metafisica
La conoscenza della struttura ultima della realtà
Il termine metafisica designa una disciplina filosofica dalla storia assai ricca e complessa, ma ha avuto un’origine del tutto casuale: i discepoli di Aristotele che stavano mettendo in ordine il corpus delle opere del maestro intitolarono tà metà tà physikà («libri successivi a quelli sulla fisica») i 14 libri in cui veniva trattata la scienza dell’essere. A partire dal pensiero filosofico arabo e latino del Medioevo, il termine metafisica ha indicato quella parte della filosofia che si propone di individuare la natura ultima della realtà, al di là degli aspetti particolari che sono l’oggetto delle scienze specifiche
Aristotele chiama «filosofia prima» la scienza dell’essere, in quanto rappresenta per lui il vertice della gerarchia del sapere. La metafisica ha due campi di indagine: il primo è lo studio dell’essere in generale («l’essere in quanto essere», «ciò che esiste in quanto esiste») e quindi dell’essere senza alcuna determinazione particolare, della realtà considerata nei suoi caratteri essenziali e universali. Il secondo è lo studio del sovrasensibile, cioè degli esseri eterni e immateriali. Relativamente al primo campo la metafisica è stata poi chiamata anche ontologia, rispetto al secondo corrisponde alla teologia, o meglio alla teologia razionale o filosofica, distinta da quella basata sulla rivelazione divina.
Come studio dell’essere, la metafisica è per Aristotele dottrina della sostanza, in quanto questo è il significato principale dell’essere; come scienza del sovrasensibile corrisponde alla dottrina del Motore immobile, punto di partenza e centro propulsore del movimento delle sfere celesti al cui centro è la Terra.
Quando i curatori degli scritti aristotelici hanno usato il titolo dopo la fisica, con quel dopo intendevano dare solo un’indicazione generica, senza alcuna allusione al valore degli argomenti trattati. Ma a causa del contenuto di quei libri il termine ha acquistato un nuovo significato, e il dopo è venuto a indicare non un ‘seguire’, ma un ‘superare’: ossia quelli sono i libri dove si va ‘oltre’ i problemi relativi alla realtà fisica che ci circonda, per affrontare il tema della realtà assoluta, che trascende il mondo fisico.
Nei sistemi filosofici oggettivistici o realistici (come quello aristotelico) che individuano il fondamento ultimo delle cose in una realtà che esiste di per sé e che è precedente al pensiero, la metafisica si configura come ontologia o «scienza dell’essere». Invece, nei sistemi soggettivistici o spiritualistici, che fanno riferimento al soggetto pensante come al fondamento ultimo della realtà, la realtà assoluta viene a combaciare con il pensiero e il suo dinamismo. Infine il regno dell’assoluto può essere individuato nella sfera dei valori morali e soltanto in essa.
A partire dall’Illuminismo, si diffonde un uso critico o addirittura spregiativo della parola. La metafisica è accusata di presentare ragionamenti e dottrine confusi, astratti, cerebrali, oppure di trattare problemi inesistenti con affermazioni prive di senso comune.
Culmine di questo atteggiamento antimetafisico è David Hume, la cui critica ai concetti di spazio, tempo, causa e sostanza coinvolge in una medesima svalutazione sia la metafisica sia la scienza empirica, con esiti decisamente scettici (scetticismo).
Il problema diventa allora quello di discutere le possibilità della conoscenza umana, tema che Immanuel Kant affronta nella Critica della ragion pura. Qui egli rivolge un duro attacco alla metafisica. La sua tesi fondamentale è che non ci può essere conoscenza se non degli «oggetti d’esperienza»; il pensiero, quindi, non può superare i limiti del mondo sensibile, e se si avventura nel campo del sovrasensibile (Dio, l’anima, la libertà della volontà), esso dà vita solo a sogni e illusioni. Kant però recupera il concetto di metafisica a livello morale, come metafisica dei costumi (intesi come comportamenti e usi), e quindi come conoscenza razionale pura che investe l’ambito etico e quello giuridico-politico.
Per Georg Fr. W. Hegel, invece, poiché il razionale e il reale coincidono, la logica, concepita come la totalità dei concetti o categorie, si identifica con la metafisica, in quanto costituisce la struttura assoluta della realtà.
Nel corso dell’Ottocento e del Novecento, con il positivismo e il neopositivismo, la discussione filosofica ha investito principalmente il campo del sapere scientifico, delle sue caratteristiche e dei suoi limiti, escludendo ogni sconfinamento in ambito metafisico. La discussione metafisica ha continuato però a svilupparsi in campo teologico e religioso.