foresta
Associazione vegetale di alberi, arbusti e piante erbacee
Veri serbatoi di biodiversità, ricchi di specie animali e vegetali, le foreste (di cui le più antiche sono dette primarie), si distinguono in base alla forma vegetale dominante: foreste a conifere, a piante decidue (quelle che perdono le foglie in autunno), a piante sclerofille ‒ con alberi bassi e arbusti a foglie dure e coriacee ‒, foreste tropicali e pluviali, queste ultime sede di specie rare e introvabili altrove. Le foreste sono oggi gravemente minacciate dall'attività umana. Per fortuna sono molte le iniziative a livello mondiale che mirano a proteggerle
La foresta è l'ecosistema maggiormente diffuso, occupando il 32% delle terre emerse. Talvolta si usa il termine foresta come sinonimo di bosco e viceversa, ma la foresta è un'area molto più vasta e spesso è assai più antica. La sua importanza va ben oltre il ruolo economico, che pure è notevole, e riguarda la vita sul nostro pianeta per il cui mantenimento svolge un ruolo essenziale.
La foresta ha infatti un compito primario nella formazione e protezione del suolo, nella regolazione della piovosità, nella modulazione dell'azione del vento, nella produzione fotosintetica di ossigeno e di sostanze organiche per il nutrimento dell'intera biosfera. Grazie alla fotosintesi l'insieme delle foreste assorbe molta anidride carbonica dall'atmosfera, controllando così l'effetto serra e mitigando i climi. La foresta è inoltre il luogo dove vivono migliaia di specie vegetali arboree, arbustive, erbacee ‒ i produttori ‒, che costituiscono innumerevoli nicchie ecologiche per altrettante specie animali ‒ i consumatori ‒, dai più minuscoli invertebrati ai vertebrati anche di grande mole. È infine la sede di batteri e funghi che, in qualità di decompositori, chiudono i grandi cicli biogeochimici di trasformazione della materia organica in sostanze minerali.
Le foreste primarie sono le più antiche esistenti al mondo: vengono così chiamate quelle che, a memoria storica, non sono mai state tagliate e che rappresentano ciò che rimane di un immenso manto verde che ai primordi dell'umanità copriva tutte o quasi le terre emerse. Sono rimaste ben poche foreste primarie e ogni anno diminuiscono a un ritmo preoccupante a causa della deforestazione operata dall'uomo. Alcune sono sparite nell'antichità, come quelle che coprivano il Medio Oriente, sia per deforestazione (i tronchi venivano usati dalle popolazioni mediterranee per costruire le navi) sia in seguito a cambiamenti climatici.
Le foreste dell'Europa centrale e occidentale hanno invece conosciuto la massima crisi tra Seicento e Settecento, quando anch'esse furono abbattute quasi completamente per costruire le flotte navali delle grandi potenze europee. È vero, una foresta tagliata lentamente ricresce, ma sono necessari secoli perché raggiunga quello stadio di maturità che la rende simile a una foresta primaria, sia per l'altezza degli alberi sia per la biodiversità che ospita.
Nel mondo d'oggi troviamo foreste primarie o 'mature' in Canada, negli Stati Uniti, in Europa (ma qui solo per l'1%) e, in quantità ancora poco nota, nei territori della ex Unione Sovietica. Foreste primarie sono anche le foreste tropicali e quelle pluviali, situate nella zona torrida compresa tra i due Tropici e attraversata dall'Equatore.
Per classificare le foreste si usano diversi criteri; qui faremo riferimento al tipo di pianta dominante.
La foresta a conifere. Nel grande Nord, cioè in Canada e nell'Eurasia settentrionale, si trova la foresta boreale a conifere, chiamata con parola russa taigà. Essa è caratterizzata da alberi di conifere sempreverdi quali abeti come Picea abies o abete rosso, o pini come Pinus sylvestris, dalle gigantesche sequoie dell'America Settentrionale (genere Sequoia e Taxodium) e da leggiadre betulle (Betula alba). D'estate crescono al suolo muschi, felci, licheni, funghi, cespugli di mirtilli.
Il suolo della foresta a conifere è acido, senza humus, perciò povero di decompositori; numerosi sono invece gli animali, quali uccelli (galli cedroni, fringuelli, la civetta nana, la poiana calzata) e mammiferi (la volpe artica, la lince), rari gli anfibi e i rettili che non sopportano il clima freddo e secco.
La foresta decidua. Più a sud della taigà si sviluppa la foresta decidua (dal latino decidere "cadere"), dove le larghe foglie degli alberi (si chiama anche foresta a latifoglie) ingialliscono e cadono nel periodo freddo formando a terra una ricca lettiera che si trasformerà in humus. È diffusa in America Settentrionale, in Europa da ovest a est fino agli Urali, sulla Cina costiera e in Giappone. Gli alberi di questo tipo di foresta sono molto vari: querce, faggi, castagni, aceri, frassini. In Italia la troviamo a nord della Pianura Padana e sulle montagne. È un'associazione vegetale ricca di vita e quindi di numerose catene alimentari intrecciate tra loro. Ci vivono rettili, anfibi, uccelli (piccole specie e molti rapaci come falchi, sparvieri, gufi), la volpe, la faina, i cervi.
La foresta a sclerofille. Col termine sclerofille (dal greco skleròs "duro" e fỳllon "foglia") si intendono quelle piante dalle foglie piccole, coriacee, sempreverdi, ricche di peli. È una foresta tipica dei climi temperati caldi (estate arida e inverno mite e piovoso), ed è detta anche foresta mediterranea perché si trova sulle coste del Mediterraneo (Spagna, Italia, Croazia, Grecia) o di regioni dove il clima è simile: nel Cile costiero, nell'Africa meridionale, in Australia occidentale, in California. La vegetazione è formata da alberi bassi, da arbusti e piante erbacee spinose e rampicanti, intrecciati fra loro a costituire uno strato compatto e inestricabile che si chiama macchia mediterranea. Le specie più diffuse sono querce, lecci, mirto, lentisco, erica, ulivo selvatico, corbezzolo.
La foresta tropicale. Si trova tra i due Tropici ed è attraversata dall'Equatore. Interessa paesi come l'America Centrale e il Brasile, l'Africa centro-equatoriale, il Madagascar, l'India, l'Indocina e l'Indonesia, l'Australia settentrionale. In queste regioni la temperatura media giornaliera rimane costante tutto l'anno, la durata del giorno e della notte non varia, le piogge abbondanti sono continue o stagionali e differenti da regione a regione, dipendendo anche dalla presenza di montagne. Si distinguono varie tipologie tra cui le foreste monsoniche con alberi che perdono le foglie nella stagione secca, la giungla del Sud-Est asiatico con sottobosco fitto e abbondante, le foreste tropicali miste e le foreste equatoriali o pluviali, un ecosistema ricco di specie e molto complesso, proprio delle zone intorno all'Equatore in cui le precipitazioni sono presenti tutto l'anno. Nella foresta pluviale ci sono più specie animali e vegetali che in tutto il resto del mondo messo insieme: un ettaro di terreno può contenere fino a 100 specie di piante, anche se rappresentate da pochi individui ciascuna. È il contrario di quanto si verifica nella foresta decidua dove ci sono poche specie ma ciascuna con molti individui. Ciò vuol dire che il tasso di variabilità della foresta pluviale è altissimo. Perché? Prima di tutto la foresta pluviale non ha conosciuto le ultime estinzioni di massa dovute alle glaciazioni perché lì il freddo non è mai arrivato; inoltre questo ecosistema possiede molti fattori che concorrono ad aumentare la biodiversità, tra cui insolazione, temperatura e umidità costanti per tutto l'anno.
Nella foresta pluviale troviamo alberi altissimi, fino a 50÷60 m; più in basso crescono alberi con le chiome intrecciate tra loro così da formare un vero e proprio 'baldacchino' verde. Al suolo invece le piante sono in genere poche perché la luce non riesce a penetrare attraverso la fitta volta. Le radici di tutte queste piante non sono molto profonde in quanto il suolo è sempre umido; così, per ancorare meglio gli alberi a terra, le radici stesse lignificano formando contrafforti che li sostengono. Esistono poi molti vegetali legnosi e rampicanti detti liane e molte epifite (dal greco epì "sopra" e fytòn "pianta"), piante che vivono su altre piante e che prendono l'acqua dall'aria, ricca com'è di vapore acqueo; tra queste vi sono muschi, moltissime orchidee, felci e Bromeliacee quali l'ananas. L'abbondanza di cibo permette la vita di un enorme numero di invertebrati e di vertebrati: è il regno degli insetti, degli uccelli, dei rettili, degli anfibi e dei mammiferi, tra cui scimmie di diverse specie.
Incendi dolosi, piogge acide, deforestazione, commerci illegali di piante pregiate, insieme a cambiamenti climatici, mettono a dura prove le foreste, i polmoni della Terra. Nel 1998 gli scienziati hanno annunciato che una specie vegetale su otto è a rischio di estinzione a causa dell'azione dell'uomo. Le perdite più gravi riguarderanno la foresta pluviale, rimasta solo la metà di quella che nella preistoria copriva le regioni equatoriali; tuttavia anche la foresta a conifere e quella decidua dei climi temperati cominciano a correre seri rischi.
Le cause di questa grave minaccia sono molte e diverse. Nelle regioni tropicali, per esempio in Brasile, la famosa foresta amazzonica che avvolge il corso del Rio delle Amazzoni è sull'orlo del collasso. Al ritmo attuale di abbattimento degli alberi uno studio statunitense prevede che a metà del 21° secolo la foresta amazzonica potrebbe scomparire. Gli alberi si abbattono o si bruciano, tra l'altro, per liberare vaste aree e creare nuovo terreno agricolo che, spesso, non è né fertile né redditizio. In altre zone la foresta viene eliminata per cercare miniere o per creare insediamenti umani, ma oggi la spinta a deforestare viene soprattutto dall'industria del legno che cerca legname da utilizzare in mille modi, per mobilia, navi, carta. Anzi, a proposito di quest'ultima, è l'uso massiccio dei computer che sta mettendo in crisi le foreste del Nord del mondo, ricche di alberi ad alto fusto, materia prima per la cellulosa necessaria all'industria cartaria. Se fino a poco tempo fa erano le foreste tropicali quelle a maggior rischio, oggi lo stanno diventando quelle della regione scandinava, della Russia, della Siberia, per l'eccessiva esportazione di legname.
Sono molte le iniziative volte a ostacolare il 'massacro' degli alberi. In Brasile nel 2002 una regione vasta come la Svizzera ‒ Tumucumaque, nello Stato amazzonico di Amapa ‒ è stata dichiarata Parco nazionale e quindi messa sotto riserva. Quello di Tumucumaque è il parco più grande del mondo, ancora inesplorato, con specie vegetali e animali uniche e poco conosciute, un vero scrigno pieno di gioielli preziosi per i naturalisti.
Le associazioni di ecologisti e di ambientalisti lanciano ogni anno campagne per la difesa delle foreste, per esempio per sensibilizzare scrittori ed editori affinché usino carta 'amica delle foreste', cioè carta ecologica. Nel 2004 il premio Nobel per la Pace è stato attribuito alla ecologista keniota Wangaari Maathai che è stata premiata per "il suo contributo allo sviluppo sostenibile, alla democrazia e alla pace".
Che relazione c'è tra le foreste e la pace? La spiegazione l'ha data la neo insignita del Nobel dicendo: "Molte guerre nel mondo sono combattute attorno alle risorse naturali. Gestire le nostre risorse significa piantare i semi per la pace". Infatti la pace nel mondo non può aversi se manca il rispetto per la natura e se l'ambiente è considerato come bene infinito da saccheggiare. Wangaari si è recata, subito dopo la notizia del Nobel, alla periferia di Nairobi a piantare un albero che si è aggiunto ai 30 milioni già piantati dal movimento Green belt ("Cintura verde") da lei fondato per fermare la desertificazione dell'Africa.
Ma queste e altre simili iniziative avranno senso solo se i governi di tutti i paesi della Terra rispetteranno il Trattato di Kyoto sullo sviluppo sostenibile del Pianeta, che dal 16 febbraio 2005 è entrato in vigore in tutti i paesi firmatari.