Poeta latino (Brindisi 220 a. C. - Taranto 130 circa a. C.), uno dei principali tragediografi. Nella produzione di P. già nel colorito drammatico dell'azione e nella stimolante sentenziosità che la punteggia è in nuce l'ulteriore sviluppo della tragedia latina fino a Seneca: cominciano in lui le macabre apparizioni dei trapassati; si inizia anche il processo di maggiore disciplina del metro principale dei dialoghi, il senario giambico. La sua pateticità, coniugata a una sensibilità quasi barocca nell'espressione dei sentimenti e degli sfondi che ne inquadrano l'effusione, fu l'ultimo mezzo di presa del teatro latino sull'animo della folla.
Nipote di Ennio, venne con lo zio a Roma, dove esercitò la pittura e scrisse tragedie. Fu amico e ospite di C. Lelio, e frequentò il circolo di Scipione Emiliano. Ancora a ottant'anni fece rappresentare una sua tragedia, ma poco dopo si ritirò a Taranto, dove visse i suoi ultimi anni.
Di lui ci restano dodici titoli sicuri di tragedie e in tutto circa trecento frammenti, per poco più di quattrocento versi. Quattro tragedie derivano da Sofocle (Chryses, Hermiona, Niptra, Teucer), una da Eschilo (Armorum iudicium) e una da Euripide (Antiopa); in genere, P. subisce l'influenza di Euripide, come dimostrano le altre sei tragedie d'argomento greco (Medus, Atalanta, Iliona, Periboea, Dulorestes, Pentheus), tutte variamente derivate da famosi drammi di Euripide. Dubbia l'attribuzione a P. di un Protesilaus e di qualche altra tragedia, di cui è trasmesso il titolo. Assai poco sappiamo della tecnica poetica e drammatica di P., che pare componesse anche la musica dei suoi drammi (grande impressione negli spettatori suscitava, secondo Cicerone, la musica del canticum dell'ombra di Difilo nella Iliona). P. compose anche una praetexta, Paulus, in onore di L. Emilio Paolo vincitore sul re Perseo a Pidna (168 a. C.); sembra che scrivesse anche satire, nello stile di Ennio. Pur abilissimo nella varietà dei metri, P. ebbe uno stile piuttosto duro, ma le sue tragedie conseguirono grande fortuna e furono assai apprezzate nella latinità; esse producevano un grande effetto per il loro pathos, per la forza dell'espressione, per la complessità dell'intreccio. n Di P. è testimoniata anche un'attività di pittore: Plinio il Vecchio ricorda infatti i suoi dipinti nel tempio di Ercole (Foro Boario), che fu restaurato da Emilio Paolo dopo la vittoria di Pidna.