Polonia
Due nomi sono da ricordare tra i pionieri del cinema polacco: il fotografo Piotr Lebiedzinski, che montò cinque fotografie su un cliché di vetro proiettandole poi in rapida successione, e Kazimierz Prószyński, che costruì il pleografo, un apparecchio per animare le fotografie fissate su pellicola di celluloide. Prószyński realizzò così tra il 1903 e il 1904 una quindicina di vedute, subito superate dalla concorrenza dei fratelli Lumière. Con questi ultimi collaborò l'operatore Bolesław Matuszsewski, che lavorò anche in Russia alla corte dei Romanov e realizzò film soprattutto di carattere medico (operazioni, malattie di mente). Il primo film a soggetto, Antoś po raz pierwszy w War-szawie (La prima visita di Anton a Varsavia) dell'operatore francese Georges Meyer, un racconto di pochi minuti sulle esperienze di un provinciale a Varsavia, apparve sugli schermi nel 1908. È del 1911 invece il primo lungometraggio a soggetto, Dzieje grzechu (Storia di un peccato) di Antoni Bednarczyk, dal romanzo di S. Żeromski: i primi film di produzione nazionale infatti erano per lo più adattamenti di classici del teatro e della letteratura, secondo un tratto che rimarrà caratteristico della cinematografia polacca. Intanto, fin dai primi anni del Novecento furono aperte molte sale di proiezione e uffici di case di distribuzione straniere. La P. riconquistò l'indipendenza nel 1918 (negli ultimi decenni del Settecento Russia, Prussia e Austria si erano spartite l'intero Paese); la cinematografia si sviluppò subito e rapidamente, seppure tra grandi difficoltà economiche, tecniche e organizzative. Negli anni Venti si contavano più di 100 studi, tra cui i più importanti erano Sfinks, Leo-Film e Falanga, ma la maggior parte del patrimonio cinematografico del periodo è andata distrutta. Mentre il livello dei film prodotti ‒ che per lo più erano tratti da romanzi della letteratura nazionale ‒ rimaneva modesto, si sviluppavano la teoria del cinema e il giornalismo cinematografico, trovando echi e interlocutori oltre i confini polacchi: se Matu-szewski aveva pubblicato già nel 1898 Une nouvelle source pour l'histoire (création d'un dépôt de cinématographie historique) e La photographie animée. Ce qu'elle est, ce qu'elle doit être sul cinema documentario, il critico letterario Karol Irzykowski, con Dziesiąta Muza. Zagadnienia estetyczne kina (1924, Decima Musa. Problemi di estetica cinematografica) mise in evidenza le potenzialità estetiche della nuova arte. Lo stesso interesse nei confronti del cinema dimostrò l'avanguardia letteraria e artistica (J. Kurek, T. Peiper, J.M. Brzeski, S. e F. Themerson). Il sonoro arrivò tardi, nel 1930, con Kult ciała (Il culto del corpo) di Michał Wasyzński, ma non risollevò la qualità artistica della produzione nazionale, che per tutti gli anni Trenta rimase centrata sulla commedia e sulla popolarità degli attori, ponendo in secondo piano la figura dell'autore. Tra le organizzazioni di produzione la più avanzata era la START (Stowarzyszenie Miłosników Filmu Artystycznego, Associazione dei sostenitori del film artistico), fondata nel 1929, sensibile alla realtà sociale, attiva sia nei lavori teorici sia nella realizzazione di film, soprattutto cortometraggi d'avanguardia. L'associazione si sciolse nel 1935, ma gli autori che si sarebbero fatti notare alla fine degli anni Quaranta provenivano per lo più da questo laboratorio. Nel panorama del cinema polacco fra le due guerre merita poi una segnalazione la produzione in yiddish che, rappresentando i problemi e la vita quotidiana della popolazione di religione ebraica, raggiunse un pubblico internazionale, soprattutto tra gli emigrati negli Stati Uniti.
Durante la Seconda guerra mondiale la cinematografia polacca fu distrutta dai nazisti, ma alcuni operatori e registi riuscirono a lavorare in clandestinità, per divenire quadri attivi nel dopoguerra: la liberazione dal nazismo e la costruzione dello Stato socialista permisero infatti la rinascita del cinema, posto sotto il controllo statale e affrancato da problemi commerciali. Come stava accadendo anche in altri Paesi travolti dal conflitto, ci si indirizzò verso tematiche belliche, a cominciare da Zakazane piosenki (1947, Canzoni proibite) di Leonard Buczkowski, film di grande successo popolare che raccontava con notazioni umoristiche una giornata qualunque durante l'occupazione di Varsavia. Drammatiche rievocazioni diventate classici del cinema furono Ostatni etap (1948; L'ultima tappa) realizzato da Wanda Jakubowska e Ulica graniczna (1948; Fiamme su Varsavia) di Aleksander Ford, entrambi tra i fondatori della START. La Jakubowska, arrestata nel 1942 e deportata ad Auschwitz e a Ravensbrück, volle mettere in scena la vita nei campi di concentramento, mentre il film di Ford rievoca la vita delle famiglie chiuse nel ghetto, un tema ripreso con genialità da Roman Polański in The pianist (2002; Il pianista).
Erano quelli gli anni dell'egemonia del realismo socialista e dei film di propaganda, ma alcuni film rimangono memorabili, dimostrando per la prima volta una caratteristica tipica della cinematografia polacca: tanto più stretta sarebbe divenuta la morsa della censura, quanto maggiore si sarebbe rivelata la creatività delle opere cinematografiche. Con la nazionalizzazione della cinematografia, avvenuta per decreto il 13 novembre 1945, la produzione e la distribuzione dei film furono poste sotto il controllo dell'impresa di stato Film Polski: la produzione venne decentralizzata e affidata a raggruppamenti di registi, unità autonome con tendenze espressive simili, guidate da un direttore artistico, da un direttore letterario e dal capo di produzione. Negli studi di Łódź e Breslavia si giravano lungometraggi, ancora a Łódź i film educativi e i cortissimi della Se-ma-for, a Varsavia i documentari e la cronaca cinematografica, a Bielsko-Biala l'animazione. Premiato a Cannes nel 1954, Piątka z ulicy Barskiej (I cinque di via Barska) di A. Ford, tratto dal romanzo di K. Koźniewski, affrontava il problema della rieducazione dei giovani sbandati nel dopoguerra. Opere memorabili del periodo sono anche Celuloza (1954, Cellulosa) e Pod gwiazdą frygijską (1954, Sotto la stella frigia) di Jerzy Kawalerowicz, in quegli anni forse il nome più noto all'estero, autore di film immersi in un'atmosfera densa di erotismo e nello stesso tempo carichi di una inquietante riflessione sul potere. Varcò i confini nazionali anche il nome di Wojciech Jerzy Has, attratto dai racconti del passato dove personaggi solitari si muovono in un mondo ostile e labirintico.Il 1956 segnò un cambiamento epocale nella storia del Paese, con la riabilitazione di personalità che avevano subito le persecuzioni dello stalinismo, in particolare di W. Gomułka. Anche in ambito cinematografico iniziò un periodo di apertura che durò fino al 1961 circa: grazie al nuovo clima poterono circolare in numero maggiore i film stranieri, così come i film sovietici degli anni Venti, prima condannati perché considerati formalisti. I giovani usciti dalla scuola di cinema e inseriti nei gruppi di produzione diedero vita alla 'scuola polacca', che si caratterizzava per uno stile deciso e per la mancanza di conformismo nel trattare da nuovi punti di vista l'attualità del Paese e il bilancio del suo recente passato. La novità apparve evidente con il debutto di Andrzej Wajda nel film Pokolenie (1955, Generazione), racconto, tratto dal romanzo di B. Czeszko, della tragedia di una generazione che aveva vissuto l'adolescenza sotto l'occupazione tedesca, una storia di formazione che sfocia nell'eroismo. Kanał (1957; I dannati di Varsavia) mise in evidenza una delle caratteristiche più decise dello stile del regista, il romanticismo espresso come inevitabile avviarsi verso la tragedia. Nonostante la certezza della disfatta, gli eroi protagonisti dei film della scuola polacca procedevano contro la corrente della Storia: l'attore Zbigniew Cybulski rappresentò alla perfezione questo personaggio. Il suo Maciek in Popiół i diament (1958; Cenere e diamanti) ancora di Wajda, militante di destra che compie un attentato nei confronti di un membro del partito comunista e muore poi a sua volta, lo lanciò nel panorama internazionale facendolo paragonare a James Dean. Punto di riferimento per lo stesso Wajda e di segno opposto per il suo stile disincantato fu Andrzej Munk, autore di Eroica (1957) che nonostante il titolo altisonante affrontava il tema dell'insurrezione di Varsavia scegliendo una cifra grottesca e un protagonista antieroe, un piccolo trafficante che si rende conto dell'inutilità della lotta. In Zezowate szczęście (1960, La fortuna strabica) ancora di Munk, Bogumił Kobiela interpreta invece un conformista sempre un po' in ritardo rispetto al suo tempo. Czesław Petelski, Stanisław Lenartowicz, Jan Batory, Janusz Morgestern, Witold Lesiewicz, Janusz Nasfeter sono i nomi nuovi che apparvero alla fine degli anni Cinquanta. Le loro tematiche tornano ai tempi del dopoguerra senza accenti tragici, attente piuttosto alla ricerca estetica e alla descrizione articolata della realtà polacca: si stava verificando un cambio di scena e alcune prospettive nuove come l'introspezione psicologica appaiono nell'esordio cinematografico del romanziere Tadeusz Konwicki con Ostatni dzień lata (1958; L'ultimo giorno dell'estate) diretto insieme a Jan Laskowski. A partire dai primi anni Cinquanta si sviluppò in P. una scuola di cartellonistica cinematografica che divenne in breve tempo una delle migliori del mondo. Alla fine del decennio iniziò ad affermarsi (spesso a opera di disegnatori che si erano già posti in luce come cartellonisti) il cinema di animazione, nel cui ambito spiccano i nomi di Walerian Borowczyk e Jan Lenica.
Nel corso degli anni Sessanta scomparvero Cybulski, Munk, Kobiela e il musicista Krzysztof Komeda: con essi ebbe fine, oltre che un'epoca, anche uno stile. Munk se ne andava lasciando incompiuto un capolavoro, Pasażerka (1963; La passeggera), che descrive la vita nei campi di concentramento senza illusioni, come sadico gioco tra aguzzino e vittima. Man mano che passavano gli anni (e fu chiarissimo all'epoca di Solidarność), il nazismo divenne la grande metafora con cui ci si riferiva all'autoritarismo del regime. Le nouvelles vagues che in quell'epoca percorrevano l'Europa, con uno sguardo diverso consentito anche dalle nuove e maneggevoli macchine da presa che portavano i registi fuori dagli studi, toccarono anche la P. in modo originale. Tra i registi di quella generazione diventò subito celebre R. Polański, premiato per i suoi cortometraggi, tra cui Dwaj ludzie z szafa (1958, Due uomini con un armadio), dall'impostazione, più che surreale, filosofica (non c'è nessun posto sulla terra per i due protagonisti venuti dal mare che trasportano un armadio), e Ssaki (1962, I mammiferi), ancora più crudele nel raccontare l'egoismo umano. I cortometraggi e i documentari concedevano molto spazio all'analisi dei numerosi problemi indotti dalla rapida industrializzazione del Paese, mentre dell'enorme apparato burocratico, della prostituzione, dell'alcolismo e della piccola delinquenza non si trova traccia nei lungometraggi se non in forma molto allusiva. Tra i documentaristi si erano fatti notare Jerzy Hoffman, formatosi al VGIK di Mosca, che insieme a Edward Skórzewski diresse Uwaga, chuligani (1954, Attenzione, hooligans!), e Kazimierz Karabasz, il quale negli anni Sessanta avrebbe realizzato documentari sulla vita degli operai. Polański raggiunse la fama internazionale con il film d'esordio, Nóż w wodzie (1962; Il coltello nell'acqua) anticipatore della nuova 'onda', drammatico intreccio fra tre persone a bordo di uno yacht. Forte personalità dimostrò anche Jerzy Skolimowski, nel suo saggio di diploma Rysopis (1964; Ryposis ‒ Segni particolari: nessuno), da lui anche interpretato nel ruolo di un giovane che non trova il suo spazio nella vita, in Walkower (1965; Walkower), in Bariera (1966; Barriera), infine in Ręce do góry (1967; Mani in alto), una presa in giro dello stalinismo che fu bloccata dal regime e uscì solo nel 1981. Grande successo popolare di quegli anni, venduto in tutto il mondo, fu un film storico, Krzyżacy (1960; I cavalieri teutonici) di A. Ford, dal romanzo di H. Sienkiewicz, che narra la vittoria dei polacchi nel 1410 sui cavalieri dell'ordine teutonico dimostrando che il tema della resistenza e dell'identità nazionale era sempre vitale, nonostante il disincanto mostrato dai giovani nei loro film. Sull'onda di questo successo Wajda, Kawalerowicz e Has realizzarono film storici memorabili, Faraon (1966; Il faraone) di Kawalerowicz, in cui lotte di potere sono descritti con grande creatività scenografica, Piopoły (1965; Ceneri sulla grande armata) di Wajda, ambientato in epoca napoleonica come Rękopis znaleziony w Saragossie (1965; Il manoscritto trovato a Saragozza) di Has, dal romanzo di J. Potocki, saggio filosofico contro le superstizioni e racconto affascinante.
Con il suo percorso creativo Wajda dimostrò di essere al passo con i tempi, trovando in Daniel Olbrychski l'attore della nuova generazione, incarnazione di antiche glorie nazionali e di nuovi fermenti, interprete di altri suoi film: Wszystko na sprzedaż (1968; Tutto in vendita), confessione di una crisi personale e film sulla morte di Cybulski, Krajobraz po bitwie (1970; Paesaggio dopo la battaglia), ancora sui lager nazisiti per parlare dei destini della nazione, e Wesele (1973; Le nozze), dal dramma ottocentesco di S. Wyspiański, sulle due anime polacche, l'aristocratica e la contadina, la cui contrapposizione era ancora evidente nonostante la frenetica urbanizzazione e la trasformazione industriale in atto nel Paese.
Il cinema polacco cosiddetto della terza generazione è quello dei registi nati dopo la guerra e cresciuti sotto il regime socialista, e diversamente da quello della generazione precedente appare intriso di tematiche personali. Il suo rappresentante più illustre è Krzysztof Zanussi, fisico di formazione con studi di filosofia, che nelle sue opere pone interrogativi morali legati al progresso scientifico e ha portato nel cinema mondiale un rigore e uno sguardo inediti. Si fece notare fin dal film di diploma Śmierć provinciala (1966, Morte di un padre provinciale), già denso di spiritualità, e dai primi film prodotti dalla televisione, in cui poneva in evidenza la solitudine e l'indifferenza per il prossimo tipici della vita contemporanea (per es. Twarzą w twarz, 1969, Faccia a faccia), per raccontare poi gli interrogativi e le scelte della nuova borghesia socialista (per es. Struktura kry-ształu, 1969, La struttura del cristallo), e riaffermare la dimensione spirituale tipica dell'esordio negli anni in cui il suo cattolicesimo ha potuto mostrarsi senza problemi di censura (ma con risultati meno interessanti); alla fine degli anni Ottanta ha prodotto lo straordina-rio progetto del Dekalog (1989; Decalogo) di Krzysztof Kieślowski. Tra gli altri registi Marek Piwowski, famoso per i suoi cortometraggi, autore di Rejs (1970, Crociera), una commedia satirica di velenosa ironia sui costumi contemporanei; Andrzej Żuławski, autore di Trzecia część nocy (1972, La terza parte della notte), un film sulla guerra in cui i figli meditano sulla sorte dei padri, (dopo aver visto censurati tutti i suoi film il regista sceglierà la Francia); Antoni Krauze, colpito dalla censura dopo il suo esordio con Palec Boży (1973, Il dito di Dio). Dopo la Guerra dei sei giorni tra Israele e i Paesi arabi (1967) la P., così come l'URSS, ruppe le relazioni diplomatiche con Israele, e durante il VI congresso dei sindacati operai W. Gomułka affermò l'impossibilità di restare indifferenti verso coloro che dichiaravano di essere dalla parte dell'aggressore: iniziò così la repressione contro gli ebrei e alcuni registi (tra cui A. Ford) furono obbligati a emigrare rinunciando alla nazionalità polacca. Le manifestazioni del Sessantotto videro uniti studenti e cineasti (ma non gli operai, isolati nelle loro lotte fino all'epoca di Solidarność): i cineasti furono attaccati per i loro contatti con l'Occidente e i direttori delle unità di produzione furono esortati a partecipare alle riunioni di partito e costretti all'autocritica.
Nel 1970 Gomułka fu sostituito da E. Gierek, che promise ripresa economica e maggiore libertà di espressione. Delle unità di produzione costituite nel dopoguerra solo Iluzjon e Tor continuarono a esistere, furono fondate Kadr, Silezja, Profil, Pryzmat e X, diretta da Wajda, mentre una nuova generazione prese la direzione delle unità che avevano come obiettivo la riflessione sulla questione sociale e morale. La libertà di espressione fu effettiva, così che poté infine uscire un film, Człowiek z marmuru (1977; L'uomo di marmo) di Wajda, che segnò una svolta epocale, stimolando i giovani del gruppo X ad affermare le istanze politiche che sarebbero esplose nel movimento Solidarność. La risonanza del film fu enorme, anche in campo internazionale. Nel novembre 1978, poche settimane dopo l'ascesa al soglio pontificio del papa polacco Giovanni Paolo II, una presenza che ha influenzato anche la politica interna della P., si tenne il IV congresso dello Stowarzyszenie Filmowców Polskich (Associazione dei cineasti polacchi): Wajda fu eletto presidente, e il presidente uscente Kawalerowicz fu nominato presidente onorario. I cineasti misero a punto una serie di proposte per uscire dalla crisi del cinema causata dall'inflazione e dalla diffusione degli home video, che però non vennero prese in considerazione fino alla fine degli anni Ottanta.
Al Festival di Danzica del 1979 si fece notare un gruppo di opere, frutto della mobilitazione politica e delle esperienze della nuova generazione, complessivamente denominato 'il cinema dell'inquietudine morale'. Tra i film da segnalare Aktorzy prowincjonalni (1979; Attori di provincia) di Agnieszka Holland, Aria dla atlety (1979, Aria per un atleta) di Filip Bajon, Szansa (1980, Un'occasione favorevole) di Feliks Falk, Zmory (1979, Incubi) di Wojciech Marczewski. Andrzej Kotkowski, con Olimpiada 40 (1980, Olimpiade 40), mostrò con evidenza lancinante la resistenza in atto nel Paese, ambientata come di consueto in epoca nazista, mentre con Amator (1979, Il cineamatore), distribuito internazionalmente, Kieślowski rappresentò il nuovo atteggiamento dei cineasti, i quali intendevano assumere responsabilità etiche e politiche osservando l'uomo e la sua realtà. Nel 1980 un'ondata di scioperi investì il Paese, Solidarność fu riconosciuto come movimento politico e ripercussioni si manifestarono anche nel cinema: il Komitet ocalenia kinematografi (Comitato di salute del cinema) rivendicò il diritto alla libera espressione contro ogni censura, e l'anno successivo furono riorganizzate le unità di produzione. Durante gli scioperi dei cantieri navali di Danzica e i negoziati con il governo fu realizzato uno storico documentario, Robotnicy '80 (Operai '80), firmato da un gruppo di dodici registi guidato da Andrzej Chodakowski e Andrzej Zajączkowski, che restituisce momento per momento il clima dell'assemblea e i termini delle trattative (il titolo allude a un celebre documentario di Kieślowski, Robotnicy '71: nic o nas bez nas, 1972, Operai '71: nulla su di noi senza di noi, sulla repressione dello sciopero di Danzica del 1971). Anche Wajda si recò ai cancelli di Danzica, e girò Człowiek z żelaza (1981; L'uomo di ferro), seguito di Człowiek z marmoru, il cui titolo fu suggerito dagli operai che parteciparono in massa alle riprese. Il film vinse la Palma d'oro al Festival di Cannes, ma in P. fu tolto dalla circolazione subito dopo l'uscita nelle sale. La legge marziale del 13 dicembre 1981 bloccò il processo di rinnovamento, e in ambito cinematografi-co la dittatura militare di W.W. Jaruzelski cancellò ogni speranza di libertà di espressione: molti rappresentanti di Solidarność furono arrestati, numerosi dirigenti dei gruppi di produzione vennero licenziati, e tra essi Wajda, messo agli arresti domiciliari a Varsavia. La censura operava pesantemente, infierendo in particolare su Ryszard Bugajski, che con Przesłuchanie (L'interrogatorio) mostrò i crimini della polizia all'epoca dello stalinismo; il film, realizzato nel 1982, poté essere proiettato solo nel 1989. Tuttavia, grazie all'adozione di alcune misure specifiche, il cinema cominciò a ottenere risultati economici, e alcuni successi di cassetta portarono a un bilancio attivo. Tra questi Seksmisja, noto anche come Sexmission (1984) di Juliusz Machulski, un film che apparentemente gioca sui toni leggeri della commedia, ma è graffiante nel raccontare un Paese che subiva ogni forma di repressione e censura. Altri film di successo dello stesso anno furono Widziadło (Spettro) di Marek Nowicki e Thais di Ryszard Ber. La P. ha seguito poi la trasformazione in atto in tutta l'Europa dell'Est con il crollo del blocco sovietico: nel 1985 è stata liquidata la cinematografia di Stato e la Film Polski è divenuta una società a responsabilità limitata, anche se lo Stato ha continuato a limitare l'autogestione con il controllo delle fonti di finanziamento e delle copie dei film prodotti. Un cambiamento istituzionale decisivo è stato ratificato nel 1988, con una nuova regolamentazione che ha sancito la fine del monopolio di Stato nell'ambito del cinema: nel 1989 il Comitato cinematografico ha concesso la piena autonomia alle unità di produzione, vincolate però a coprire i costi di produzione per il 20%, mentre l'80% viene ancora garantito dai finanziamenti statali. Anche le unità sono divenute società a responsabilità limitata, pur mantenendo i nomi tradizionali. Nello stesso periodo le gravi difficoltà finanziarie hanno provocato un forte esodo di artisti e maestranze.
È stato proprio del 1989 il grande evento cinematografico del Dekalog, dieci puntate sui dieci comandamenti realizzati da Kieślowski da un'idea di Krzysztof Piesiewicz, l'avvocato che difendeva i militanti di Solidarność. Vero evento della Mostra del cinema di Venezia del 1990 e autentico capolavoro, quest'opera ha fatto compiere al popolo polacco una riflessione su sé stesso e sulla situazione del Paese, così come spessore si sono rivelati i successivi film del regista: La double vie de Véronique (1991; La doppia vita di Veronica) e la trilogia Trois couleurs: Bleu, Blanc, del 1993 e Rouge del 1994 (Tre colori ‒ Film blu, Film bianco, Film rosso).
Nel 1990 L. Wałęsa è stato eletto presidente della Repubblica. Nel 1991 è stata fondata un'agenzia di produzione cinematografica nel tentativo di risollevare la produzione nazionale con sovvenzioni statali. Ma i rapidi e profondi mutamenti attraversati e le incertezze generate dalla nuova prospettiva di ingresso nell'Europa hanno provocato nel cinema una battuta d'arresto dal punto di vista artistico, mentre il pubblico, stanco dell'impegno politico, ha accolto con favore l'invasione dei film americani un tempo proibiti, per poi stancarsi anche di quelli. Solo dalla fine degli anni Novanta si è avviata una ripresa: ne sono degli esempi opere grandio-se sulla riaffermazione dell'identità nazionale come Ogniem i mieczem (1999, A ferro e fuoco) di Hoffman e Pan Tadeusz (1999, Il signor Tadeusz) di Wajda dall'omonimo poema patriottico di A. Mickiewicz, o brillanti commedie come Kiler (1997, Killer) di Machulski e Cześć Tereska (2001, Ciao Teresa) di Robert Gliński. Il totale disinteresse per la politica che ha investito il Paese dopo gli anni di lotte e la trasformazione della società postcomunista si riflettono in Pagoda na jutro (2004, Il tempo di domani) di Jerzy Stuhr, uno degli attori preferiti di Kieślowski, commedia che sintetizza un'epoca nella quale ormai prevalgono i nuovi modelli capitalistici dei Paesi occidentali.
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J. Fuksiewicz, Le cinema et la television en Pologne, Warsawa 1976.
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M. Hendrykowska, Kronika kinematografii polskiej 1895-1997 (Cronaca della cinematografia polacca 1895-1997), Poznán 1999.
M. Hendrykowska, M. Hendrykowski, Cinema polacco, in Storia del cinema mondiale, a cura di G.P. Brunetta, 3° vol., L'Europa, t. 2, Torino 2000, pp. 1383-1414.