Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali
La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, concepita in seno al Consiglio d’Europa, è stata firmata a Roma il 4 novembre 1950 ed è entrata in vigore il 3 settembre 1953. Ad essa sono parti i 47 Stati membri del Consiglio d’Europa. Costituisce il primo dei trattati regionali a tutela dei diritti umani (Diritti umani. Diritto internazionale) e quello più avanzato sotto il profilo dei meccanismi di controllo di carattere giurisdizionale. A essa sono seguiti 14 Protocolli aggiuntivi che hanno ampliato la gamma dei diritti tutelati dalla Convenzione e modificato il meccanismo giurisdizionale di tutela.
Ricorsi individuali alla Corte europea dei diritti umani. - Ogni individuo che ritenga gli sia stato negato uno dei diritti tutelati in base alla Convenzione ha accesso diretto alla Corte europea dei diritti umani, istituita dalla Convenzione. Essa ha sede a Strasburgo ed è formata da un numero di giudici pari a quello degli Stati contraenti; si suddivide in quattro sezioni, la cui composizione, fissata per tre anni, deve essere rappresentativa, dal punto di vista geografico e della partecipazione dei due sessi. La Corte, che deve anche tenere conto dei diversi sistemi giuridici esistenti nelle parti contraenti, è articolata in vari organi: Comitati di 3 giudici costituiti in seno a ciascuna Camera, che giudicano prima facie sull’ammissibilità dei ricorsi; le Camere, composte da 7 giudici per ciascuna sezione, competenti a pronunciarsi sul merito dei ricorsi mediante una sentenza; una Grande camera, composta da 17 giudici, che in casi eccezionali può effettuare il riesame della sentenza emessa da una delle Camere; un’Assemblea plenaria, composta da tutti i giudici, con funzioni di tipo organizzativo.
Le sentenze della Corte sono vincolanti per le parti in causa. Sono adottate a maggioranza del collegio giudicante e ogni giudice può allegare alla sentenza la propria opinione dissenziente. Oltre ad accertare l’esistenza della pretesa violazione, la Corte può concedere alla parte lesa un’«equa soddisfazione» nel caso in cui l’ordinamento dello Stato responsabile non consenta la rimozione integrale delle conseguenze della violazione.
Diritti umani. Diritto internazionale
Diritti umani. Diritto dell’Unione Europea