Popolazioni di lingua uralica, che occupano le regioni conosciute genericamente con il termine di Lapponia. Il nome L. è di origine esterna e non è adoperato da tali gruppi che si definiscono Sami.
L’immagine tradizionale dei L. è strettamente associata a quella di un popolo di allevatori nomadi della renna, anche se era ritenuta tipica la presenza di L. stanziali e costieri. Da studi più recenti sembra che la pastorizia nomade della renna rappresenti una specializzazione economico-ecologica piuttosto recente (tracce di tale attività si hanno solo a partire dal 15° sec.), mentre più antiche sono le attestazioni storiche di gruppi l. sedentari stanziati lungo le coste, dediti alla pesca e al commercio e in stretta interazione con popolazioni contadine. La distinzione tra L. nomadi e L. sedentari costieri è comunque stata caratteristica dell’intera società fino alla seconda metà del 20° secolo. Fino a quel momento si usava distinguere tra L. della costa, L. della foresta e L. montani, o nomadi della renna; se i primi erano dediti alla pesca e al commercio, i secondi praticavano prevalentemente la caccia, mentre solo gli ultimi si dedicavano all’allevamento nomade della renna. Si trattava probabilmente di un sistema economico e sociale completamente interattivo, con gruppi differenziati in funzione dello sfruttamento di un preciso habitat ecologico.
Con la Seconda guerra mondiale, la società lappone ha subito drastici mutamenti che, pur non destrutturandone l’organizzazione, hanno comunque profondamente mutato le sue basi economiche e materiali. L’allevamento della renna, affiancato a quello di ovini e bovini, è oggi condotto prevalentemente in modo stanziale e su basi industriali. L’agricoltura, pur difficile da praticare, ha gradualmente preso piede, grazie all’introduzione di coltivazioni industriali che riescono ad adattarsi a quei climi (per es., il tabacco). Nonostante tali cambiamenti, i L. mantengono una forte identità culturale e, pur usufruendo dei servizi che i diversi contesti statali nei quali sono inseriti forniscono loro, hanno evitato, nel corso degli ultimi decenni, di cadere vittime di un processo di totale assimilazione ai modelli svedesi, norvegesi o finlandesi. Solo dopo il secondo conflitto mondiale, del resto, tali governi hanno messo in atto serie politiche di rispetto dell’identità saami, promuovendo per esempio lo studio e l’insegnamento delle lingue native.
La lingua saami appartiene al ramo ugro-finnico della famiglia uralica, all’interno del quale è caratterizzata dal passaggio di ś a č, dalla conservazione di n’ e dalla spiccata tendenza alla dittongazione. Documentata a partire dal 16° sec., è notevolmente differenziata in dialetti (se ne distinguono attualmente nove principali), che hanno accolto moltissime parole baltofinniche e inoltre, per il tramite del baltofinnico, voci germaniche e slave.