domesticazione
La trasformazione di animali e piante da selvatici a domestici
La domesticazione è un processo antico, che ha avuto inizio sin dalla preistoria in varie parti del mondo ed è tuttora in corso. Addomesticare significa trasformare l'ambiente, le piante e gli animali, adattandoli alle esigenze dell'uomo. La domesticazione ha reso possibile l'agricoltura e l'allevamento e ha profondamente trasformato le società umane e l'ambiente naturale
Addomesticando piante e animali, l'uomo ha affermato il suo dominio sulla natura, la sua capacità di trasformarla per le proprie necessità. Gli esseri addomesticati sono divenuti sempre più dipendenti dall'uomo, dalle cure che egli presta loro proteggendoli e nutrendoli. Tuttavia anche l'esistenza dell'uomo dipende dagli animali e dalle piante che egli alleva e coltiva. Questa relazione tra uomo e natura addomesticata può essere definita relazione simbiotica, ossia una reciproca dipendenza.
Secondo alcuni studiosi il cane, a partire dal lupo, è stato il primo animale a essere addomesticato, forse prima che iniziasse il processo di domesticazione delle piante. La domesticazione del cane è avvenuta in diverse parti del mondo: nel Sud-Est asiatico circa 12.000 anni fa, nell'America del Nord tra i 13.000 e gli 11.000 anni fa, nell'America del Sud circa 8.000 anni fa. È probabile che, cacciando, gli uomini preistorici si siano trovati fianco a fianco con gruppi di lupi che cercavano le loro stesse prede. Inoltre, i lupi si avvicinavano agli accampamenti alla ricerca di avanzi da mangiare, e il ritrovamento casuale di un cucciolo potrebbe aver dato origine ai processi di domesticazione. Con il passare dei millenni, i lupi addomesticati svilupparono le tipiche caratteristiche di tutti gli animali domestici, come la varietà di pelo e di dimensione, dando origine così alla specie del cane e alle differenti razze. Il cane si mostrò un formidabile compagno dell'uomo: nella caccia, nella difesa, nella capacità di instaurare un legame affettivo con i padroni.
In altri casi i tentativi di domesticazione non hanno avuto successo: le iene, per esempio, si rivelarono non addomesticabili. Vi sono poi animali addomesticabili che tuttavia non si riproducono in cattività (i ghepardi, gli uccelli da preda), altri ancora che si riproducono in cattività ma non sono addomesticabili (i coccodrilli, le api, i pesci, i visoni).
Un fenomeno di enorme importanza per i destini dell'umanità fu la domesticazione delle piante. Gordon Childe, uno dei più importanti studiosi della preistoria, ha definito questo evento "rivoluzione neolitica", anche se alcuni studiosi lo fanno ora risalire a ben prima del Neolitico (agricoltura). In Medio Oriente, nella zona chiamata mezzaluna fertile, gli uomini cominciarono a coltivare grano e orzo. Le popolazioni di cacciatori e raccoglitori che abitavano quei territori privilegiavano nella raccolta del grano selvatico quelle spighe anomale che, a differenza delle altre, non si aprivano una volta mature per lasciare cadere i semi a terra ma rimanevano chiuse. Questo ne rendeva più difficile la riproduzione, ma agevolava la raccolta. L'uomo capì che la preparazione dei campi e la semina di queste spighe 'strane' poteva consentire di controllare meglio il processo di riproduzione della pianta e di aumentare i raccolti. Qualcosa di simile avvenne in altre parti del mondo: in America vennero addomesticati il mais e i fagioli, nel Sud-Est asiatico il riso, in Oceania tuberi come l'igname e il taro.
La maggiore disponibilità di prodotti vegetali consentì poi di alimentare animali che nel frattempo entravano nel numero delle specie addomesticate. Capre e pecore nelle aree del Mediterraneo, cammelli e dromedari nelle aree desertiche o semidesertiche, lama nelle Ande, yak in Tibet: ecco alcuni animali che hanno svolto un ruolo fondamentale nell'adattamento dell'uomo ai climi e agli ambienti più differenti (allevamento).
All'origine della domesticazione di piante e animali vi furono indubbiamente necessità pratiche. La coltivazione delle piante aumentò la quantità del prodotto rispetto alla raccolta di varietà selvatiche e mise a disposizione prodotti più adatti al consumo. Vennero selezionate varietà di frutti privi di spine e ricchi di polpa. Gli animali, oltre alle carni, al latte, alle uova, alla lana fornirono forza trainante e si rivelarono ottimi strumenti di trasporto per merci e persone. I cani, oltre alla sorveglianza e alla difesa, vennero addestrati a occuparsi di altri animali. Anche oggi molte società che vivono di pastorizia affidano ai cani il compito di sorvegliare e guidare le greggi e le mandrie. Nei deserti i cammelli permisero di praticare commerci a lunga distanza; i cavalli furono insieme strumento di comunicazione e di conquista.
Il successo della domesticazione ebbe però anche altre cause. Tra le prime piante addomesticate vi furono spezie e sostanze allucinogene, coltivate per il piacere del consumo più che per esigenze di alimentazione. D'altra parte la domesticazione ebbe inizio probabilmente in società che vivevano in relativa abbondanza di caccia, pesca e raccolta. La domesticazione insomma nacque anche per l'esigenza dell'uomo di affermare la propria capacità di dominare il mondo e la natura. Inoltre, molte specie addomesticate assunsero una grande importanza nei riti e nelle cerimonie religiose. Nelle società dell'India le mucche divennero animali sacri di cui fu vietato il consumo. Nelle società dell'Oceania i maiali assunsero importanza come beni di prestigio, destinati non solo al consumo ma soprattutto allo scambio nelle cerimonie importanti del ciclo di vita (la nascita, il matrimonio, la morte).
Non tutte le società umane si dedicarono alla domesticazione: alcune scelsero di continuare a cacciare gli animali selvatici e a raccogliere i vegetali che crescono spontaneamente nell'ambiente. La domesticazione, tuttavia, portò grandi cambiamenti nelle società che adottarono l'agricoltura e l'allevamento. La produzione e la conservazione di scorte alimentari favorirono la sedentarizzazione, cioè l'insediamento stabile su un territorio, la nascita della città e la divisione della società in ceti e classi. L'ambiente in cui l'uomo vive venne radicalmente mutato per le esigenze dell'agricoltura. La necessità di nuove terre per sfamare un crescente numero di persone portò molte società a tentare di conquistare altri paesi. Persino il fenomeno della schiavitù è in qualche modo legato alla domesticazione, in quanto derivava dall'esigenza di avere manodopera gratuita per lavorare nei campi.
Oggi, data la grande quantità di acqua e di energia richiesta dall'agricoltura e dall'allevamento industriale, in molte regioni del mondo la produttività è molto bassa rispetto alle esigenze della popolazione locale. Al contrario, in Europa si producono ogni anno centinaia di migliaia di tonnellate di eccedenze alimentari che vengono distrutte. L'uomo non ha saputo sfruttare le opportunità offerte dalla domesticazione per dar vita a un mondo in cui ognuno possa soddisfare le esigenze più elementari: anche oggi in molte parti del mondo si continua a morire per la fame e per la mancanza di acqua.
Come abbiamo visto, la domesticazione comporta una trasformazione dell'ambiente. L'uomo ha cercato di eliminare dalle specie addomesticate le caratteristiche indesiderate, come le spine dai frutti, l'aggressività dagli animali, e di accentuare le caratteristiche desiderate. La domesticazione ha comportato una semplificazione e una omogeneizzazione dell'ambiente. Le varietà di una stessa specie si sono ridotte e il numero delle specie coltivate o allevate è progressivamente diminuito, un fenomeno che gli studiosi chiamano riduzione della biodiversità. Soprattutto a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, l'uso indiscriminato di concimi e pesticidi, la necessità di una irrigazione continua per alimentare piante molto produttive ma molto esigenti come il mais hanno prodotto inquinamento, impoverimento del suolo e carenza di acqua. L'uomo è oggi in grado di modificare persino la struttura genetica di piante e animali: se queste nuove forme di domesticazione promettono di risolvere il problema della fame, non sappiamo ancora se e in che misura possano comportare rischi per l'ambiente e per la salute dell'uomo sulla Terra.