Giurista (Napoli 1828 - ivi 1916). P. avversò il positivismo filosofico e metodologico applicato alle scienze giuridiche e l'empirismo semplicistico di antropologi, psicologi e sociologi criminalisti. La genialità della sua mente ebbe davanti a sé orizzonti più vasti di quello del diritto, e così fu non soltanto grandissimo giurista, ma filosofo, letterato e storico. E fu avvocato insigne e conferenziere affascinante.
Appena ventenne, prese parte ai moti rivoluzionari del 1848. Un suo Manuale di diritto costituzionale (1849) gli attirò le persecuzioni della polizia borbonica per le idee liberali ivi professate. Più tardi, arrestato, rimase in carcere per quattro mesi, cui seguirono due anni di domicilio forzoso in Ottaiano. Di nuovo arrestato (1860) per le sue relazioni con il rappresentante del governo sardo a Napoli, dopo due giorni di prigionia riparò a Marsiglia; di qui andò in esilio a Livorno. Con decreto di L. C. Farini, dittatore dell'Emilia, fu nominato prof. di diritto nell'univ. di Bologna. Caduti i Borboni, fu sostituto procuratore generale presso la gran corte criminale di Napoli, quindi segretario generale nel dicastero di Grazia e Giustizia. Fu più volte deputato al parlamento, senatore (dal 1871), vicepresidente del senato (1889), ministro di Agricoltura, Industria e Commercio (1879) con B. Cairoli, ministro di Grazia e Giustizia (1885), con A. Depretis, infine ministro di Stato (1914); socio nazionale dei Lincei (1899). Membro residente dell'accademia reale di Napoli, fu presidente dell'accademia Pontaniana di Napoli e socio di molte altre accademie italiane e straniere.
Con F. Carrara fu uno dei capi della scuola classica del diritto penale, alla quale, sotto l'influenza della filosofia hegeliana, diede con originalità ed equilibrio un indirizzo filosofico. La pena fu da lui concepita come retribuzione giuridica del male del reato, e oggetto della scienza del diritto penale fu, per lui, non il diritto ideale, oggetto semmai della filosofia, ma il diritto storicamente divenuto e positivamente vigente nello stato. Se non partecipò con molta assiduità ai lavori parlamentari, fu autorevolissimo membro di numerose commissioni costituite per la compilazione delle leggi penali: da quella incaricata della revisione e unificazione delle leggi italiane, per la quale scrisse la memorabile relazione pubblicata in testa al codice penale e al codice di procedura penale, fino alla commissione incaricata della revisione e del coordinamento del testo definitivo del codice di procedura penale nominata con decreto del 30 giugno 1912, dalla quale per altro poi si ritrasse per l'impossibilità di far trionfare alcune sue idee di riforma. Tra le opere si ricordano: Trattato di penalità generale secondo la legge delle Due Sicilie (1858); Trattato di penalità speciale secondo la legge delle Due Sicilie (1859); Elementi di diritto penale (3 voll., 1865); Il naturalismo e le scienze giuridiche (1876); La scuola storica napoletana nella scienza del diritto (1882); Manuale del diritto penale italiano (3 voll., 1893-95); Manuale del diritto pubblico costituzionale (1900); La crisi del diritto penale nell'ultimo trentennio del sec. XIX (1906); Il diritto penale in Italia da C. Beccaria fino alla promulgazione del codice vigente (1906); oltre alle raccolte di scritti varî (3 voll., 1899) e dei discorsi (7 voll., 1914-16). Promosse e curò l'Enciclopedia del diritto penale italiano.