In agricoltura, coltivazione contemporanea di due o più specie di piante sullo stesso terreno, in modo che usufruiscano degli stessi lavori, cure colturali e concimazioni (mentre la coltura di una sola specie si dice isolata o specializzata). Gli scopi sono diversi: dalla c. deriva una maggiore quantità globale di prodotti (infatti in una data superficie le specie consociate rendono meno singolarmente, ma complessivamente rendono più che se fossero coltivate isolate); in certi casi, come per le foraggere, un’opportuna mescolanza di piante rende la produzione qualitativamente migliore; si può ottenere un primo prodotto da una coltura, mentre l’altra si accresce (è il caso della vite consociata all’olivo, del grano consociato al trifoglio ecc.); una delle piante può avere ufficio di protezione verso altre per un periodo più o meno lungo. La c. riesce dannosa quando venga fatta con piante che per il loro modo di vegetare possono danneggiarsi a vicenda sia con le radici, sia con gli organi aerei o con l’ombreggiamento, oppure che abbiano esigenze colturali molto diverse. La c. può essere erbacea, legnosa e mista. Fra piante legnose la c. più frequente è quella delle viti maritate con alberi che fanno da tutori (acero, olmo); diffusa è anche quella fra vite e olivo e quella fra alberi fruttiferi e fra piante forestali.