Disciplina che studia gli accadimenti della vita psichica patologica, inquadrandoli in concetti generali che ne esprimono le condizioni di insorgenza, le dimensioni, le modalità di manifestazione e i reciproci rapporti. Come disciplina che ha per obiettivi teorie generali, che possono non avere applicazione pratica immediata, la p. differisce dalla psichiatria, che invece affronta problemi clinici individuali per fini di utilità immediata. Rapporti con la neurofisiologia e con la neuropsicologia sono accettati solo da alcune correnti che indagano la patologia mentale in termini di perturbamenti di funzioni psichiche e che chiedono essenzialmente alla p. un’interpretazione esplicativa dei sintomi e dei rapporti che essi reciprocamente assumono nella strutturazione delle differenti sindromi. In questo tipo d’indagini vanno annoverati i contributi della scuola francese neojacksoniana (➔ neojacksonismo), che interpreta la struttura e la genesi dei quadri psicopatologici in termini di evoluzione e dissoluzione delle funzioni del sistema nervoso. Una netta autonomia dalla patologia somatica e quindi da tutte le scienze biologiche, nonostante la riconosciuta unità psicofisica dell’uomo, è affermata da K. Jaspers, cui la p. deve, più che a ogni altro, la dignità di disciplina autonoma e che per primo ha accostato alla p. il pensiero fenomenologico. Sempre nell’ambito del pensiero fenomenologico, ma su un piano diverso, si pongono E. Minkowski e L. Binswanger, i quali, pur con differente angolazione, pongono l’accento sull’aspetto qualitativo, sui caratteri essenziali dei fatti patologici, su come il soggetto vive ed esprime le proprie particolari esperienze.
La p. psicanalitica, nelle sue diverse varianti, è orientata alla ricerca delle cause (istinti, meccanismi, conflitti ecc.) che operano a livello inconscio e che possono essere ritenute responsabili delle manifestazioni morbose.