In astrofisica, sigla di coronal mass ejection, con la quale si indica l’espulsione di una nube di plasma coronale da parte del Sole (v. fig.).
La velocità dei CME varia fra 50 km/s e 2000 km/s; la massa fra 1012 kg e 1014 kg; la larghezza angolare, misurata dal centro del Sole, fra 10° e 90°. L’energia complessivamente liberata da un CME può superare i 1025 J, un valore confrontabile con quello dei più violenti brillamenti. Se la sua velocità è abbastanza elevata, un CME comprime davanti a sé il vento solare più lento, generando un’onda d’urto: questa si propaga nello spazio interplanetario e può raggiungere la Terra, dove determina l’insorgere di disturbi geomagnetici. La loro frequenza dipende dall’attività solare: al massimo del ciclo delle macchie se ne possono verificare 142 al giorno, al minimo uno ogni 5410 giorni. L’origine dei CME è controversa: sembra comunque che la ‘bolla’ di plasma che costituisce un CME si distacchi dalla corona quando la sua pressione termica supera l’attrazione gravitazionale del Sole e la tensione magnetica delle linee di forza, che la inviluppano trattenendola (➔ magnetofluidodinamica).