Atto unilaterale con il quale il governo italiano intese regolare i rapporti con la Santa Sede dopo l’occupazione di Roma nel 1870. Emanata il 13 maggio 1871, mosse dal concetto di assicurare al papa un insieme di condizioni che gli garantissero il libero esercizio del potere spirituale: gli era assicurata l’inviolabilità, l’immunità dei luoghi dove risiedeva, una lista civile, il diritto di ricevere ambasciatori e di accreditarne presso le potenze straniere. Fu respinta dalla Santa Sede con l’enciclica Ubi nos del 15 maggio 1871.
Con la legge delle g. trionfò il principio cavouriano, e in genere della Destra (la legge è principalmente legata a uno dei suoi esponenti, R. Bonghi), della separazione fra Chiesa e Stato. Accusata d’incoerenza logica e giuridica (per es., per il riconoscimento al papa dell’inviolabilità, che è attributo sostanziale della sovranità, disgiunto da quello della sovranità territoriale, presupposto della prima), la legge regolò tuttavia, con concreta aderenza alla realtà politica, i rapporti fra Regno d’Italia e Papato per quasi 60 anni, costituendo una base che permise il distendersi dei contrasti in una pacifica coesistenza delle due potestà finché tali rapporti non furono regolati su basi concordatarie con i Patti Lateranensi dell’11 febbraio 1929.