Genere di Batteri Schizomiceti appartenenti all’ordine Spirochetali e caratterizzati da esile corpo filamentoso, torto sul proprio asse in numerose e strette spire, e con estremità ricurve a uncino. Le L. sono prive di ciglia o flagelli, hanno lunghezza di 3-45 μm; sono coltivabili in terreni contenenti siero di sangue; le varie specie sono morfologicamente così simili fra loro da poter essere differenziate con sicurezza solo mediante metodi sierologici. Assai diffuse in natura (specialmente nell’acqua dolce, nel fango, nei terreni umidi), sono rapidamente uccise dal calore, dai disinfettanti, dagli acidi anche deboli.
Delle numerose specie descritte, alcune vivono saprofiticamente nell’organismo di certi animali (soprattutto topi e ratti) i quali le eliminano con gli escrementi, che inquinano le acque, il fango, il suolo umido con cui vengono a contatto. Pertanto, soprattutto per i lavoratori delle risaie, delle fognature, delle bonifiche, per i contadini e, talora, per i bagnanti dei fiumi e dei laghi, questo materiale può divenire fonte d’infezione e provocare la leptospirosi. La forma ittero-emorragica, nota anche come morbo di Weil, è causata da L. ictero-haemorrhagiae, scoperta da R. Inada e Y. Ido nel 1914. La leptospira può penetrare nell’organismo umano anche attraverso la cute sana oppure tramite la mucosa rino-faringea. La malattia ha andamento stagionale, ed è assai più frequente nel periodo estivo-autunnale. Nell’uomo si manifesta dopo un periodo di incubazione di 3-20 giorni con febbre, dolori muscolari e articolari, aumento di volume della milza e del fegato, cefalea, rigidità nucale (ed eventualmente altri segni di irritazione meningea), albuminuria e, dopo alcuni giorni, con segni più caratteristici (ittero o fenomeni emorragici), peraltro incostanti. La sintomatologia per lo più dilegua entro 2 settimane; spesso però è seguita, dopo alcuni giorni, da una ricaduta, ma più breve e benigna. La diagnosi è documentabile nei primi giorni di malattia con l’isolamento della leptospira nel sangue e solo dopo una decina di giorni mediante prove immunologiche. La prognosi è condizionata dall’entità del quadro clinico, che può variare da lieve a gravissimo. La profilassi si basa sulla derattizzazione, sulla disinfezione degli escreti degli ammalati (specialmente delle urine) e delle acque infette. La cura si basa su vari antibiotici (penicillina, tetracicline, cloramfenicolo, eritromicina).