Nella teologia cattolica, «il piano secondo cui Dio ordina la creatura razionale al conseguimento della vita eterna» (s. Tommaso). Nessuno è escluso dalla beatitudine eterna senza sua colpa, poiché Dio ha predestinato tutti gli uomini a essere conformi al proprio Figlio che si è fatto uomo.
Il concetto di p. trova il suo fondamento scritturistico sia nel Vangelo, dove si parla di un regno preparato agli eletti fin dalla fondazione del mondo (Matteo 25, 34), sia soprattutto nell’epistolario paolino: «quelli che egli ha preconosciuti li ha ancora predestinati a essere conformi all’immagine del suo figliolo, sì da essere lui primogenito tra molti fratelli: e quelli che ha predestinati, questi ha anche chiamati, e quelli che ha chiamati, li ha anche giustificati» (Rom. 8, 29-30). Lo sviluppo teologico del concetto è particolarmente legato ad alcune famose controversie, prima fra tutte quella pelagiana (Pelagio e i suoi seguaci negavano sia la prescienza di Dio sia la p. e identificavano il libero arbitrio con la grazia) che provocò l’approfondimento del problema da parte di s. Agostino. Vi fu poi il predestinazionismo (tanto la salvezza quanto la dannazione eterna dell’uomo dipendono esclusivamente dalla volontà di Dio) di Gotescalco, ripreso nel 14° e 15° sec. da J. Wycliffe e da J. Hus. Lutero elaborò una teoria della salvezza fondata sulla negazione del libero arbitrio e sulla concezione della fede che giustifica senza le opere, ripresa e sviluppata da M. Baio. Un’accentuazione pessimistica dei motivi agostiniani fu a fondamento del giansenismo. Tra 16° e 17° sec. anche all’interno dell’ortodossia cattolica s’incontrano tesi contrastanti su alcuni aspetti della p., e in particolare sul problema della causa della p., del motivo cioè che spinge Dio a destinare la salvezza soltanto a un certo numero di uomini e non a tutti.
Nella teologia contemporanea (sia protestante sia cattolica), la p. viene vista come parte della buona novella. K. Barth, per es., precisando la dottrina della doppia p. (alla salvezza e alla dannazione), afferma che in Gesù Cristo tutti sono eletti e che in lui non ci sono più riprovati, dal momento che egli ha assunto in modo vicario la riprovazione di tutti. L’applicazione storica dell’elezione avviene attraverso la mediazione della Chiesa. Anche la teologia cattolica sottolinea piuttosto l’amore universale di Dio, che diventa concreta realtà salvifica nel mistero di Cristo e della Chiesa. Esclude pertanto ogni predeterminazione assoluta e indipendente dalla volontà dell’uomo. La volontà di Dio e quella dell’uomo non sono realtà contrapposte e irrelate, ma in armonia per realizzare il fine della salvezza eterna dell’umanità.