Pittore e scultore (Parigi 1834 - ivi 1917), uno dei più importanti pittori francesi della seconda metà del sec. 19º. Figlio di un banchiere d'origine italiana, ricevette nell'ambiente familiare un'educazione artistica raffinata ed esigente. Nel 1852 aprì uno studio; nel 1853 ancora studiava le antiche incisioni nel Gabinetto delle stampe del Louvre. In lunghi soggiorni in Italia (tra il 1854 e il 1859) studiò soprattutto i maestri del sec. 15º. Ammirò profondamente J.-D. Ingres, il cui influsso è manifesto nelle opere tra il 1860 e il 1865 (Fanciulli spartani che si esercitano nella lotta; Semiramide costruisce una città; Le sventure di Orléans; La figlia di Jefte ecc.). Intorno al 1860 cominciò a dipingere ritratti, con grande originalità di taglio e acutissima penetrazione (La famiglia Belelli, 1860; La donna dai crisantemi, 1865). In queste opere traspare, oltre a un'inquieta ricerca disegnativa e coloristica, un pungente interesse per la vita contemporanea. Nel 1862 avvenne la scoperta delle stampe giapponesi e l'incontro con Manet; agli artisti che preparavano l'impressionismo D. rimase poi sempre vicino, anche se la sua pittura non può dirsi impressionista. Verso il 1872 il suo interesse per motivi della vita moderna lo portò a dipingere ballerine, cantanti di caffè-concerto, fantini, ecc., rifuggendo dal chiaroscuro tradizionale per addentrarsi sempre più in una pittura "chiara", di visione moderna; poi (dopo il 1880) stiratrici, modiste, e la stupenda serie delle donne in atto di compiere la loro toeletta. Il suo segno si faceva sempre più mordente e conciso, il colore più aspro e tuttavia d'una incredibile forza evocativa. Con Pissarro, D. si fa l'organizzatore delle mostre degli impressionisti, dal 1874 al 1880. Dal 1886 i gravi disturbi alla vista, contratti già nella guerra del 1870, lo dissuadono dal continuare a esporre. Abbandona l'olio per il pastello, pratica l'incisione e la scultura. Pur nella sua solidarietà con gli impressionisti, non si lasciò deviare dalla sua ricerca in profondità, che tendeva a cogliere tra figure e ambiente una relazione non solo luministica, e che della vita aveva una concezione virilmente amara, non ottimistica come quella dei suoi compagni. D. fu il primo pittore a dare una immagine completa d'una città non nel suo paesaggio, ma nella vita dei suoi abitanti. Perciò, tra le sue opere più alte, sono i ritratti: nei quali il rapporto con l'ambiente è veramente rivelatore della vita interiore della figura ed è raggiunto il difficile equilibrio fra un'acuta, mordente percezione della realtà e una superiore sintesi di classica tradizione. Negli ultimi anni, dolorosissimi per l'artista quasi cieco, modellò in cera e creta mirabili figure di danzatrici. Non formò una scuola; ma da lui derivano direttamente H. Toulouse-Lautrec, P. Bonnard, É. Vuillard, ai quali D. suggeriva non solo una tematica profondamente nuova, ma risorse pittoriche prodigiose: un'evocazione dello spazio attraverso le sue vibrazioni luminose; il movimento raggiunto attraverso l'esaltazione del colore; una tessitura cromatica ricchissima e trasparente. La sua influenza sull'arte del 20º sec. è stata profonda, toccando specialmente H. Matisse.