Scuola di pensiero economico che analizza situazioni di disequilibrio economico e costituisce una riconsiderazione dei fondamenti microeconomici del pensiero keynesiano. In particolare, gli economisti neokeynesiani ipotizzano che gli agenti sul mercato operino le proprie scelte in modo razionale in base alla quantità e non ai prezzi, non potendo influenzare direttamente il livello di questi e considerandoli pertanto rigidi. Per es., sul mercato del lavoro, la teoria dei contratti impliciti, dei modelli sindacali e dei salari efficienti spiega la rigidità dei salari sulla base rispettivamente di un differente grado di avversione al rischio tra imprese e lavoratore, di una determinata situazione istituzionale, del diverso contenuto qualitativo del lavoro e del ruolo di incentivo del salario. Sul mercato dei prestiti, la teoria del razionamento del credito spiega invece la rigidità dei tassi d’interesse sulla base di un differente grado di avversione al rischio tra creditore e debitore. Tra i maggiori autori che hanno contribuito allo sviluppo di questa scuola ricordiamo W.M. Clower che ha studiato il disequilibrio sul mercato del lavoro, A. Leijonhufvud che ha evidenziato come aggiustamenti di breve periodo nella quantità possono garantire l’equilibrio anche in presenza di disoccupazione involontaria, e ancora J.-P. Bénassy, J. Drèze, R. Barro, E. Malinvaud, H. Grossman.