Filosofo e storico della filosofia (Piasco, Cuneo, 1918 - Milano 1991). Partito dallo studio e dalla discussione dell'esistenzialismo, P. divenne tra i più originali rappresentanti dell'ermeneutica. Il suo pensiero si è svolto lungo una linea di costante approfondimento, la quale articola e insieme unifica i temi ai quali è venuto dedicando il suo interesse. L'attività storiografica si volge a temi e problemi che trovano rispondenza nell'attività teoretica: in particolare all'estetica come disciplina speculativa P. ha dedicato più volumi; lo studio di Fichte e di Schelling s'inquadra poi nell'interesse per quella ontologia della libertà, nella cui teorizzazione il pensiero di P. culmina prolungando l'esistenzialismo e sceverandolo dalle commistioni spiritualistiche. Formatività ed ermeneutica appaiono pertanto corrispettivi e costitutivi modi dell'esistere umano, in un quadro ontologico dove essere e libertà si convertono pur senza confondersi.
Prof. universitario di ruolo dal 1951di storia della filosofia all'univ. di Pavia, poi (1952) di estetica e quindi (1964-88) di filosofia teoretica all'univ. di Torino; direttore (1957-84) della Rivista di estetica; socio nazionale dei Lincei (1987). Ha preso parte alla Resistenza.
Il pensiero di P. si richiama inizialmente ai principi dello spiritualismo cristiano e dell'esistenzialismo (La filosofia dell'esistenza e C. Jaspers, 1940, che rappresenta il primo volume italiano sull'esistenzialismo nel suo assieme; Studi sull'esistenzialismo, 1943; Esistenza e persona, 1950), quest'ultimo concepito come sbocco della dissoluzione dell'hegelismo. Portato così ad approfondire i suoi studi storico-filosofici, P. pubblica opere quali Fichte (1950) e L'estetica dell'idealismo tedesco (1950). In seguito con Estetica: teoria della formatività (1954), Teoria dell'arte (1965) e Problemi dell'estetica (1965), in opposizione all'estetica crociana, formula una teoria dell'esperienza artistica come formatività e interpretazione. In Verità e interpretazione (1971), opera che lo colloca tra i più originali rappresentanti dell'ermeneutica, P. chiarisce il rapporto ontologico uomo-essere come rapporto interpretazione-verità, sostenendo che quest'ultima è sì afferrabile nella sua unicità all'interno di un'interpretazione, ma «inoggettivabile», ossia non esauribile nell'ambito di ciò che un soggetto conosce. Tra i suoi ultimi lavori: Filosofia della libertà (1989), poi confluito con altri scritti nel vol. post. Ontologia della libertà. Il male e la sofferenza (1995); e, anche post., Dostoevskij. Filosofia, romanzo ed esperienza religiosa (1993).