Forma di strofe propria della poesia epica medievale, soprattutto francese e spagnola, composta di un numero variabile di versi ottonari, o più spesso decasillabi o dodecasillabi, legati dall’assonanza o (con minore frequenza) monorimi. In Italia la l., composta da un numero variabile di versi (ottonari o più spesso alessandrini) legati da una stessa rima, fu adoperata nei primi ritmi (come il Ritmo laurenziano) e nell’antica poesia didattica.
Per estensione, si intende con l. una strofe formata da un numero variabile di versi anche di misura disuguale e non necessariamente legati dalla rima, di cui si trovano esempi in G. Leopardi. La l. fu rinnovata nella poesia italiana da G. Carducci, che nella Canzone di Legnano usò l. di 10 endecasillabi ciascuna, sciolti da ogni legame di rima o assonanza, e da G. D’Annunzio, che nella Notte di Caprera introdusse l. di versi dodecasillabi ed endecasillabi con cesura fissa dopo l’arsi della quarta sillaba, a imitazione dell’antico decasillabo epico francese.