Polonia
(XXVII, p. 724; App. I, p. 945; II, ii, p. 571; III, ii, p. 447; IV, iii, p. 16; V, iv, p. 169)
Geografia umana ed economica
Dopo le note variazioni territoriali avvenute nel 20° secolo e i connessi spostamenti di popolazione, la P. è oggi uno Stato nazionale con minoranze etniche ridottissime. Meno dell'1% della popolazione è di lingua ucraina e bielorussa, lo 0,5% di lingua tedesca; il resto parla polacco e professa in grande maggioranza la religione cattolica. Negli anni Novanta il ritmo di crescita della popolazione (38.718.000 ab. nel 1998) si è notevolmente ridotto, scendendo al 2‰ annuo, non solo per la forte diminuzione della natalità, ma anche per l'emigrazione, che, finite le limitazioni governative, ha registrato una notevole impennata soprattutto nella prima metà del decennio.
La rete urbana polacca è policentrica e tra le più equilibrate d'Europa; si appoggia su diverse metropoli regionali di 400.000÷800.000 abitanti ciascuna, che sono spesso anche importanti città industriali, ben distribuite nel paese: Danzica a Nord, Stettino a Nord-Ovest, Poznań e Breslavia a Ovest, la conurbazione di Katowice e Cracovia a Sud, Lublino a Est, Bydgoszcz e soprattutto Łódź (la maggiore) al centro. La capitale, Varsavia (1.632.500 ab. nel 1997), è una delle tradizionali metropoli europee e accentra la maggior parte delle funzioni di servizio di livello superiore esistenti nel paese. In seguito a una riforma amministrativa, entrata in vigore il 1° gennaio 1999, la P. è ora divisa in 16 voivodati; in precedenza erano 49.
Condizioni economiche
L'economia polacca mantiene buoni caratteri di equilibrio, sia nella ripartizione delle attività tra i settori produttivi sia nella distribuzione territoriale dei potenziali produttivi. Abbastanza stabili risultano gli indicatori macroeconomici, i quali, a differenza degli altri paesi ex socialisti, non hanno subito particolari traumi nel periodo della transizione all'economia di mercato. Le privatizzazioni, sviluppatesi sia attraverso l'azionariato diffuso sia per opera di investitori stranieri, si sono estese senza problemi. Il PIL ha registrato nel corso degli anni Novanta una costante crescita, trainata soprattutto dalla domanda interna.
Malgrado si sia rivelata in questi ultimi anni come il più fragile dei settori produttivi, l'agricoltura continua a svolgere un ruolo importante nell'economia della P., specialmente nelle sue regioni settentrionali: più di un quinto della popolazione attiva, valore eccezionale per un paese sviluppato, continua a lavorare nell'agricoltura (basata da sempre sulla proprietà privata della terra). Le distese ondulate o pianeggianti, che declinano dal Sud al Nord del paese, si prestano alla coltivazione dei cereali: la P. è un buon produttore di grano e di orzo (nel 1998, rispettivamente, 95,4 e 36,1 milioni di q), è seconda in Europa (Federazione Russa esclusa) per l'avena, ed è addirittura il primo produttore mondiale di segale (56,6 milioni di q). Lo stesso vale per le piante sarchiate: per la patata (259,5 milioni di q nel 1998) il paese è il terzo del mondo dopo la Cina e la Federazione Russa, e anche la produzione di barbabietole da zucchero è assai rilevante. Meno importanti sono i prodotti orticoli e le colture arboree (notevole tuttavia la produzione di mele). Assai diffuso è l'allevamento, soprattutto dei suini (19,1 milioni di capi nel 1998), ma anche dei bovini e degli animali da cortile, ed è praticata con profitto la pesca marittima.
I cospicui bacini carboniferi polacchi continuano a essere intensamente sfruttati e con 139,9 milioni di t di carbone estratte nel 1997 fanno della P. il primo paese carbonifero europeo (Federazione Russa esclusa). Anche la lignite abbonda (62 milioni di t), mentre la produzione petrolifera è scarsa e il greggio viene tuttora importato dalla Federazione Russa e lavorato in una serie di raffinerie allineate lungo l'oleodotto dell'Amicizia. Ottime le posizioni della P. nelle graduatorie europee dei produttori di minerali metallici (piombo, rame, zinco) e anche di metalli preziosi come l'argento, di cui il paese è uno dei maggiori fornitori mondiali. La produzione di energia elettrica continua a basarsi largamente sulla combustione del carbone, mentre una battuta di arresto si è avuta nel ricorso al nucleare (è stata sospesa la costruzione della centrale di Żarnowiec sul Baltico) (v. fig.).
Grazie alle sue ricchezze minerarie, la P. è dotata, segnatamente nella sua parte meridionale, di un'importante industria siderurgica, metallurgica e meccanica; di quest'ultima è particolarmente sviluppato il settore della costruzione di mezzi di trasporto (materiale ferroviario, autoveicoli, cantieri navali, questi ultimi al Nord: Danzica, Gdynia e Stettino). Un'altra industria tradizionale polacca che si va rapidamente modernizzando è quella tessile, concentrata nell'area di Łódź per il cotone e nella P. meridionale per la lana. Non manca naturalmente una robusta industria chimica, legata alla produzione del carbone, all'importazione del petrolio e anche a vari giacimenti di sali.
Tutte queste attività economiche alimentano un differenziato commercio estero, che vede all'esportazione, come voci principali, prodotti industriali, ma anche materie prime come carbone e metalli. Il principale partner commerciale della P. - ormai il COMECON è solo un ricordo - è di gran lunga il suo ricco vicino occidentale, la Germania; segue l'Italia e solo al terzo posto viene ormai la Federazione Russa, seguita da Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti. Nell'economia terziaria si sta facendo strada il turismo balneare sul Baltico. *
bibliografia
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Storia
di Giampiero Brunelli
L'arduo cammino di democratizzazione intrapreso dalla P. negli anni Ottanta aveva trovato risposte solo parziali con la fine del regime socialista. La transizione dall'economia pianificata al mercato aveva infatti avuto pesanti conseguenze e provocato acuti disagi nella società. Anche la ripresa dei primi anni Novanta non era stata accompagnata da benefici diffusi: privatizzazioni e ristrutturazioni poco controllate avevano anzi causato la perdita di molti posti di lavoro. Aggravava il quadro un aspro clima politico, turbato da contrasti personali e continui conflitti nella ripartizione di competenze fra i principali organi dello Stato, cui non avevano potuto porre rimedio una serie di riforme costituzionali e l'adozione di una legge elettorale con soglia di sbarramento al 5%, contro la frammentazione della rappresentanza parlamentare. Così, il favore dell'elettorato (peraltro incline a un massiccio astensionismo) si era spostato verso i partiti di sinistra, formati in prevalenza da ex comunisti.
Sostenuto dalla coalizione dei raggruppamenti riusciti vincitori alle elezioni del 1993 (l'Alleanza della sinistra democratica, Sojusz Lewicy Demokratycznej, SLD, e il Partito contadino polacco, Polskie Stronnictwo Ludowe, PSL), il governo guidato da W. Pawlak (leader del PSL) aveva inteso dare nuovo impulso alla liberalizzazione della vita economica, attenuando però i perversi effetti sociali che essa aveva originato negli anni precedenti. Riuscì tuttavia, anche se limitatamente, a tener fede al programma presentato: in un'atmosfera generale di indecisione, l'esecutivo parve manifestamente privilegiare la proprietà statale, frenò le privatizzazioni, scoraggiando gli investimenti esteri, e si mostrò incline a favorire i propri sostenitori, attuando, per es. nel settore dell'agricoltura, una politica di protezionismo, invece delle riforme necessarie. Continuò, dunque, la crescita della disoccupazione, che provocò diffuse reazioni: già all'inizio del 1994 si ebbero scioperi e manifestazioni di piazza.
Nacquero presto attriti fra i partiti di governo: nel gennaio 1994, Pawlak destituì il vice ministro delle Finanze (SLD) per aver sottostimato il valore di un istituto bancario privatizzato e dopo poche settimane si dimise anche il ministro delle Finanze (e vice primo ministro) M. Borowski (anch'egli dello SLD), protestando per la violazione degli accordi di coalizione. Risultò particolarmente problematica la coabitazione fra l'esecutivo e il presidente della Repubblica, L. Wałesa (leader storico di Solidarność): in aprile, per contrastare una proposta di riforma della Costituzione che avrebbe attribuito alla Camera e non al capo dello Stato la ratifica delle nomine di governo, Wałesa tentò di sciogliere il Sejm (la Camera bassa). Quindi, nell'ottobre 1994, chiese e ottenne le dimissioni del ministro della Difesa, l'ammiraglio P. Kołodziejczyk, per aver sostanzialmente fallito le riforme programmate.
Il punto più alto dello scontro fu raggiunto a causa dell'opposizione di Wałesa all'aumento delle imposte sui redditi, sfociata nell'aperta istigazione, rivolta ai contribuenti, a ignorare le nuove aliquote (gennaio 1995). Il tribunale costituzionale lo obbligò a ratificare il provvedimento normativo, ma Wałesa tentò nuovamente di sciogliere il Parlamento (rifiutandosi di firmare la legge di bilancio dello Stato). Ne scaturì l'avvio della formale procedura di impeachment, che non ebbe seguito per il raggiungimento di un accordo fra maggioranza e presidenza della Repubblica: Pawlak si dimise dopo un voto di sfiducia (marzo 1995) e Wałesa acconsentì a siglare la legge finanziaria.
Nelle stesse settimane, J. Oleksy (SLD) assunse la carica di primo ministro. L'esordio a capo dell'esecutivo di un autorevole membro del partito di maggioranza relativa acuì il conflitto con le opposizioni: nel maggio 1995 si ebbero a Varsavia duri scontri con la polizia durante una manifestazione organizzata da Solidarność contro la crescente disoccupazione. Ancora disagevoli risultavano i rapporti con Wałesa: in luglio, infatti, questi pose il veto ai programmi di privatizzazione, con l'accusa all'esecutivo di privilegiare la proprietà statale. In questo clima si giunse al primo turno delle elezioni presidenziali dirette (5 novembre 1995), nelle quali emerse, con un leggero vantaggio su Wałesa (candidatosi per la rielezione), A. Kwaśniewski, leader dello SLD, che fu poi eletto con il 51,7% dei voti al turno di ballottaggio del 19 novembre.
Il successo di un ex membro del Partito operaio unificato polacco (Polska Zjednoczona Partia Robotnicza, PZPR), dominante nel precedente regime, nonostante qualche iniziale timore non arrestò il processo verso il cambiamento: apertura all'Occidente e conversione dell'economia verso il mercato rimasero i principali obiettivi politici in agenda. Il quadro si manteneva, nondimeno, molto difficile: dapprima i sostenitori di Wałesa tentarono di invalidare l'elezione di Kwaśniewski, imputandogli di non aver correttamente dichiarato all'elettorato i propri titoli d'istruzione, quindi furono portati pesanti attacchi a membri del governo, con accuse di una sostanziale continuità con il passato regime comunista. Così, alla fine del 1995, l'ex ministro dell'Interno annunciò di poter provare un'attività spionistica a favore dell'Unione Sovietica, sin dagli anni Ottanta, da parte del premier in carica. Oleksy tentò di difendersi, ma, nel gennaio 1996, si dimise. Solo quando la guida dell'esecutivo, sostenuto dalla stessa maggioranza (SLD, PSL, indipendenti) fu assunta da W. Cimoszewicz (uomo di vertice dell'Alleanza della sinistra democratica), l'inchiesta venne sospesa, per mancanza di riscontri probatori, e anzi emersero irregolarità nelle indagini condotte.
Il nuovo esecutivo nel giugno 1996 varò nuove regole sulla privatizzazione delle imprese di proprietà dello Stato (dopo che era fallito in materia un referendum per mancato raggiungimento del quorum). Iniziò nelle stesse settimane un braccio di ferro con i lavoratori dei cantieri di Danzica, falliti e sottoposti ad amministrazione controllata: mentre montavano le proteste sindacali, il governo tentò di dare garanzie ai lavoratori, assicurando nuove commesse. Forti critiche suscitò anche la firma di un trattato con la Federazione Russa per la fornitura di gas, che secondo l'opposizione metteva a rischio i posti di lavoro nell'industria estrattiva del carbone. Furono nondimeno i contrasti interni alla maggioranza a far sfiorare la crisi.
Già nell'agosto 1996 fu destituito il ministro per le Relazioni economiche con l'estero (J. Buchacz, PSL) per aver preso provvedimenti economici e finanziari discordanti con la politica del governo. Seguì (all'inizio dell'autunno successivo) un rimpasto, che non mise però al riparo da nuovi contrasti: in ottobre, infatti, il PSL decise di sostenere le opposizioni che promuovevano una legge per la revisione delle aliquote fiscali. La crisi fu scongiurata solo attraverso emendamenti al testo già votato. Ripresero anche le tensioni nel mondo del lavoro: al conflitto con gli operai dei cantieri di Danzica, rinvigorito alla fine del 1996 e destinato a conoscere una nuova escalation nei primi mesi del 1997, si aggiunsero lo sciopero del personale medico (che chiedeva un aumento degli investimenti nella Sanità, criticando l'ingresso dei privati nel settore) e una difficile vertenza con i minatori di lignite di Bełchatów, preoccupati che il ridimensionamento del piano energetico della locale centrale termoelettrica potesse causare la perdita di posti di lavoro. Queste tensioni sociali ebbero ripercussioni sulla compagine di governo: il ministro dell'Agricoltura, R. Jagielinski, fu destituito su pressione del suo stesso partito (PSL) all'inizio di aprile 1997, mentre solo l'appoggio compatto della maggioranza impedì la sfiducia verso il ministro della Sanità e degli Affari sociali.
In questo stesso, aspro contesto fu adottata una nuova Costituzione, votata il 2 aprile 1997 e approvata da referendum popolare il 25 maggio seguente: essa sanciva il passaggio a una forma di Stato compiutamente democratica, delineava i tratti fondamentali di una economia di mercato, ma con grande attenzione alle garanzie sociali; non vi comparivano, invece, gli espliciti richiami ai valori cristiani propugnati dai partiti di centro-destra. Il nuovo patto costituzionale non rasserenò il quadro politico: le opposizioni rilevarono una sostanziale continuità (se non istituzionale almeno ideologica) con il passato regime e contestarono addirittura i risultati del referendum popolare.
In luglio, l'attenzione si concentrò sulle massicce inondazioni e sullo straripamento dei fiumi Oder e Neisse, che causarono vittime e ingenti danni, soprattutto nel Sud del paese. Si arrivò quindi alle elezioni del 21 settembre 1997, contraddistinte ancora da bassa affluenza (48%), ma capaci di assicurare l'alternanza di governo. Emerse infatti (con il 33,8% dei suffragi) l'Azione elettorale di Solidarność (Akcja Wiborcza Solidarność, AWS), alleanza formata nel giugno 1996 da più di venti partiti e movimenti di centro-destra. A metà ottobre 1997, J. Buzek (membro di Solidarność fin dalla sua fondazione) fu chiamato alla guida del nuovo esecutivo, la formazione del quale fu completata dopo lunghi negoziati fra le molte forze della coalizione.
Il programma di governo, approvato dal Sejm all'inizio di novembre, indicò come punti prioritari l'integrazione nell'Unione Europea, l'ingresso nella NATO, l'accelerazione delle privatizzazioni, la riforma delle amministrazioni periferiche, la promozione dei valori cristiani. Agli inizi del 1998 si ebbero i primi segnali visibili di un nuovo clima: ebbe ratifica il concordato con la Santa Sede (firmato nel 1993 e lasciato lettera morta dalla maggioranza di sinistra) e fu reintrodotta una legge restrittiva sull'aborto, in più occasioni richiesta dal pontefice Giovanni Paolo ii. Fu quindi varata (luglio 1998), dopo ripetuti contrasti con il presidente Kwaśniewski, la riforma del governo locale. Si giunse altresì (nel settembre 1998) a licenziare il testo del nuovo codice penale, in modo da allineare il diritto e la procedura polacca agli standard europei. In campo economico, il governo Buzek procedette a importanti privatizzazioni (come quella dell'industria dell'acciaio, annunciata in giugno, e quella delle telecomunicazioni internazionali, in ottobre), si preparò alla ristrutturazione del settore minerario e varò la riforma del servizio sanitario favorendo l'ingresso dei privati. Verso la fine del 1998, in ragione di queste misure, sorse una nuova ondata di proteste, con scioperi di agricoltori, minatori, metalmeccanici. Quindi, nel gennaio 1999, le forti perplessità suscitate dal ruolo assegnato al privato nella riorganizzazione della sanità provocarono le dimissioni del ministro competente, J. Wutzow. Al fine di recuperare consenso nel paese, Buzek promosse un rimpasto della compagine di governo (marzo), nominando nuovi ministri della Sanità e dell'Agricoltura. Tuttavia, il clima sociale non parve rasserenarsi e si susseguirono scioperi e proteste nei settori dell'agricoltura e dell'industria.
Difficoltà sorsero nei rapporti con l'Unione Europea: ai contrasti seguiti all'introduzione di misure protezionistiche a vantaggio dei produttori di latte e degli allevatori di bovini (febbraio 1998), si aggiunsero i tagli dei finanziamenti comunitari decisi da Bruxelles per l'inidoneità dei progetti presentati dal governo polacco. Nondimeno, nel marzo 1998, furono avviati passi formali per l'adesione della P. all'Unione, consistenti in negoziati bilaterali per indirizzare l'adeguamento della normativa polacca e per verificare l'esistenza di strutture amministrative capaci di garantire una corretta applicazione del disposto legislativo comunitario. La P. ha anche mantenuto strette relazioni con l'Ungheria, la Repubblica Ceca e la Slovacchia, con cui ha dato vita al cosiddetto gruppo di Visegrád e, successivamente, all'Accordo di libero scambio dell'Europa Centrale (CEFTA, Central European Free Trade Agreement, 1992). Dopo il Trattato di amicizia e cooperazione con la Lituania (stipulato nel 1994), fu firmata nel maggio 1997 una dichiarazione di riconciliazione con il presidente dell'Ucraina. Sono sorti invece dissidi con la Bielorussia (febbraio 1998) per la questione del controllo dei confini orientali. Infine, dopo la firma (dicembre 1997) di un protocollo d'intesa in vista dell'ingresso nella NATO, all'inizio del 1999 la P. ha compiuto i passi conclusivi: il 17 febbraio il Parlamento ha dato mandato al presidente di ratificare l'adesione polacca all'Alleanza atlantica, con voto pressoché unanime, e il 26 febbraio Kwaśniewski ha siglato l'atto di ratifica, depositato negli Stati Uniti (12 marzo 1999) insieme a quelli di Ungheria e Repubblica Ceca.
bibliografia
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