Poeta e drammaturgo francese (La Ferté-Milon, Aisne, 1639 - Parigi 1699); rimasto ben presto orfano di madre e di padre, fu allevato dalla nonna, Marie des Moulins, molto vicina all'ambiente di Port-Royal; essa lo fece infatti studiare (1649-53) alle Pétites Écoles e, dopo due anni al collegio di Beauvais, di nuovo a Port-Royal, dove egli compì (dal 1655) studî classici molto serî e accurati. Terminati gli studî a Parigi (1658-59), frequentò la società parigina, e in quel clima compose un'ode, La nymphe de la Seine (1660), per le nozze di Luigi XIV; si accostò al teatro, abbozzando le scene, andate perdute, di una Amasie e di una tragedia sugli amori di Ovidio. Dopo un soggiorno a Uzès, dove si era recato con la speranza di ottenere un beneficio ecclesiastico, tornò a Parigi e scrisse l'Ode sur la convalescence du roy e La renommée aux muses (entrambe 1663); alla fine di quell'anno aveva pronta una tragedia, La Thébaïde ou les frères ennemis, che Molière recitò nel suo teatro (1664), dove poi (1665) fu rappresentata anche un'altra sua tragedia Alexandre le Grand, di spirito avventuroso e romanzesco. In quel periodo R. si staccò dai suoi maestri di Port-Royal, e scrisse una satirica Lettre à l'auteur des Hérésies imaginaires et de deux Visionnaires (1666) contro P. Nicole che aveva giudicato severamente gli autori di teatro. L'anno dopo, sulle scene di corte, e poi dinanzi al pubblico dell'Hôtel de Bourgogne, R. trionfò con un capolavoro, l'Andromaque, in cui tutti riconobbero i segni di un'arte nuova; ne era interprete, nel ruolo di protagonista, l'attrice M.-Th. Duparc, sottratta alla compagnia di Molière, divenuta amante di R. e morta poi in circostanze misteriore. Seguì (1668) la commedia Les plaideurs, satira di coloro che litigano in qualsiasi circostanza; quindi (1669) una grande tragedia romana, Britannicus. R. entrò in lizza con Corneille, e portò sulla scena (1670) la Bérénice, pochi giorni prima della recita di Tite et Bérénice del suo rivale: la gara fu vinta da R., di cui seguirono due tragedie d'argomento orientale, Bajazet (1672) e Mithridate (1673); quest'ultima, secondo la tradizione, fu rappresentata l'indomani dell'ingresso di R. all'Académie française. A cominciare da Bérénice, R. ebbe come interprete una grande attrice tragica, la Champmeslé (cui anche fu legato per alcuni anni), che recitò ancora l'Iphigénie (1674) alla corte di Versailles, e la Phèdre (1677). Quest'ultima tragedia, che è certamente l'opera più alta e significativa di R., fu assai contrastata: c'è chi scorge in essa gli inizî di una crisi nell'animo del poeta, il quale in quell'anno (1677) abbandonò il teatro e si riconciliò con Port-Royal; nello stesso anno prese in moglie Catherine de Romanet, e ricevette, insieme con Boileau, la nomina a storiografo del re. Del 1685 è l'Idylle sur la paix; poi, per compiacere la marchesa di Maintenon, che proteggeva il collegio di Saint-Cyr, R. si indusse a scrivere, per le recite di quel collegio, due tragedie d'argomento biblico, Esther (1689) e Athalie (1691), il cui valore pareggia quello dei suoi drammi precedenti; alla stessa ispirazione dei cori dell'Athalie si collegano i Cantiques spirituels (1694). Un modello di prosa storiografica è l'Abrégé de l'Histoire de Port-Royal (prima parte, post., 1742; ed. completa 1767), cui R. si dedicò negli ultimi anni, trascorsi nella serenità familiare, nella cura dell'educazione dei sette figli e nel raccoglimento religioso. Tra gli scritti minori di R. si devono ancora ricordare le sette odi giovanili su Le paysage ou promenade de Port-Royal des champs (scritte 1656 circa, edite 1808), gli Hymnes du Bréviaire romain (1688), poche stances, sonetti ed epigrammi; la Rélation de ce qui s'est passé au siège de Namur (1692), il Précis historique des campagnes de Louis XIV depuis 1672 jusqu'en 1678, e alcuni frammenti della sua opera di storiografo ufficiale; i discorsi accademici (fra cui quello pronunciato in lode di P. Corneille quando il fratello di questo, Thomas, ne prese il posto all'Académie); le versioni dal greco (del Convito di Platone, della Poetica di Aristotele, del trattato di Luciano Come bisogna scrivere la storia); e l'epistolario, del quale notevoli i due gruppi di lettere a Boileau e al figlio primogenito, Jean-Baptiste, che si era avviato alla carriera diplomatica. Massimo esponente, con P. Corneille, del teatro tragico francese del sec. 17°, R. giunse a svolgere, muovendo dalla tragedia greca, un tipo di dramma ancor più semplice e lineare. Al centro delle sue tragedie sta sempre la passione: un amore che tiene pronto in sé, ove sia sdegnato o respinto, l'odio che saprà vendicarlo; l'amore e l'odio sono anzi fatalmente commisti, complementari, nei personaggi di R.; il corso delle loro avventure è breve, intenso, mortale; e la forza torbida delle loro passioni riesce a esprimersi in versi di cristallina bellezza, che per semplicità, chiarezza, armonia sono tra i più alti della poesia lirica francese.