Ufficiale (Labastide-Fortunière, oggi Labastide-Murat, 1767 - Pizzo di Calabria 1815) dell'esercito francese (dopo essere stato destinato dalla famiglia alla vita ecclesiastica), nel 1791 entrò nella guardia costituzionale di Luigi XVI, dalla quale però uscì ben presto, su posizioni decisamente rivoluzionarie. Fece la campagna delle Argonne (1792) e quella dei Pirenei occidentali; capitano nell'aprile 1793, con la sua brillante condotta nella giornata del 13 vendemmiaio (4 ott. 1795) si acquistò la fiducia di Bonaparte. Generale di brigata nel maggio 1796, nella campagna d'Italia si distinse in molti dei più importanti combattimenti (1796-97) e in Egitto ebbe una parte di primo piano alle Piramidi, a Gaza, a S. Giovanni d'Acri, ad Abukir. Contribuì efficacemente al colpo di stato del 18 brumaio e rafforzò il legame con Napoleone sposandone la sorella Carolina (1800), che esercitò su di lui una grande influenza. Nuovi meriti acquistò alla battaglia di Marengo (1800) e costringendo i Napoletani al trattato di Firenze (1801). Creato l'Impero, G. (che aveva contribuito alla condanna del duca d'Enghien) divenne maresciallo, principe e grande ammiraglio. Valentissimo condottiero della cavalleria della Grande Armata, conseguì nuovi grandi successi nella campagna del 1805, e segnatamente ad Austerlitz (ebbe allora il granducato di Berg e di Clèves, 1806); nel 1806-07 contribuì poderosamente alla vittoria di Jena e al conseguente annientamento dell'esercito prussiano; entrò a Varsavia, capitanò una carica famosa a Eylau. In Spagna (1808) eseguì l'occupazione di gran parte del paese e il 1º ag. 1808 divenne, per concessione di Napoleone, re di Napoli. Qui occupò Capri (1808), represse il brigantaggio, tentò, invano, di sbarcare in Sicilia (1810). Ma soprattutto il suo regno vide la dissoluzione dell'ancien régime nel Mezzogiorno, con l'eversione della feudalità, l'introduzione del codice Napoleone, il miglioramento dell'istruzione, i lavori pubblici, e la creazione di un esercito nazionale: egli tentò così di dar vita a una nuova classe dirigente meridionale. Ma le velleità d'indipendenza di G., non insensibile agli entusiasmi e ai desiderî dei suoi sudditi, provocarono i suoi primi dissidî con Napoleone. Nella campagna di Russia (1812) egli colse nuovi allori a Ostrovno, a Smolensk, alla Moscova, ma si fece sorprendere a Vinkovo. Dopo la tragica ritirata, si affrettò a tornare a Napoli e a stringere negoziati segreti con l'Austria e l'Inghilterra, pur senza rompere con Napoleone che seguì ancora a Dresda e a Lipsia. Firmati (genn. 1814) accordi con Londra e Vienna nella speranza di separare il destino del trono di Napoli dal crollo dell'Impero, contribuì con le sue truppe agli insuccessi del principe Eugenio nell'Italia settentrionale. Le prime decisioni a lui contrarie del Congresso di Vienna, la minaccia incombente della perdita del regno, la diffidenza degli alleati lo spinsero a riprendere contro di loro le armi, prima ancora dello sbarco dell'imperatore dall'Elba. Dopo aver tentato invano di raccogliere intorno a sé gli Italiani, promettendo unità e indipendenza nel proclama di Rimini (30 marzo 1815), fu sconfitto dagli Austriaci a Tolentino. Illudendosi sull'aiuto che gli avrebbe fornito la popolazione, tentò ancora dalla Corsica, dove si era rifugiato, la conquista del regno: sbarcato con pochi compagni a Pizzo di Calabria nell'ott. 1815, fu catturato dai borbonici e fucilato.