Angelo, Gioacchino. – Compositore italiano (Palermo 1899 - Roma 1971). Singolare e poliedrica figura di compositore, direttore d’orchestra, autore di colonne sonore e musica di scena, A. ha attraversato lo spettacolo musicale (dal melodramma, alla rivista, al cinema, alla canzone), testimoniando con la sua attività una versatilità artistica, unita a grande perizia tecnica, sia alla ribalta che "dietro le quinte". Seguì la propria precoce vocazione quando ventenne venne chiamato a Roma da Pietro Mascagni che lo volle come collaboratore e spesso quale maestro sostituto. Fu nel solco del grande verismo musicale italiano che sviluppò il proprio talento, formatosi nel Conservatorio Vincenzo Bellini, studiando violino con Franco Tufari, diplomandosi in pianoforte e composizione, compiendo il suo apprendistato a fianco di Felice Longo, Francesco Cilea, Riccardo Zandonai, mettendosi in luce grazie anche alla sua instancabile poliedricità. In seguito, A. a Roma lavorò a più di trecento colonne sonore. Tramite l’Edizione musicale Curci, conobbe Umberto Giordano che gli affidò le orchestrazioni delle musiche per il film Una notte dopo l’opera diretto da Nicola Manzari e Nicola Fausto Neroni (1941). Fu proprio il compositore a proporgli di musicare la riduzione per lo schermo diretta da Camillo Mastrocinque nel 1942 della sua Fedora (per la quale A. reinventò di sana pianta l’atmosfera musicale partendo dal nucleo tematico di Giordano). A temi di Giordano si erano già ispirate le musiche del film Una notte dopo l’opera (1941) di Nicola Manzari e Nicola Fausto Neroni. In seguito lavorò a più di centocinquanta colonne sonore. Nel clima fascista di salvaguardia dell’italianità in cui si doveva rimettere a punto l’intero corredo sonoro dei film stranieri, A. rimusicò, senza essere accreditato nei titoli, da cima a fondo capolavori come Ombre rosse (1939) e Uragano (1937) di John Ford, o film in costume come Uno scozzese alla corte del Gran Khan (1938) di Archie Mayo, Pigmalione (1938) di Anthony Asquith, Il prigioniero di Zenda (1937) di John Cromwell, amplificando le immagini con il suo tocco di magniloquenza strumentale. L’attività di compositore per il grande schermo continuò come compositore accreditato in film di genere tra cui Il segreto inviolabile (1939) di Julio de Fleischner, La fuggitiva (1941) di Piero Ballerini, La guardia del corpo (1942) di Carlo Ludovico Bragaglia, La vispa Teresa (1943) di Mario Mattoli, I contrabbandieri del mare (1948) di Roberto Bianchi Montero e si spinse fino al cinema di genere italiano degli anni Sessanta, in film come Il vendicatore mascherato (1964) di Pino Mercanti, e in alcuni "spaghetti western". Gli erano congeniali gli intrecci avventurosi o esotici o storico-favolistici anche nella produzione di musica colta, per la quale si avvalse spesso della collaborazione di un abile librettista, il napoletano G. Garofalo. Scrisse otto opere: Mitsuoko, Silvia, Il dono del sole, Fiamme barbariche, L’avvoltoio, La Boccaccesca, dando vita con Frate Sole a un’ispirata trasposizione teatrale del messaggio di san Francesco (che si compendia nel tessuto lirico del Cantico delle creature), mentre con La coppa di Cipro, ambientata nella Napoli rinascimentale, ricreò in chiave di melodramma un intrigo storico-romantico ottenendo un grande successo sui palcoscenici italiani (l’opera fu replicata per quarantatré volte tra il 1954 e il 1959). Vivaci arazzi musicali furono i suoi balletti: Il trenino della neve, I denari incantati, Scandalo in paese, Leggenda satanica (questa su libretto di G. Raffaelli, sua compagna per la vita e custode, con la figlia Cinzia, del suo patrimonio musicale). A. scrisse musiche anche per la rivista e commedie musicali, ad esempio per spettacoli di Macario, spesso dirigendo l’orchestra: Una testolina sventata, A Viareggio per dimenticare, No basta con gli affari, La presunta attrice, Il gelsomino di Celestino, Le astuzie di Morgantina, Nuda più di Eva, La bisbetica domata. Realizzò anche due sinfonie (la nr. 2 fu eseguita in suo ricordo nel 2000 al Teatro Massimo di Palermo), e una Messa per tre voci maschili. Fu autore anche di canzoni napoletane come O pittore e tutt’o munno, cantata tra gli altri da Beniamino Gigli, Diresse per circa dodici anni l’orchestra d’archi della RAI la quale gli commissionò, tra gli altri lavori, la commedia musicale radiofonica dal titolo donizettiano, L’ajo nell’imbarazzo e la riduzione per canto e piano.