(o Poseidone; gr. Ποσειδῶν) Divinità degli antichi Greci, identificata dai Romani con Nettuno (➔). Secondo un antico mito, nella divisione del mondo tra i figli di Crono, a P. spettò il mare e in genere il regno delle acque. Divinità già conosciuta nell’età micenea, P. è tra le maggiori del pantheon greco, inferiore (ma in certo senso pari) solo al fratello Zeus. La sua potenza si manifesta essenzialmente negli sconvolgimenti tellurici e marini (da qui l’epiteto di ἐννοσίγαιος o σεισίχϑων «scotitore della terra»); gli sono sacri il toro, il cavallo, il delfino, animali che variamente personificano la forza generatrice della natura, la velocità, l’elemento acqueo e terrestre. Il cavallo e il toro inoltre sono legati al culto degli Inferi e P. è infatti, almeno in origine, divinità ctonia. Aspetti di P. come dio infernale rimangono ancora nei culti greci dell’età classica. Suo simbolo è il tridente, con il quale scuote la terra e ne fa zampillare le sorgenti: in Atene, nell’Eretteo, si mostrava una profonda cavità nel suolo, segno lasciato dal tridente di P. quando, in gara con Atena per il predominio sulla città, fece scaturire una fonte. Secondo un’altra versione P. fece sorgere dalla roccia un cavallo (ma fu vinto dalla dea Atena che donò l’ulivo). Nella mitologia, P. appare come padre di mostri personificanti la violenza della natura e come progenitore di popoli fantastici e terribili, come i Lestrigoni e i Ciclopi.
Il nome di P. ricorre in tavolette micenee in scrittura lineare B. Culti antichissimi erano diffusi in Beozia e in Tessaglia, dove gli si attribuiva la creazione della Valle di Tempe. Il culto di P. era presente in tutto il Peloponneso e nella zona dell’Istmo si celebravano in suo onore le feste panelleniche Istmie (➔ Istmia). Calauria fu il centro dell’antichissima anfizionia che aveva P. come patrono. In Arcadia P. proteggeva l’agricoltura; in Attica e nelle isole ioniche il suo culto ebbe grande importanza e attorno al santuario di P. Eliconio si riuniva la Dodecapoli ionica. In Magna Grecia, P. fu onorato specialmente a Taranto e Posidonia (➔ Paestum).
L’arte arcaica lo raffigura barbato, panneggiato, con il tridente e il tonno, cui poi si sostituisce il delfino. Compare nell’accolta di divinità insieme con Anfitrite, mentre è raffigurato in azione nelle scene di gigantomachia. Nudo, con clamide intorno alle braccia, barbato o imberbe, in atto di scagliare il tridente è il tipo consueto delle monete di Posidonia. Fidia l’aveva rappresentato in gara con Atena per il possesso dell’Attica nel frontone ovest del Partenone; Scopa in un famoso gruppo con Anfitrite e corteggio marino. A Lisippo risale forse il tipo nudo in riposo con piede poggiato sulla prua di una nave.