Vedi Cile dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Una democrazia stabile al punto da transitare senza scossoni dal lungo dominio della coalizione di centrosinistra chiamata Concordancia a quello delle destre, ormai lontane parenti dell’eredità della dittatura e giunte al potere nel 2010 con la vittoria elettorale di Sebastián Piñera. Ma ciò che ha altrettanto caratterizzato la storia cilena degli ultimi decenni è la robusta e costante crescita economica, basata sia su un’economia estremamente aperta e competitiva sui mercati internazionali, sia sulla scrupolosa attenzione agli equilibri macroeconomici. Tali risultati, senza pari in America Latina, e l’elevato grado di affidabilità che il Cile si è così guadagnato a livello globale, fanno sì che esso goda di un’influenza regionale e internazionale di gran lunga superiori a quanto farebbero supporre le sue ridotte dimensioni e il suo isolamento geografico.
Benché la popolazione indiana del Cile, perlopiù concentrata nel sud del paese, abbia negli ultimi anni rivelato maggiore determinazione e organizzazione che in passato nel rivendicare i propri diritti ancestrali sulla terra, essa corrisponde in realtà ad appena il 5% dei cileni. La maggior parte della popolazione cilena ha più o meno remote radici europee: sia quelle spagnole dell’epoca coloniale, sia quelle di varie zone d’Europa risalenti alle grandi migrazioni del 19° e 20° secolo, compresa finanche una nutrita e assai influente comunità di origine tedesca. Caratteristica della popolazione cilena è la sua storica concentrazione nella fascia centrale del paese, corrispondente al nucleo territoriale dove dapprima si è consolidato lo stato cileno e a cui si aggiunsero nella seconda metà del 19° secolo i territori meridionali popolati dai Mapuche e quelli settentrionali sottratti a Bolivia e Perù nella Guerra del Pacifico (1879-83). Per quanto riguarda la società cilena, pur rimanendo caratterizzata da disuguaglianze assai marcate, tipiche dell’area latinoamericana, non v’è dubbio che sia gli effetti della crescita economica, sia quelli delle politiche volte ad attenuarla abbiano avuto un ruolo importante nello sviluppo del paese. La percentuale di popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà si è ridotta drasticamente, attestandosi intorno all’11%.
Sintesi di questo e di altri indicatori, che collocano il Cile ai vertici delle graduatorie dei paesi latinoamericani in pressoché ogni campo e sempre più vicino agli standard sociali dei paesi occidentali, è la posizione che lo stato occupa nella classifica compilata in base all’Indice di sviluppo umano (il Cile si colloca circa al 44° posto su 187 paesi). I diritti civili e politici, infine, sono ampiamente rispettati in Cile, dove anche le ultime forme di autoritarismo, lasciate in eredità dalla dittatura e ancora presenti nella Costituzione del 1981, sono state eliminate attraverso successivi emendamenti.
L’economia cilena, storicamente dipendente dall’esportazione di rame, di cui il Cile è il primo produttore al mondo, è cresciuta nell’ultimo ventennio a ritmi superiori a quelli di qualsiasi altro paese latinoamericano, uscendo perlopiù indenne dalle crisi economiche succedutesi. Alla base di tale indubbio successo vi sono stati numerosi fattori, sia locali, sia internazionali. Tra quelli locali spiccano la solida legittimità dei governi, l’ampio consenso nazionale sulla preservazione di una coerente politica di disciplina fiscale e di stabilità macroeconomica e gli effetti di un modello economico liberista che fa di quella cilena una delle economie più aperte il mondo, in larghissima maggioranza basata sul commercio estero e su accordi di libero scambio con i maggiori partner internazionali. La dipendenza dal rame rimane significativa e i suoi prezzi elevati hanno recentemente contribuito in modo consistente alla crescita economica ma, sia il sistema produttivo, sia la struttura delle esportazioni, si sono col tempo rafforzati e in parte differenziati.
Sul piano energetico, il Cile mostra un profilo potenzialmente più vulnerabile. Alla crescita della domanda di energia interna non è corrisposto un uguale incremento delle fonti energetiche, di cui il Cile è poco fornito (salvo che per l’idroelettrico e le fonti rinnovabili) – determinando perciò una forte dipendenza dalle importazioni di petrolio e gas naturale. A tal proposito, le tensioni croniche con la Bolivia e la scarsa affidabilità argentina hanno indotto il Cile a perseguire con determinazione una strategia energetica di massima diversificazione dei fornitori. Sul piano ambientale, infine, il livello di inquinamento che si registra in Cile è entro le medie regionali, anche se tocca punte preoccupanti nella capitale. A destare proteste e polemiche è soprattutto lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali, causa talvolta di gravi incidenti nelle miniere e del rapido processo di deforestazione di talune aree del paese.
La forte crescita economica, il peso corporativo esercitato dalle Forze armate e le croniche ostilità coi vicini spiegano il fatto che il bilancio militare del Cile (pari a oltre 7 miliardi di dollari e con un’incidenza sul pil pari al 3,2%) sia raddoppiato negli ultimi 15 anni e sia oggi inferiore, in Sud America, solo a quelli di Brasile e Colombia, rispettivamente la maggiore potenza regionale e il paese andino che da decenni è impegnato in un conflitto armato interno.
La Forza aerea cilena (7760 unità), in particolare, rappresenta oggi un temibile e ben dotato strumento di sicurezza e dissuasione. La notevole modernizzazione delle forze armate che ne è derivata ha suscitato timori presso i governi dei paesi confinanti, perlopiù impossibilitati dai più angusti limiti di bilancio a seguire il passo del Cile, incentivando una sorta di corsa regionale agli armamenti.
A loro volta i governi e le Forze armate cilene hanno sempre sostenuto di non avere intenzioni aggressive e di essersi limitati a rinnovare un apparato di sicurezza ormai obsoleto. Resta il fatto, però, che il Cile gode di una netta superiorità militare nei confronti dei vicini andini e per molti aspetti anche della ben più grande Argentina.
I rapporti del Cile coi paesi vicini sono storicamente caratterizzati da tensioni, sfociate a volte in conflitti armati (come nel caso della Guerra del Pacifico, che nel 19° secolo vide opporsi le armate cilene a quelle di Perù e Bolivia), mentre altre volte scongiurate in extremis, come nel caso di un contenzioso territoriale con l’Argentina alla fine degli anni Settanta del 20° secolo. Benché oggi i venti di guerra non soffino sulla regione, alcune ferite rimangono ancora aperte: ad esempio con la Bolivia rimangono intatte le rivendicazioni di quest’ultima per un accesso diretto al mare; anche con il Perù ci sono vecchi rancori che riguardano ancora oggi la Guerra del Pacifico e contenziosi sulle acque territoriali. Infine con l’Argentina, sanate le dispute territoriali, le tensioni oggi sono riemerse sul piano commerciale e in particolare per quel che riguarda le forniture energetiche da cui il Cile dipende tanto. Per queste ragioni, oltre che per la scelta di un modello di sviluppo incentrato sull’apertura economica e sul ‘regionalismo aperto’, le relazioni internazionali cilene presentano taluni tratti peculiari: da un lato, la rinuncia a inserirsi a pieno titolo in organizzazioni regionali, come il Mercosur, che ne limiterebbero la libertà d’azione sul piano commerciale, il che non impedisce però al Cile di coltivare rapporti particolarmente stretti con il Brasile e tesi a bilanciare la convivenza con vicini ostili o insofferenti alla sua potenza; dall’altro lato, una politica estera a tutto campo, proiettata in particolar modo a coltivare una vocazione agli scambi con l’Asia, insita nella geografia cilena.