Teologo francese (Compiègne 1350 - Avignone 1420). Indefessamente attivo nel tentare di sanare il grande scisma e sostenitore del primato del concilio dei vescovi sul papa, fu uno degli ispiratori e oratori del concilio di Pisa e poi del concilio di Costanza.
Cancelliere dell'univ. di Parigi (1389), vescovo di Le Puy (1395), poi di Cambrai (1397), cardinale (1412). Il suo nome è legato soprattutto alle controversie concernenti la superiorità del papa o del concilio. In filosofia è seguace dell'occamismo: muovendo da una critica dell'aristotelismo, sostiene il nominalismo, nega la possibilità di dare, in sede di ragione naturale, una dimostrazione a posteriori dell'esistenza di Dio, e sostiene la tesi secondo la quale Dio può dare la sensazione di oggetti non esistenti (sicché non è dimostrabile l'esistenza del mondo extramentale), e pone nell'insondabile volontà di Dio il fondamento così delle leggi fisiche come di quelle morali; seguendo gl'interessi fisici fattisi sempre più netti nell'occamismo, scrisse vari trattati scientifici (parlò della rotazione della terra intorno al suo asse, prospettò la correzione del calendario; l'Imago mundi, che indicava la via per giungere attraverso i mari nell'Estremo Oriente, sarebbe stata letta da C. Colombo, confermandolo nei suoi progetti). In teologia e soprattutto nell'ecclesiologia, la posizione di A. è di notevole interesse: mosso dalla preoccupazione di sanare il grande scisma, lavorò indefessamente a tale scopo, promovendo la convocazione del Concilio universale; e a quelli di Pisa (1409) e Costanza (1414) partecipò, facendo in quest'ultimo sentire la sua influenza in favore di Martino V ma anche delle proprie idee, secondo le quali il potere dei vescovi deriva da Cristo e non dal pontefice: di qui la legittimità dell'appello al concilio contro il papa, il quale può errare e anche cadere nell'eresia, infallibile essendo la Chiesa universale. Tale concezione fu da lui esposta specialmente nel Super reformationem Ecclesiae.