Italia
La Penisola per eccellenza
L'Italia non è solo la penisola più famosa del mondo ‒ la Penisola per antonomasia ‒ o il 'Bel Paese' dei turisti: è una terra in cui popoli di tutta Europa e di tutto il Mediterraneo hanno avuto modo di confrontarsi, dando forma e sviluppo alla civiltà occidentale; in cui la città è diventata il fondamento dell'organizzazione territoriale, come oggi è in tutto il mondo; in cui lo sviluppo delle arti e della conoscenza, l'amore per il passato, l'attenzione alle innovazioni, la tendenza al progresso economico e sociale sono diventati elementi irrinunciabili di civiltà. L'Italia di oggi, erede di tutto questo, non per nulla è uno dei paesi più avanzati del mondo
Fin dalle prime testimonianze scritte che si sono conservate, l'Italia è sempre stata definita come una terra 'bella' in tutte le sue parti e adattissima alla vita degli uomini: sono migliaia gli esempi che si potrebbero fare, distribuiti lungo almeno 2.500 anni di storia; per nessun altro paese al mondo si riesce a trovare un tale entusiasmo.
Chi vive in Italia magari non se ne rende conto. Ma così numerose dichiarazioni di un tanto grande apprezzamento devono pur avere un motivo!
Il fatto è che l'Italia ha un territorio eccezionalmente vario: in uno spazio non molto vasto si incontrano paesaggi naturali assai diversi fra loro e climi differenti grazie a una posizione geografica particolare; e poi svariati modi di vivere (specie in passato) e soluzioni originali sia per costruire le città sia per organizzare le campagne grazie al fatto che l'Italia è sempre stata un'area in cui si sono fuse popolazioni e culture.
In Italia tutto porta i segni dell'azione umana, nel bene e nel male: non c'è parte del territorio italiano che non sia stata modificata, adattata, 'addomesticata'; non c'è paese al mondo che appaia così chiaramente come una 'casa dell'uomo', che porti con altrettanta larghezza i segni della cultura umana. Non è strano, perciò, che in Italia si trovi quasi la metà dei luoghi considerati patrimonio culturale dell'umanità, non soltanto singoli monumenti, ma intere città.
Il territorio italiano è stato popolato fittamente fin da tempi antichi, e per millenni questa è stata la regione europea con più abitanti. Qui si è formata e affinata la cultura occidentale, che oggi è il riferimento del mondo intero.
Malgrado la varietà, però, da sempre l'Italia è stata riconosciuta come un territorio unitario. Il fatto è che le Alpi e il mare segnano in maniera evidente una distinzione fra il territorio italiano e il resto dell'Europa e dell'area mediterranea.
Segnare una distinzione non vuol dire separare (confini): le Alpi non separano l'Italia e l'Europa continentale, semmai le uniscono. Nemmeno il mare separa nulla: al contrario proprio il mare è sempre stato la via di comunicazione più frequentata, più economica, più agevole.
Perciò in tutta la sua storia il territorio italiano ha avuto un contatto facile e intenso con il resto d'Europa, con l'Africa settentrionale e con il Vicino Oriente. In epoca recente anche con l'Asia orientale e con le Americhe, grazie alle navigazioni transoceaniche, che in Italia avevano alcuni degli scali più utilizzati.
Allo stesso modo si è prodotto il popolamento antico del territorio italiano, in parte da nord, attraverso i tanti valichi delle Alpi, e in parte da sud, via mare così come oggi accade con gli immigrati.
I tanti diversi apporti umani che nel tempo sono confluiti nella regione italiana hanno avuto la tendenza a fondersi, a costituire un'unità culturale che li rappresentasse tutti. In questo processo, l'unificazione politica, giuridica, economica, linguistica dell'epoca romana ha certo pesato moltissimo e non c'è dubbio che molti dei caratteri fondamentali e tipici dell'Italia risalgono, appunto, ad allora: per esempio, la rete delle città e delle strade italiane risale a decisioni prese all'epoca del dominio di Roma antica allo scopo di organizzare in maniera coerente e unitaria il territorio italiano. Con quella struttura antica, il territorio italiano ha continuato a fare i conti fino a oggi.
Da un punto di vista geologico, la regione italiana è giovanissima: milioni di anni fa, quando quasi tutta l'Europa era già emersa, al posto dell'Italia c'era solo mare. Una serie di movimenti della crosta terrestre portò a formare l'arco alpino e gli Appennini e a sviluppare quei fenomeni vulcanici (vulcano) e sismici ancora oggi evidenti. Escluse la Sardegna e la sezione centrale delle Alpi e della Pianura Padana, il resto del territorio italiano è sismico, e vulcani come l'Etna e lo Stromboli sono ancora in fase eruttiva.
Si formarono poi le pianure: la pianura padano-veneta, che occupa circa un sesto del territorio italiano, e varie altre molto meno vaste, quasi tutte costiere; altri terreni pianeggianti e utili per l'agricoltura sono nelle valli fluviali e in molte conche appenniniche ma circa il 40% del territorio è ricoperto da montagne e altrettanto da colline.
Gli Appennini e le minori formazioni montuose e collinari parallele agli Appennini hanno avuto l'effetto di frazionare il territorio peninsulare in regioni più o meno ristrette e differenti tra loro. A questo si aggiunge l'effetto del clima, ovunque temperato, ma mediterraneo lungo le coste della parte peninsulare (non sugli Appennini, però) e subcontinentale nella pianura settentrionale. La varietà climatica è però maggiore: il litorale tirrenico è più caldo e meno umido di quello adriatico, le penisole meridionali (Salento e Calabria), la Sicilia e la Sardegna sono ancora più calde e aride (sempre eccettuate le montagne), la regione alpina è più fredda e meno umida della pianura settentrionale. La circolazione atmosferica e la disposizione delle montagne, poi, genera una quantità di climi locali, di piccola estensione ma marcati e differenziati. È così possibile indicare molti tipi di paesaggio, da quelli alpini a quelli delle piccole isole (come le Ponziane o le Egadi).
Alla diversità dei paesaggi naturali si è sovrapposta una notevole diversità di popolazione. La popolazione italiana è il risultato di un gran numero di migrazioni, da regioni mediterranee e non, che si sono stabilite in aree diverse: Fenici, Greci, forse Etruschi, Arabi, Normanni, Spagnoli sono arrivati via mare; Italici, Illiri, Celti, Germani, Slavi via terra. Anche se si è trattato, in genere, di gruppi poco numerosi, da questo processo di continue immigrazioni deriva fra le altre cose la grande differenziazione linguistica e la pluralità di dialetti ancora evidente in Italia.
Le diverse potenzialità agricole hanno consentito a certe parti del paese (le pianure, i litorali) di sostenere una popolazione più densa che in altre. Le differenze di produzione hanno alimentato fin dall'antichità intensi scambi commerciali tra le regioni italiane, che sono diventate complementari fra loro. Il movimento di merci e di persone ha trovato nelle città ‒ precoce caratteristica della regione italiana ‒ i luoghi ideali in cui realizzare i contatti indispensabili.
Tra le città e le campagne si sono istituiti quei rapporti particolari, di reciproca necessità che hanno 'disegnato' il territorio italiano. Spesso le città (prima e dopo il dominio romano) hanno teso a organizzarsi in Stati, e questo ha frazionato il territorio anche dal punto di vista politico, mentre ha rafforzato i caratteri culturali locali, forse più che in qualsiasi altra parte d'Europa e del mondo: non per nulla l'Italia è stata chiamata 'il paese delle cento città'.
In Italia (circa 300.000 km2) vivono oggi poco meno di 58 milioni di abitanti; di questi, due terzi circa vivono in città ‒ se consideriamo città i centri con almeno 10.000 abitanti. In altri paesi avanzati la popolazione considerata urbana è più numerosa, ma le statistiche non ci dicono quanto profondo e antico sia il legame che unisce gli abitanti delle campagne alle città; in Italia questo legame è fortissimo e reciproco.
L'Italia è una terra di città e di cittadini: lo dimostra anche il fatto che non esiste una sola enorme concentrazione urbana (come in tanti altri paesi), ma diverse grandi città e molte città di medie dimensioni. Le città più popolose, dopo la capitale Roma (2,5 milioni di abitanti), sono Milano (1,2 milioni), Napoli (1 milione), Torino (860.000), Palermo (680.000), Genova (600.000); ma poi ci sono addirittura 35 città con oltre 100.000 abitanti (Bologna, Firenze, Bari, Catania, Venezia sono tra le più popolose) e un centinaio con oltre 50.000.
In nessun altro paese la civiltà urbana è diffusa in modo così capillare e, soprattutto, da così tanto tempo: le città italiane, infatti, sono quasi tutte di antica fondazione. L'evoluzione storica e artistica vi ha stratificato patrimoni straordinari; ricordare, come sempre si fa, solo le tre città d'arte forse più famose del mondo (Roma, Firenze e Venezia) significa trascurare decine di altre città italiane preziose e uniche.
Diversità di provenienza culturale e di organizzazione del territorio, ma insieme frequenza di città e intensità degli scambi hanno prodotto una cultura aperta alle innovazioni, abituata al confronto, capace di realizzare a sua volta innovazioni.
Come già accennato, l'Italia ha accolto gruppi e individui provenienti da altre regioni e ha disseminato molti suoi abitanti nel resto del mondo. L'emigrazione dall'Italia è un fenomeno antico, anche se per secoli ha interessato piccole quantità di persone. Nell'Ottocento e nel Novecento, invece, dall'Italia partirono milioni di persone verso altri paesi, specie europei e americani. Furono il profondo riassetto sociale e territoriale della regione italiana (con l'unificazione dello Stato) e l'improvvisa crescita demografica a creare le condizioni per un'emigrazione di massa: il disagio prodotto da questi fenomeni spinse molte persone a cercare di migliorare le proprie condizioni andando altrove. Si calcola che nel mondo oggi siano circa 60 milioni i discendenti di Italiani emigrati.
Dall'Italia si emigrava per problemi legati alla distribuzione della ricchezza, ai rapporti sociali, alla stagnazione culturale e politica, al sottosviluppo. Inoltre, la popolazione italiana ha conosciuto un aumento improvviso e rapido: i 26 milioni al momento dell'unificazione erano raddoppiati dopo la Seconda guerra mondiale, e in questo periodo non fu facile garantire a tutti gli abitanti una quantità adeguata di risorse (lavoro, servizi e così via).
In seguito anche le condizioni socio-politiche ed economiche si sono profondamente modificate, e negli anni Settanta si smise di emigrare dall'Italia. Quasi contemporaneamente, il paese diventò al contrario terra di immigrazione. Gli immigrati in Italia provengono da moltissimi paesi: Marocco e Africa settentrionale, Albania e altri Stati dell'Est europeo, Filippine, America Meridionale, Cina e molti altri. In totale, si tratta di circa 2,5 milioni di persone: una quantità modesta, se la si confronta con quella di altri paesi europei, ma vitale per molti settori dell'economia italiana e anche per ringiovanire la popolazione.
Il costante aumento demografico si è interrotto a causa di una forte diminuzione delle nascite; contemporaneamente la durata della vita si è allungata per i grandi progressi in campo igienico e sanitario. Oggi l'Italia è tra i paesi con più basso livello di natalità e più lunga durata della vita.
Di conseguenza, però, la quota di anziani rispetto alla popolazione totale è aumentata, diventando molto più numerosa della percentuale di giovanissimi, e la popolazione italiana diminuirebbe, anno dopo anno, se non fosse per l'apporto dell'immigrazione. Si calcola che verso la metà del 21° secolo gli Italiani dovrebbero calare a circa 50 milioni ‒, a meno che l'immigrazione non aumenti a sufficienza.
Il calo delle nascite, l'invecchiamento della popolazione e l'immigrazione sono fenomeni noti in tutti i paesi ricchi: in un certo senso, segnalano proprio la ricchezza di un paese. Anche nel territorio italiano sono distribuiti in maniera diversa, proprio in base alla ricchezza. Il calo è maggiore al Nord e minore al Sud: in certe regioni del Nord (specie il Nord-Est) e del Centro, tra le più ricche in Italia, la natalità è minore, la popolazione diminuisce e gli immigrati sono più numerosi che nel Sud. È logico che gli immigrati si dirigano verso le aree (le città, soprattutto) dov'è più forte la richiesta di lavoratori ‒ perché molti sono gli anziani e pochi i giovani ‒ e dove quindi sono maggiori la produzione e la ricchezza.
La stessa logica vale per i movimenti migratori 'interni': fino a pochi anni fa molti lasciavano le campagne e i piccoli centri (soprattutto del Sud) per andare a vivere e lavorare in città; in Italia è un fenomeno antichissimo, che ha avuto una fase di grande intensità nel pieno del Novecento.
Ultimamente, però, si sta verificando l'inverso, e dalle città ci si sposta verso i centri minori, magari continuando a lavorare in città e facendo i 'pendolari', perché l'affollamento delle grandi città provoca problemi molto fastidiosi (inquinamento, rumore, prezzi alti e così via).
L'Italia è fra i paesi più ricchi del mondo almeno da 2.500 anni, e gli Italiani fanno parte di quel 10% della popolazione mondiale che produce, usa e consuma l'80% della ricchezza della Terra. Possiamo anche essere insoddisfatti delle nostre condizioni di vita, ma è bene tener presente che per il 90% dell'umanità sono un traguardo lontanissimo e invidiabile. Le prime radici di questa ricchezza sono nell'agricoltura, varia e produttiva, che da circa 5.000 anni in Italia è praticata intensivamente. Oggi l'agricoltura è ancora importante, sia per certe produzioni ‒ specie quelle di qualità, che si basano su 'vocazioni' tradizionali ‒ sia soprattutto per la salvaguardia del territorio, che è quasi interamente 'addomesticato' e va curato con attenzione; lasciato a sé stesso frana, come infatti purtroppo succede, e non è detto che basti istituire parchi naturali e riserve (che oggi coprono più di un decimo della superficie nazionale). Ma l'agricoltura oggi dà da vivere a pochissimi Italiani ‒ spesso, infatti, si tratta di coltivatori part-time, che svolgono un'altra attività principale ‒ di più al Sud, molto meno al Centro e al Nord.
Dal punto di vista economico, più dell'agricoltura, tra Ottocento e Novecento è diventata importante l'industria ‒ in primo luogo tessile, meccanica, chimica ‒ sviluppandosi in più fasi (alla fine dell'Ottocento, durante la Prima guerra mondiale, dopo la Seconda guerra mondiale). Le fabbriche si concentrarono all'inizio nel 'triangolo industriale' Torino-Milano-Genova, poi si diffusero in tutto il Nord e in gran parte del Centro; assai di meno al Sud. Le produzioni industriali italiane sono oggi realizzate da un gran numero di piccole e piccolissime imprese, oltre che da alcune grandi aziende, e danno luogo a esportazioni molto rilevanti.
L'industria si è sviluppata anche se l'Italia non ha materie prime, ma ha potuto usufruire di antiche tradizioni artigiane e manifatturiere ‒ per esempio nella tessitura ‒ che sono state aggiornate e messe a frutto dal punto di vista industriale. Non c'è niente di miracoloso, in questo, anche se negli anni Sessanta si parlò di un "miracolo economico italiano": in realtà, il capitale umano (in particolare, la cultura di base e le competenze tecniche della popolazione) è la materia prima principale e più 'flessibile' di un paese ‒ per questo l'istruzione e la ricerca scientifica sono importanti e dovrebbero essere promosse sempre più ‒ e in Italia il capitale umano non mancava e non manca.
Le attività economiche che occupano il maggior numero (due terzi) degli Italiani, e che fanno circolare la maggior parte della ricchezza, sono però quelle del terziario: amministrazione, commercio, trasporti, istruzione, sanità, banche e via dicendo. In Italia hanno un peso particolare i servizi destinati al turismo, interno e internazionale (come alberghi e ristoranti), ma tutti i paesi avanzati hanno un terziario consistente. La funzione di base di queste attività è lo scambio: di beni, di prestazioni, di idee. Per scambiare occorre comunicare, quindi al settore appartengono anche le comunicazioni e le telecomunicazioni. L'economia italiana dipende fortemente dagli scambi, sia interni sia internazionali: dalle importazioni e dalle esportazioni, dalla possibilità di far circolare i prodotti nazionali da una regione all'altra, i lavoratori da un luogo a un altro, i turisti da una meta all'altra. In un sistema sempre più integrato come quello contemporaneo, specie nell'Unione europea, comunicazioni e servizi sono fondamentali e destinati ad aumentare ancora di importanza.