Dottrina che si oppone, in modo contraddittorio, diretto e immediato, a una verità rivelata e come tale proposta a credersi dalla Chiesa. Non può invece dirsi eretica una posizione dottrinale, che si limiti a impugnare una conclusione teologica, una definizione o fatti connessi alla verità rivelata.
Nel Codex iuris canonici l’e. è definita «errore volontario e pertinace di un cristiano contro una verità che si deve credere per fede divina e cattolica» (can. 751): volontario, in quanto posizione contraria a una verità di fede conosciuta, pertinace, in quanto implica la piena consapevolezza di opporsi alla verità cattolica (se non fosse consapevole, l’e. sarebbe materiale, non formale). È quindi chiaro che capace di e. può essere solo chi, con il battesimo, è entrato nella Chiesa. La teologia morale fa inoltre distinzione tra l’eretico ‘interno’ ed ‘esterno’ secondo che tenga per sé o manifesti le sue dottrine eretiche; quest’ultimo poi è ‘occulto’, se si limita a parlare a pochi e in segreto, oppure ‘pubblico’ se diffonde le sue affermazioni.
Secondo la teologia cattolica l’ e. esterna è un attentato contro l’unità della fede e, fatto antisociale, acquista tutti i caratteri del delitto e come tale è punita. Gli eretici sono quindi scomunicati ipso facto e, a meno che si ravvedano dopo essere stati ammoniti, sono privati di ogni dignità, ufficio o altro incarico ecclesiastico; se chierici, dopo prolungata contumacia o grave scandalo, possono essere dimessi dallo stato clericale; gli eretici sono privati, se notori, della sepoltura ecclesiastica. In passato la repressione dell’e. non si limitò alle pene canoniche, ma giunse anche a crociate contro gli eretici, all’istituzione di tribunali speciali, alla pena di morte. L’e. era considerata delitto anche dallo Stato.
Lo scrittore che tratta dell’e. per combatterla è detto eresiologo. I primi di cui si abbia notizia sono Giustino ed Egesippo; tra i più importanti (che forniscono spesso notizie e testi altrimenti perduti) vanno ricordati s. Ireneo (Adversus haereses), s. Ippolito di Roma (Syntagma e Philosophumena) e Tertulliano (De praescriptione haereticorum e diverse opere polemiche), del 2° e 3° sec.; nel 4° e 5° sec., Epifanio di Salamina (Panarion), Filastrio di Brescia (Diversarum haereseon liber), s. Agostino (Liber de haeresibus), s. Vincenzo di Lérins (Commonitorium) e Teodoreto (Haereticorum fabularum compendium); nel 7° e 8° sec., s. Germano di Costantinopoli e s. Giovanni Damasceno.