Sostanza di natura proteica presente nel plasma (200-400 mg /100 ml); appartenente alla classe delle proteine fibrose; è poco solubile in acqua e forma soluzioni acquose viscose; il suo punto isoelettrico è di circa 5,5; con peso molecolare di oltre 300.000 e forma ellissoide allungata. È costituito da tre coppie di catene polipeptidiche non uguali, unite fra loro da ponti disolfuro che hanno un residuo oligosaccaridico legato covalentemente. Il f. è sintetizzato nel fegato e ha un tempo di emivita di circa 3,5-4 giorni. Isolato, si usa come emostatico locale. La fibrinogenemia indica il contenuto di f. nel sangue. La scarsità di f. determina la fibrinogenopenia, che può costituire la base biochimica di diatesi emorragiche.
Dal f., a partire dalla formazione di tromboplastina che si origina in seguito a lesioni dei tessuti, come avviene nelle ferite, deriva la fibrina, sostanza di natura proteica, insolubile, presente nel sangue coagulato, come costituente del coagulo, ma non in quello circolante. La tromboplastina, a contatto con la protrombina, in presenza di Ca2+, forma la trombina che idrolizza le catene polipeptidiche A e B del fibrinogeno. I fibrinopeptidi A e B liberati si aggregano a formare il coagulo molle, detto anche di fibrina solubile in quanto si può solubilizzare in vitro a pH inferiori a 4,5 o superiori a 9 o a pH 8 in urea 1 M in assenza di Ca2+. La formazione definitiva del coagulo duro, costituito da fibrina insolubile, avviene mediante la formazione di legami trasversali covalenti tra una catena laterale di acido glutammico, appartenente a un monomero di fibrina, e una catena laterale di lisina appartenente ad un altro monomero di fibrina. Questa reazione è catalizzata dall’attività enzimatica del fattore XIII, o fattore stabilizzante la fibrina.
La fibrina, associata a quantità variabili di piastrine, è il principale costituente dei trombi sia venosi sia arteriosi. Il processo per cui la fibrina, in forma di coagulo o di trombo, è degradata in prodotti solubili è chiamato fibrinolisi. L’enzima proteolitico che provoca la solubilizzazione del coagulo di sangue è la fibrinolisina (o plasmina). Il meccanismo principale del processo è costituito dal sistema plasminogeno-plasmina, in cui il precursore inattivo, plasminogeno, è attivato a enzima plasmina da un attivatore che agisce in presenza di inibitori che regolano la reazione. Gli attivatori del plasminogeno, presenti in quasi tutti i tessuti e i liquidi dell’organismo, coesistono quindi con gli inibitori della plasmina: si ritiene pertanto che la fibrinolisina agisca come un meccanismo omeostatico per il mantenimento della pervietà della rete vasale controllando la deposizione di fibrina.
I farmaci fibrinolitici (detti anche trombolitici) determinano una rapida e intensa dissoluzione di ammassi tromboembolici formatisi acutamente nelle arterie o nelle vene, tramite l’attivazione del plasminogeno plasmatico e la sua trasformazione in fibrinolisina. Sono impiegati nel trattamento dell’infarto del miocardio, per rimuovere il trombo che occlude l’arteria coronaria e migliorare così il metabolismo e la funzionalità del cuore: in questa condizione possono essere somministrati per via sistemica o localmente per via intracoronarica. Trovano anche impiego nella terapia delle trombosi venose profonde, dell’occlusione tromboembolica di alcune arterie e dell’embolia polmonare.
La patologica eliminazione urinaria di fibrina, osservabile nei casi in cui le urine emesse siano commiste a sangue (ematuria) o a chilo (chiluria), viene definita fibrinuria.