In origine, maestro di scuola, istitutore, pedagogo. Nell’uso moderno, e per lo più in senso spregiativo, si dice di chi nell’insegnamento o nello studio si richiama continuamente alle regole, osservandole o facendole osservare con scrupolo meticoloso e scarsa intelligenza.
Nel corso dell’evoluzione linguistica dell’Umanesimo dal latino al volgare (15° sec.), sembrò dapprima a molti scrittori che, per conferire al volgare dignità, fosse necessario adeguarlo quanto più possibile al latino, infarcendolo di parole e costrutti di questo. Un massimo di artificialità, con intenti di raffinatezza, è raggiunto dal romanzo allegorico Hypnerotomachia Poliphili (1499). Ma già ai primi del 16° sec. tale linguaggio, essendo rimasto proprio in particolare dei maestri elementari, i p., e perciò detto pedantesco, servì invece alla caricatura. La satira letteraria del maestro presuntuoso, che risaliva alla letteratura latina, viene dunque ripresa anche perché adatta a esprimere l’insofferenza ormai diffusa per il troppo latino umanistico, di cui è testimonianza anche la contemporanea letteratura maccheronica. Si ha così nella commedia il tipo del Pedante, che fa la sua prima apparizione nel Pedante di F. Belo (1529 ca.), e poco dopo nel Marescalco di P. Aretino (1533); poi popola novelle e commedie di tutto il secolo, sino al Candelaio di G. Bruno (1583) e alla Fantesca di G. Della Porta (1592), finendo con l’irrigidirsi nella maschera del dottor Balanzone.