Nome comune del genere Digitalis tradizionalmente ascritto alla famiglia delle Scrofulariacee e inserito in quella delle Plantaginacee in seguito ai risultati di studi filogenetici. Si tratta di erbe bienni o perenni con foglie radicali a rosetta, grandi, ovato-lanceolate, con lungo picciolo alato, pubescenti o quasi vellutate, a margine crenato, fra le quali, a partire dal secondo anno di vita, si eleva uno scapo fiorale alto fino a 1 m, con foglie gradatamente decrescenti verso l’alto; le foglie superiori sono sessili. I fiori hanno corolla fatta a ditale, sono in racemo e pendono tutti dallo stesso lato; il frutto è una capsula con molti semi. Molte d. sono coltivate come piante ornamentali (Digitalis purpurea, v. fig.; D. grandiflora; D. thapsii; Digitalis ferruginea) e per il loro uso farmaceutico.
Dalla d. deriva un farmaco impiegato nella terapia dello scompenso cardiaco, in virtù del suo potere di rallentare e regolarizzare il ritmo cardiaco, aumentare l’energia della sistole, rendere più completa la diastole e promuovere la diuresi. Queste proprietà terapeutiche sono dovute a glicosidi, estraibili dalle foglie e dai semi, il principale dei quali è la digitossina. Questa, come anche la gitossina, è contenuta tanto in Digitalis purpurea, quanto in Digitalis lanata; un altro glicoside, la gitalina, è invece contenuto soltanto nella prima; la digossina, infine, solo nella seconda. La d. viene eliminata lentamente dall’organismo nel quale tende ad accumularsi: a evitare pertanto l’intossicazione, la terapia digitalica deve essere effettuata sotto assiduo controllo di un medico. Prima la d. veniva consumata sotto forma di infusi, decotti o polvere; oggi si preferisce ricorrere all’uso dei glicosidi puri, più facilmente dosabili e di effetto più costante.
La digitossina, di formula C41H64O13, è una polvere cristallina, bianca, di sapore amaro, poco solubile in acqua, facilmente in alcol e in cloroformio a caldo; per idrolisi acida fornisce una molecola di digitossigenina e tre di digitossosio (zucchero di formula C6H12O4). La digossina, di formula C41H64O14, è una polvere cristallina bianca, amara, insolubile in acqua e in cloroformio. Per idrolisi dà una molecola di digossigenina e tre di digitossosio. Rispetto ai glicosidi estratti da Digitalis purpurea, la sua azione è molto più rapida e sicura.
Dalle foglie secche di Digitalis lanata si estrae la digilanide, costituita da tre glicosidi (lanatosidi) cristallizzati isomorfi, indicati come digilanide A (46%), C49H76O19, digilanide B (17%), C49H76O20, e digilanide C (37%), C49H76O20; la più attiva è la C e a essa sono dovute le differenze dell’azione farmacologica e terapeutica fra Digitalis purpurea e Digitalis lanata.
La digitonina è una saponina, C56H92O29, estratta da Digitalis purpurea: cristalli incolori fisiologicamente inattivi, che per idrolisi con acidi si scindono in una molecola di digitogenina e in due molecole di galattosio e di glucosio e in una di xilosio. Ha la proprietà di combinarsi con il colesterolo e con altri alcoli superiori; si usa pertanto come reagente per determinare il colesterolo nel plasma, nella bile, nei tessuti.
Sono detti digitaloidi i composti chimici di origine vegetale dotati della stessa azione farmacodinamica della d. e che presentano la struttura chimica del ciclopentanoperidrofenantrene. Digitaloidi sono contenuti nei semi di Strophantus Kombé (K-strofantoside) e di Thevetia neriifolia (tevetina), nei bulbi di Charibdis maritima (scillarene A), nelle foglie di Convallaria maialis ecc.