In psichiatria, intervento che consiste nella provocazione di un accesso convulsivo epilettico per mezzo di una scarica di corrente alternata che viene fatta passare tra due elettrodi applicati alle tempie. Ideato da U. Cerletti, che lo realizzò in collaborazione con L. Bini (1938), venne utilizzato come terapia per alcune malattie mentali. Dopo l’introduzione degli psicofarmaci il trattamento elettroconvulsivante, che prima veniva applicato su larga scala in quasi tutte le sindromi psichiatriche, è progressivamente caduto in disuso. I suoi ambiti d’applicazione sono costituiti solo da casi selezionati di gravi depressioni endogene (specialmente da quelle con arresto psicomotorio), dalle sindromi stuporose, dalla catatonia, dagli stati di grave eccitamento psicotico acuto. Il trattamento può essere combinato con la somministrazione di farmaci neurolettici.