Vedi Polonia dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Nella sua storia plurisecolare, la Polonia è stata al centro delle dinamiche geopolitiche e delle contese dei grandi imperi europei. Strate;gicamente collocato nel cuore del Vecchio continente, il territorio polacco fu oggetto, nel 18° secolo, di successive partizioni da parte dei tre grandi imperi che confinavano con esso: quello prussiano, quello austriaco e quello russo. Per effetto di tali partizioni, nel 1795 il paese scomparve dalla carta geografica dell’Europa, per tornare a essere uno stato indipendente solo nel 1918, all’indomani della Prima guerra mondiale, divenendo di fatto uno stato cuscinetto tra Germania e Russia. Nel 1939, l’invasione della Polonia ad opera della Germania nazista – e la successiva spartizione del paese tra questa e l’Unione Sovietica – scatenò la Seconda guerra mondiale, al termine della quale il territorio polacco, ancora rimodellato, assunse i confini odierni.
Durante il periodo della Guerra fredda il paese fu governato da un regime di ispirazione socialista e vicino all’Urss, alla pari degli altri paesi dell’Europa centro-orientale. Negli anni Ottanta fu principalmente dalla Polonia che si innescò quell’ondata di manifestazioni favorevoli a riforme che contribuì all’implosione del blocco socialista prima e dell’Unione Sovietica successivamente. L’attivismo della società civile polacca fu possibile grazie all’operato del sindacato Solidarność, guidato da Lech Wałęsa. Nel 1990 proprio quest’ultimo sarebbe divenuto il primo presidente della Polonia post-comunista. Nel corso degli anni Novanta Varsavia si è impegnata in un profondo processo di riforme politico-economiche: il riconoscimento dell’iter seguito nel decennio si è concretizzato prima nella sua ammissione alla Nato (1999) e poi, nel 2004, all’Unione Europea (Eu).
Le relazioni russo-polacche soffrono storicamente di una tensione che si è perpetuata e sedimentata nel tempo. Da parte polacca c’è la sofferenza maturata durante le decurtazioni e le partizioni territoriali, come quelle subite a fine Settecento e di cui beneficiò anche l’Impero russo; l’offesa subita dalla stipula del Patto Molotov-Ribbentrop del 1939, che stabilì la divisione della Polonia tra Germania e Unione Sovietica; infine, al termine della Seconda guerra mondiale, l’inizio del lungo assoggettamento all’Unione Sovietica. La storia della Polonia si è dipanata attraverso rapporti conflittuali non solo con la Russia ad est, ma anche con la Germania ad ovest, due poli antagonisti che ne hanno profondamente marcato l’identità culturale e politica e che tuttora, in un clima finalmente rasserenato, costituiscono due vettori significativi della proiezione esterna del paese.
Da parte russa, dall’età imperiale la Polonia è stata percepita come un territorio di propria pertinenza, strumentale alla costruzione e al mantenimento della sua grandezza, da riassoggettare ogni qualvolta fosse sfuggita al controllo. Più recente invece l’acredine per il paese, colpevole, con le proteste iniziate da Solidarno´s´c nei cantieri navali di Danzica, di aver incrinato il sistema dei satelliti sovietici e di aver innescato ‘l’Ottantanove’, che condusse rapidamente all’implosione dell’Unione Sovietica e alla fine del bipolarismo. Con l’entrata prima nella Nato nel 1999 e poi nell’Unione Europea nel 2004, la Polonia sancisce il suo definitivo ‘ritorno in Europa’ e l’adesione ai valori della comunità ruro-atlantica, tracciando una cesura netta con il passato sovietico. Si apre un periodo di tensioni fra Varsavia e Mosca che culmina con l’aperta condanna da parte del presidente Lech Kaczyn´ski dell’intervento militare russo in Georgia nell’estate del 2008. La politica del ‘reset the button’ fra il presidente americano Barack Obama e quello russo Dmitrij Medvedev contribuisce però all’avvio della riconciliazione anche fra Varsavia e Mosca.
Le prime timide avvisaglie risalgono al settembre 2009, con la partecipazione a Danzica del primo ministro russo Vladimir Putin alla cerimonia per il 70° anniversario dell’aggressione di Hitler alla Polonia. In quella occasione, Putin scrisse una toccante lettera ai polacchi parlando delle ‘ombre del passato’ che né ora né in futuro dovrebbero offuscare più la cooperazione tra i due paesi. Il primo ministro polacco Donald Tusk fu successivamente invitato da Putin il 7 aprile 2010 a partecipare alla prima cerimonia di commemorazione delle vittime del massacro di Katyn. I due capi di governo, nel silenzio irreale della foresta di Katyn, resero omaggio alle decine di migliaia di ufficiali polacchi prigionieri di guerra che nella primavera del 1940 furono segretamente massacrati in quei luoghi su ordine di Stalin.
Ma ecco che di nuovo la storia della Polonia si tinge di tragico quando l’aereo presidenziale polacco - un Tupolev Tu-154 di fabbricazione russa con a bordo il presidente Kaczyn´ski, sua moglie Maria e altre 94 persone, tutti alti esponenti dell’apparato statale e militare - precipita vicino all’aeroporto russo di Smolensk mentre si stavano recando proprio a Katyn. Si temeva che un evento così funesto e gravido di memorie storiche infauste potesse nuocere ai rapporti bilaterali ma, al contrario, la tragedia di Smolensk ha impresso un’accelerazione alla riconciliazione polacca-russa. Come segno di vicinanza alla popolazione polacca, la Russia ha proclamato un giorno di lutto nazionale e il film Katyn del regista polacco Andrzej Wajda è stato trasmesso in prima serata dalla televisione russa (in precedenza il passaggio del film era stato vietato). «Vi ringraziamo, fratelli moscoviti» titolava in prima pagina il quotidiano polacco Gazeta Wyborcza, fondato e diretto da Adam Michnik, combattivo dissidente e avversario del comunismo negli anni duri ed eroici della protesta. In autunno, intanto, la Russia ha proceduto con un altro significativo gesto di conciliazione verso la Polonia. La Duma, infatti, ha approvato (26 novembre 2010) una dichiarazione di condanna del massacro di Katyn, per il quale Stalin è stato ufficialmente accusato per la prima volta. La dichiarazione, inoltre, sostiene che il crimine fu commesso dal regime stalinista e dall’Unione Sovietica, definita come uno stato totalitario. Come rimarcato da Gazeta Wyborcza, «Il disgelo nelle relazioni Russia-Polonia rende ormai la politica estera una questione di interesse nazionale e non solo di paura o risentimento». Questa nuova fase di dialogo ha avuto riverberi positivi anche nella cooperazione tra la Russia e l’Unione Europea e, se proseguirà, sarà l’intero spazio paneuropeo - compreso lo spazio post-sovietico - a beneficiarne in termini di stabilità e sicurezza.
La Polonia, storicamente minacciata ad ovest dalla Germania e ad est dalla Russia, ha dunque smesso di considerare Berlino e Mosca come avversari, avviando un processo di normalizzazione che ha tuttavia conosciuto esiti non del tutto coincidenti. La Germania unita è ormai il primo partner commerciale di Varsavia. I rapporti con Mosca, invece, sebbene improntati alla collaborazione e al dialogo, vivono uno stato di latente diffidenza reciproca – generata in Polonia dal timore di un ritorno dell’influenza russa sullo spazio già politicamente o istituzionalmente assoggettato all’Urss. Non a caso, è soprattutto in chiave antirussa che Varsavia ha coltivato, nella fase successiva al 1991, relazioni stabili e profonde con gli Stati Uniti, sia a livello bilaterale, sia nell’ambito della struttura transatlantica della Nato.
Oggi la Polonia rimane un paese dalla notevole rilevanza strategica, tanto nel contesto dell’Eu, quanto nelle dinamiche proprie dell’area dell’Europa centro-orientale. Varsavia è ancora molto sensibile ai temi della sicurezza e ancor più a quelli collegati alle questioni energetiche. In questa prospettiva, l’approfondimento delle politiche comunitarie di vicinato nei confronti dell’Europa orientale costituiscono una priorità strategica per il paese. Assieme alla Svezia, la Polonia ha infatti promosso in ambito Eu il cosiddetto Partenariato orientale, un accordo di associazione stretto tra l’Eu e Armenia, Azerbaigian, Georgia, Moldavia, Bielorussia e Ucraina. La Polonia è inoltre tra i promotori, assieme a Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria, del Gruppo di Visegrád (anche detto V4), un’alleanza regionale volta a favorire una più stretta cooperazione tra i suoi membri nella cornice dell’Eu. Recente priorità dell’azione diplomatica polacca è stato il tentativo di rinvigorire il cosiddetto Triangolo di Weimar, un accordo tra Polonia, Francia e Germania finalizzato ad aumentare l’interdipendenza politica ed economica che, concluso nel 1991, era stato congelato durante gli anni della presidenza Kaczyński
Nei primi anni Novanta il Gruppo ha avuto un ruolo di rilievo nello sviluppo dei negoziati con l’Eu e la Nato. In seguito, tuttavia, la cooperazione ha subito un rallentamento, anche a seguito dell’ammissione nell’Eu di tutti e quattro i paesi, nel 2004. Recentemente la Polonia ha tuttavia ripreso a promuovere la cooperazione nell’ambito del Gruppo, proponendo una sorta di ‘cooperazione rafforzata’ nell’ambito della comune appartenenza all’Eu. Allo stato attuale i membri di Visegrád possono disporre di 58 voti al Consiglio dell’Unione Europea (quanti sono i voti di Francia e Germania insieme) e nel 2011 la presidenza semestrale del Consiglio è stata prima ungherese e poi polacca. Le priorità, come indicate anche nella Dichiarazione di Bratislava del febbraio 2011 in occasione del ventesimo anniversario del Gruppo, sono la competitività economica, l’attrazione di investimenti, la sicurezza energetica, la politica di vicinato con i paesi dell’Europa dell’Est e dei Balcani, i rapporti euro-atlantici e il rapporto con la Nato.
La Polonia è una Repubblica parlamentare con un sistema legislativo bicamerale, composto dalla Camera bassa, il Sejm (460 seggi), e dal Senato (100 seggi). La legislatura ha una durata di quattro anni e l’accesso al Parlamento è limitato da una soglia di sbarramento equivalente al 5% dei voti per i partiti e all’8% per le coalizioni. Sebbene i suoi compiti siano essenzialmente cerimoniali, il presidente della Repubblica è eletto direttamente dal popolo per un mandato quinquennale. L’ultima elezione presidenziale risale al luglio 2010, indetta anticipatamente a seguito della scomparsa dell’ex presidente, Lech Kaczyński, insieme a molti altri esponenti politici e militari polacchi in un incidente aereo nei pressi di Smolensk, in Russia. L’elezione alla presidenza di Bronisław Komorowski, appartenente al partito di governo della Piattaforma civica (Platforma Obywatelska, Po), contro il fratello dell’ex presidente, Jaroslaw Kaczyński del partito Legge e giustizia (Prawo i Sprawiedliwość, Pis), ha rappresentato un’ennesima conferma del progressivo cambiamento degli equilibri politici nazionali. Infatti, nonostante sia il Po che il Pis afferiscano all’area di centro-destra, gli anni di governo di quest’ultimo (2005-07) sono stati caratterizzati da un forte antieuropeismo e dal ritorno a una politica nazionalista. All’opposto, la nomina a primo ministro di Donald Tusk del Po a seguito delle elezioni parlamentari del 2007 ha modificato le direttrici di politica estera polacche, rilanciando i rapporti con l’Eu.
Ancora oggi le parrocchie, soprattutto nelle aree rurali del paese, fungono da perno della vita sociale e garantiscono servizi di assistenza alla popolazione in ambito sociale, sanitario ed educativo. La Chiesa continua a svolgere un ruolo attivo anche nella vita politica del paese, e la società civile polacca risulta spesso divisa sull’ingerenza di questa istituzione nella vita pubblica. Le campagne elettorali sono spesso caratterizzate da nette prese di posizione da parte della Chiesa polacca. La polemica circa l’influenza della Chiesa si riflette anche in ambito legislativo: Varsavia, per esempio, dispone di una delle leggi più restrittive sull’aborto in Europa. Nel 2009, inoltre, la Polonia ha ratificato il Trattato di Lisbona con una clausola di esenzione (opting out) nei confronti della Carta sui diritti fondamentali dell’Unione Europea, in quanto il partito Pis temeva che il paese potesse perdere la propria sovranità su alcune materie come aborto, matrimoni tra persone dello stesso sesso e eutanasia.
La Polonia è lo stato più popoloso tra i paesi dell’Europa dell’Est facenti parte dell’Eu. Tuttavia la tendenza demografica polacca è in calo e si stima che, dagli attuali 38 milioni di abitanti, il paese scenderà a 36,8 milioni nel 2030. Infatti, il tasso di crescita, negativo dal 1995, appare destinato a diminuire ulteriormente a causa del basso tasso di fecondità (1,27 figli per donna tra il 2005 e il 2010) e del fenomeno migratorio. Numerosi polacchi più o meno qualificati sono emigrati in altri paesi europei, soprattutto dal 2004, anno di ingresso nell’Eu.
Da un punto di vista etnico la popolazione polacca è piuttosto omogenea, benché vi siano esigue minoranze tedesche, ucraine, bielorusse e rom. Nonostante le minoranze siano tutelate dalla legge e sostenute finanziariamente, la minoranza rom è oggetto di discriminazioni nell’istruzione e nel mercato del lavoro e, più in generale, i casi di discriminazioni razziali registrati sono in aumento. Nel 2010 la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione contro la Polonia per la mancata attuazione di alcune disposizioni europee sul divieto di discriminazione.
La maggioranza della popolazione polacca è cattolica (94%), mentre vi sono alcune minoranze di cristiani ortodossi, testimoni di Geova, luterani ed ebrei. La tradizione cattolica è quindi una componente centrale della società polacca.
Il sistema educativo polacco è solido: già durante l’epoca sovietica l’istruzione era una priorità e il tasso di alfabetizzazione era elevato. Tuttavia, la formazione era incentrata attorno alle necessità di un’economia pianificata e non ai settori importanti per un’economia emergente, quali finanza e information technology. Il sistema educativo ha inoltre risentito dei tagli e della recessione degli anni Novanta e la qualità dell’istruzione è più bassa nelle campagne, dove vive circa il 40% della popolazione.
La Costituzione polacca garantisce la libertà di espressione e vieta la censura. La diffamazione è un reato, sebbene un emendamento al codice penale del novembre 2009 abbia alleggerito la pena associatale. I media polacchi sono numerosi (tra di essi si contano circa 300 testate giornalistiche), per la gran parte privati e di proprietà di stranieri. La televisione di stato domina il settore, ma la concorrenza di canali privati e stranieri è sempre più incalzante.
La corruzione è diffusa e, spesso, impunita. Nell’ottobre 2009 il capo dell’ufficio anticorruzione è stato accusato di abuso di potere per aver favorito la corruzione tra i funzionari.
Le donne, pur essendo impiegate in numerosissimi settori professionali, sono sottorappresentate e meno remunerate rispetto agli uomini nelle posizioni dirigenziali pubbliche; inoltre esse sono sottorappresentate nelle principali istituzioni politiche (con le elezioni del 2007 occupano solo un quinto dei seggi nella Camera bassa e l’8% in Senato), nei tribunali e nelle università. L’alto tasso di violenza domestica rappresenta un’ulteriore fonte di preoccupazione.
Nel 2009 la Polonia è divenuta l’ottava economia dell’Eu in termini di pil. Il pil pro capite del paese rimane tuttavia piuttosto basso (poco oltre i 19.000 dollari) rispetto alla media europea (oltre 31.000) e rispetto a quello degli altri membri del Gruppo di Visegrád.
Durante il periodo sovietico l’economia polacca era fortemente incentrata sull’industria pesante e su quella estrattiva: il paese divenne un grande produttore di carbone, rame e zolfo, mentre il settore dei servizi era poco sviluppato. Viceversa, con la transizione all’economia di mercato negli anni Novanta i servizi hanno registrato il maggior sviluppo e contribuiscono oggi al 55% del pil. L’agricoltura, che conta per il 5% del pil, è ancora un settore di rilievo, considerando che impiega il 15% della popolazione attiva. Proprio l’agricoltura ha potuto beneficiare di più di 13 miliardi di euro, ricevuti nell’ambito della politica agricola comune dell’Eu. L’industria, che contava ancora per il 37,5% del pil nel 1996, contribuisce oggi al pil per il 31% e produce prevalentemente autoveicoli, macchinari e prodotti alimentari.
In generale le regioni occidentali del paese, più vicine alla Germania, sono più ricche e hanno attratto più investimenti – le prime quattro regioni più produttive della Polonia, sulle sedici totali, contribuiscono insieme a circa la metà dell’intero pil nazionale. Al contempo il paese ha attratto più investimenti diretti dall’estero rispetto agli altri paesi del Gruppo di Visegrád (nel 2009, il flusso ha superato gli 11 miliardi di dollari).
Dall’inizio del 21° secolo la Polonia ha fatto registrare una crescita sostenuta: persino nel 2009, anno di crisi per la massima parte delle economie europee, il pil polacco è cresciuto del 1,7%. Tra i fattori che hanno permesso tale risultato vi è la riduzione del deficit della bilancia commerciale (−4,3 miliardi di dollari nel 2009), grazie alla diminuzione delle importazioni e a nuovi investimenti nel settore delle esportazioni.
Un elemento di rischio per l’economia del paese è tuttavia il deficit di bilancio, che resta molto elevato (−7,1% sul pil nel 2009, rispetto al −3,7% nel 2008): il paese rimane lontano dall’ottemperanza dei criteri di Maastricht che gli permetterebbero di accedere alla zona euro. Tale obiettivo, inizialmente previsto per il 2012 dal governo Tusk, non sembra invece destinato a realizzarsi prima del 2015.
Per quanto concerne il commercio con l’estero, la Polonia esporta tradizionalmente materiali grezzi e prodotti semi-lavorati. Recentemente, le esportazioni sono passate a essere costituite anche da macchinari, prodotti alimentari, tessili e d’arredamento. Principale partner commerciale è la Germania, seguita da Italia e Francia. L’Eu nel suo complesso è il principale partner commerciale già dagli anni Novanta, anche se la Russia è ancora un grande fornitore di energia e gli scambi commerciali con la Cina sono in aumento.
La Polonia è una importante produttrice di carbone (che conta per il 56% dell’energia consumata dal paese), mentre produce piccole quantità di gas e petrolio. Le rinnovabili rappresentano una quota relativamente minoritaria del mix energetico (6,3%) e attualmente il governo sta discutendo la costruzione di tre impianti nucleari, sebbene l’opposizione dei cittadini sia forte.
Anche in considerazione del fatto che la crescita economica provoca un aumento dei consumi energetici, la Polonia punta ad accrescere la propria sicurezza energetica, aumentando l’efficienza e diversificando i propri partner di importazione. Il paese dipende in massima parte dalla Russia, che fornisce a Varsavia più dell’80% del gas necessario. Anche a seguito della crisi del gas tra Russia e Ucraina – che ha evidenziato la possibilità da parte di Mosca di mettere in ginocchio il sistema produttivo di un paese senza risentire in maniera eccessiva della mancanza di entrate finanziarie – la Polonia ha intensificato gli sforzi di diversificazione, concludendo un accordo con la Repubblica Ceca per la costruzione di un gasdotto tra i due paesi e progettando un terminale di rigassificazione a Świnoujście, sulle coste del Mar Baltico. Il paese promuove inoltre una maggiore cooperazione energetica tra i paesi del Gruppo di Visegrád: oltre all’accordo con la Repubblica Ceca, nel 2011 Varsavia ha concluso un accordo con la Slovacchia per uno studio di fattibilità su un gasdotto che connetta i due paesi. La sicurezza energetica è indicata tra le priorità nell’agenda polacca per la presidenza Eu del secondo semestre del 2011.
Il petrolio è attualmente importato prevalentemente dalla Russia tramite l’oleodotto Druzhba (letteralmente ‘amicizia’, dal momento che tra gli anni Sessanta e la fine degli Ottanta il gasdotto collegava l’Unione Sovietica ai paesi europei del Patto di Varsavia), che transita attraverso la Bielorussia. In vista di una diversificazione dei partner petroliferi la Polonia, assieme ad altri paesi europei interessati al progetto (Austria, Slovacchia e Ungheria), sostiene la costruzione dell’oleodotto Odessa-Brody-Danzica.
La Russia, tuttavia, ha interesse a diversificare le rotte energetiche verso l’Europa occidentale al fine di evitare il transito da Ucraina, Bielorussia e Polonia, paesi che ad oggi beneficiano di prezzi del gas scontati proprio in virtù dei diritti di transito che possono riscuotere sul loro territorio. Per questo la Russia è stata una grande sostenitrice del progetto di gasdotto sottomarino Nord Stream, che dovrebbe entrare in funzione dal 2012, e che collegherà direttamente Russia e Germania (anche quest’ultima forte consumatrice del gas russo) passando dal Mar Baltico.
Allo stesso tempo, nel novembre 2010 Russia e Polonia hanno firmato un nuovo contratto per la fornitura e il transito di gas russo, che dovrebbe aumentare la fornitura di metano a Varsavia di circa 11 miliardi di metri cubi tra il 2012 e il 2022. L’accordo ha temporaneamente risolto una controversia iniziata nel 2006 sulle tariffe di transito del gasdotto Yamal-Europa: all’epoca la Polonia chiedeva l’aumento da 1,94 a 2 euro per 1000 metri cubi di gas ogni 100 chilometri, mentre l’impresa russa Gazprom rivendicava la legittimità della tariffa di un precedente accordo tra Polonia e Russia.
Il declino dell’industria pesante ha provocato una contrazione nelle emissioni di anidride carbonica e di gas serra, e lo stesso effetto è stato accelerato dall’introduzione di una più solida legislazione ambientale. Tuttavia Varsavia è al sesto posto nell’EU per emissioni di CO2.
La Polonia mira a ridurre la quota di carbone nell’energia consumata, ma quest’ultimo resta ad oggi l’unica alternativa al gas e al petrolio russi e contribuisce alla produzione di circa il 94% dell’elettricità. Il paese è critico nei confronti degli obiettivi ambientali della strategia ‘Europa 2020’, che prevedono di diminuire entro quella data le emissioni di CO2 del 20% e di ottenere il 20% di energia tramite fonti rinnovabili. Varsavia rivendica infatti la necessità di poter disporre di tempi maggiori: nel caso polacco il raggiungimento degli obiettivi nei tempi prefissati potrebbe comportare prezzi troppo elevati per l’elettricità, e quindi per lo sviluppo economico, o aumentare eccessivamente la dipendenza energetica da Mosca.
Storicamente, Varsavia ha sempre percepito il proprio territorio come minacciato dalle mire espansionistiche dei suoi vicini e accerchiato da potenze ostili: per questo, il paese pone a tutt’oggi la sicurezza dei propri confini in prima posizione nella definizione degli interessi vitali di politica estera. Attualmente, i rapporti transatlantici con gli Stati Uniti rappresentano la prima garanzia alla sicurezza territoriale. L’ingresso nella Nato, nel 1999, ha costituito il principale strumento per garantirsi la protezione statunitense, nel quadro della difesa transatlantica comune. Tuttavia, negli ultimi due anni Varsavia ha anche migliorato sensibilmente i rapporti con la Russia, potenziale fonte di preoccupazione a est.
Sebbene l’ex presidente statunitense George W. Bush avesse avviato un progetto per l’installazione di sistemi antimissilistici sul territorio polacco – progetto che incontrava il favore di Varsavia –, l’attuale amministrazione Obama ha cancellato la proposta, permettendo alla Polonia di avviare la distensione dei rapporti con la Russia.
Il congelamento del progetto dello scudo antimissile non ha del resto destato preoccupazione o risentimenti nei confronti di Washington e la Polonia ha dimostrato di voler mantenere gli stretti legami con gli Stati Uniti, che si sono andati sviluppando nell’ultimo decennio. L’attuale governo Tusk, responsabile della decisione di ritirare il contingente polacco dall’Iraq nel 2008 (nonostante l’opposizione dell’allora presidente Kaczyński), ha incrementato il contingente polacco schierato in Afghanistan, rispondendo positivamente all’appello di Barach Obama circa un maggiore sforzo da parte di tutti i partecipanti alla missione Isaf della Nato. Le truppe polacche in Afghanistan sono così passate da circa 2000 a più di 2500 effettivi, rendendo Varsavia il settimo paese per numero di truppe attualmente impiegate nella missione. Inoltre, il governo polacco ha optato per la decisione strategica di concentrarsi maggiormente sulle missioni militari in ambito Eu e Nato, ritirando i propri contingenti da tutte le missioni delle Nazioni Unite, come quelle in Libano, in Ciad e sulle Alture del Golan. In tal modo la Polonia ha potenziato la cooperazione in ambito europeo e transatlantico, ma a scapito del suo impegno sul fronte del peacekeeping internazionale.