tale fenomenologia incide notevolmente quando i volumi di gas inspirato aumentano sia per motivi correlati al lavoro muscolare, sia per altri fattori (stress, affanno ecc.).
Una possibile fonte di perturbazione dell’attività respiratoria, squisitamente psicologica, risiede nella singolarità dell’esperienza di respirare sott’acqua. Questa situazione è in grado di aumentare il livello di controllo volontario dell’attività respiratoria che, in condizioni normali, risulta essere pressoché totalmente affidata al controllo vegetativo.
Nell’immersione risulta altresì modificato lo scambio dei gas respiratori, pur rimanendo questi determinati dai rispettivi gradienti alveolo-capillari. Nel caso di respirazione di aria, ciò ha conseguenze sugli scambi respiratori dell’ossigeno, dell’azoto e dell’anidride carbonica. La pressione parziale alveolare e arteriosa di ossigeno aumenta con la profondità: ciò induce un notevole incremento della quota di O2 fisicamente disciolta nel plasma con ridotta eliminazione dell’anidride carbonica (CO2). L’effetto netto è una tendenza alla ritenzione di CO2, tanto che s. esperti divengono meno sensibili a elevati valori di pressioni parziali di CO2. L’azoto non partecipa ad alcun processo metabolico ed è pertanto definito gas inerte; i livelli di azoto presenti nell’organismo, quindi, sono determinati unicamente dalla pressione atmosferica. In corso di immersione con respirazione s. di aria, l’azoto segue il proprio gradiente di pressione alveolo-capillare e passa dagli alveoli ai capillari polmonari e da qui ai tessuti periferici. Il passaggio in senso inverso avviene durante la risalita e dopo il termine dell’immersione.
La latenza con cui i passaggi di azoto avvengono tra i vari compartimenti dell’organismo comporta, alla fine dell’immersione, la permanenza nell’organismo di azoto in eccesso rispetto ai livelli di saturazione preimmersione. Questo fenomeno di sovrasaturazione è il meccanismo patogenetico fondamentale per la malattia da decompressione. Infatti, la velocità con la quale avviene la riduzione della pressione (velocità di risalita) è un fattore critico per la determinazione delle modalità con cui l’azoto disciolto nei vari tessuti durante l’immersione viene a essere riemesso: se la risalita è troppo veloce in rapporto alle quantità di azoto assorbito, si avrà la liberazione di azoto in fase gassosa, con possibile formazione di bolle nel sangue circolante e nei tessuti.
I principali tipi di patologie da immersione sono: annegamento per penetrazione di acqua nei polmoni e conseguente asfissia; sincope, o perdita di coscienza da ipossiemia sistemica o distrettuale durante immersioni in apnea e talora dovuta (o associata) a ipercapnia; otiti barotraumatiche (durante la fase di discesa dell’immersione, l’aumentata pressione ambientale sollecita la membrana timpanica e solo l’aria proveniente dalla tuba di Eustachio mediante compensazione per lo più volontaria – manovre di deglutizione, di Valsalva – può ristabilire l’equilibrio pressorio. Variazioni bariche rapide durante la fase di risalita possono analogamente indurre otiti medie barotraumatiche o vertigini).
Sono definite patologie da decompressione quegli eventi patologici che derivano da una riduzione della pressione ambientale, determinati dallo sviluppo o dalla penetrazione di bolle gassose all’interno del sangue e dei tessuti. In ambito s. esistono due fondamentali patologie da decompressione, caratterizzate da patogenesi profondamente diversa: la malattia da decompressione propriamente detta (MDD, con bolle costituite da azoto) e l’embolia gassosa da aria (EGA, con bolle costituite da aria). Le bolle nella MDD, una volta formatesi, in generale per errata decompressione, possono determinare danni tissutali per ostruzione diretta del flusso ematico; rottura o compressione dei tessuti per effetto meccanico diretto; danni endoteliali (fenomeni di brushing) ecc. L’EGA, derivante dalla penetrazione di aria nel torrente ematico, è un evento possibile anche al di fuori dell’ambiente subacqueo. La causa più frequente di EGA nelle attività s. è rappresentata dalla brusca riduzione di profondità, senza consentire la fuoriuscita dell’aria dall’apparato respiratorio. In tal caso può determinarsi una condizione di sovrapressione e, quindi, di sovradistensione alveolare fino alla lacerazione del parenchima polmonare e alla penetrazione di aria all’interno dei vasi e delle altre strutture toraciche. L’EGA è spesso conseguente a risalite in situazioni di stress/panico o a incidenti avvenuti durante l’immersione. Le differenze di pressione necessarie per determinare una lesione parenchimale polmonare non sono assolutamente elevate: è stato dimostrato che una risalita di 70-80 cm a glottide chiusa può, in taluni casi, essere sufficiente a causare la lacerazione delle pareti alveolari. I presidi terapeutici sono simili per le due patologie.
La narcosi da gas inerte (l’azoto, nel caso della respirazione di aria) è una patologia che insorge a seguito di un considerevole aumento della pressione parziale di questo gas, e consiste nella percezione del proprio stato di alterazione neurosensoriale. I sintomi riferiti sono generalmente: stato di ebbrezza con percezioni distorte, allucinazioni ecc. Esiste un’ampia suscettibilità interindividuale agli effetti dell’azoto iperbarico: alcuni s. hanno disturbi già a profondità di 25-30 m, mentre altri tollerano bene profondità di 45-50 m e, in casi eccezionali, di oltre 120 m. La riduzione della pressione parziale di azoto (in pratica la riduzione della profondità) determina la rapida recessione dei sintomi.
La sindrome nervosa degli alti fondali (HPNS, high pressure nervous syndrome) è un insieme di sintomi motori e sensoriali che compaiono durante immersioni a elevata profondità. In immersioni effettuate con miscele Heliox i segni di HPNS iniziano a profondità maggiori di 200 m. Questa patologia sembra essere prodotta dall’effetto cellulare diretto dell’elevata pressione ambientale, la quale determina, attraverso modificazioni nella permeabilità della membrana cellulare, l’insorgenza di disturbi nella funzione neuronale e l’alterazione della trasmissione sinaptica.
Le attività s. moderne sono nate negli anni 1930, soprattutto in ambito militare e per la pesca dilettantistica e professionale. Nel dopoguerra hanno dato origine a discipline sportive riconosciute e regolamentate: pesca s., record d’immersione e, in tempi più recenti, fotografia s., caccia fotosub, videosub, hockey s., rugby s., tiro al bersaglio (con tre specialità: tiro di precisione, biathlon e staffetta), apnea agonistica (con le specialità: statica e dinamica orizzontale) e apnea jump blu.
I record di immersione omologati sono eseguiti secondo due diverse tecniche: in assetto variabile, vale a dire scendendo con l’aiuto di una zavorra scorrevole lungo un cavo d’acciaio, e in assetto costante, dove il s. scende in profondità e riemerge con il solo ausilio del pinneggiamento (v. fig.). Il primo record mondiale maschile in assetto variabile appartiene all’italiano R. Bucher, che nel 1949 raggiunse una profondità di 30 m. Nei decenni successivi questo record è stato più volte migliorato, soprattutto a opera di E. Maiorca, J. Mayol e U. Pelizzari; negli anni successivi sono più volte intervenute variazioni nei criteri di omologazione dei record e nuove classificazioni regolamentari delle loro tipologie (assetto costante, variabile regolamentato, variabile assoluto o no-limits), che hanno portato i migliori atleti a sfiorare o superare sempre nuovi limiti, a volte causando polemiche in ambito agonistico e medico. I record d’immersione hanno goduto del maggior seguito da parte dell’opinione pubblica per la temerarietà delle imprese che hanno reso celebri atleti.
La pesca in apnea ha avuto 25 anni di notevole popolarità dal 1960 al 1985 e poi ha perso gradualmente interesse presso il pubblico, sempre più attento alle preoccupazioni ecologiche. Le altre specialità come la fotografia s. e la caccia fotosub (che consiste nel ‘catturare’ con l’obiettivo di una fotocamera il maggior numero di specie ittiche), nate tra la fine degli anni 1970 e l’inizio degli anni 1980, hanno coinvolto soprattutto la parte più colta degli appassionati s.; le restanti discipline sono in gran parte nuovissime e attirano un numero crescente di giovani. Tutte le attività sportive s. ufficiali vengono disciplinate in Italia dalla Federazione italiana pesca sportiva e attività subacquee (FIPSAS), organo del CONI, e nel mondo dalla Confederazione mondiale attività subacquee (CMAS).
Per l’immersione in apnea il s. utilizza un equipaggiamento di base composto di pinne, maschera e aeratore. Le pinne sono costituite da una scarpetta in gomma morbida e da una pala in materiale plastico più o meno rigido o, in particolari tipi, in fibra di carbonio. La maschera, il cui corpo può essere di gomma o silicone, deve avere una sagomatura che contenga il naso al suo interno e ne permetta la presa per eseguire la manovra della compensazione; deve contenere il minor volume di aria possibile e a questo scopo sono preferite le maschere con doppio cristallo, in quanto aderiscono maggiormente al volto; i due cristalli devono essere complanari per evitare una visione distorta. L’aeratore (o respiratore) è costituito da un tubo in gomma munito di un boccaglio morbido generalmente di silicone, di lunghezza e diametro tali da non ostacolare la respirazione e nel contempo evitare un eccessivo aumento del volume morto tracheobronchiale. Per limitare al massimo la dispersione di calore del corpo immerso in acqua viene utilizzata la muta; ne esistono vari tipi, studiati per le diverse esigenze: mute umide, semistagne e stagne. Per l’apnea viene impiegata in genere la muta umida, che permette l’ingresso di una minima quantità d’acqua. Si utilizza inoltre una cintura zavorrata con fibbia a sgancio rapido per compensare la spinta idrostatica positiva della muta.
Molte delle attrezzature necessarie per l’apnea sono impiegate anche per l’immersione con autorespiratore, seppure con differenti caratteristiche specifiche. L’autorespiratore ad aria (ARA) è composto fondamentalmente da una o più bombole e da un erogatore, un dispositivo atto a ridurre la pressione del gas contenuto nella bombola al valore ambiente, collegato a un manometro che dà in ogni momento la condizione di carica della bombola. In particolari attività professionali, ove sia richiesta un’elevata profondità di esercizio, le bombole vengono caricate con miscela gassosa diversa dall’aria, per evitare i problemi connessi con un’eccessiva pressione parziale dell’ossigeno e dell’azoto. Le miscele generalmente usate sono costituite da elio e ossigeno oppure da elio, ossigeno e azoto o da idrogeno e ossigeno. L’erogatore è bistadio: la riduzione di pressione avviene in due tempi, tramite il primo stadio, montato sulla rubinetteria della bombola, e il secondo stadio, provvisto di boccaglio. Il primo stadio è dotato di alcune uscite: ad alta pressione, esclusivamente per il manometro, e a bassa pressione, alle quali si collega la frusta per il giubbetto ad assetto variabile (GAV), che serve a mantenere un assetto costante indipendentemente dalla profondità (l’aumento di pressione induce la diminuzione di spessore della muta, variando l’assetto idrostatico del s.) tramite l’immissione e lo scarico di aria. Per definire i dati necessari all’immersione, si è diffuso l’uso del computer da immersione, che rileva con esattezza in ogni momento dati quali profondità, tempo, velocità di risalita, e permette quindi un calcolo più preciso dei tempi di decompressione.
Ordigni contenenti una carica di scoppio destinata a esplodere sott’acqua per distruggere o danneggiare navi e opere marine del nemico. Nella moderna sistematica tali ordigni si distinguono in: armi s. passive o mine s.; armi s. attive, che comprendono le armi s. da getto, come le bombe di profondità antisommergibili, impiegate da navi di superficie e da aerei, e le armi s. automobili o autopropulse, cioè i siluri e i missili (che possono essere acqua-acqua, aria-acqua, o terra-acqua, a seconda che siano lanciati, rispettivamente, da un’unità navale, da un aeromobile, o da terra).