In etnografia, nome (sp. «villaggio») attribuito a un tipo particolare di insediamento, diffusissimo nella regione del sud-ovest degli USA (odierni Stati dell’Arizona e del New Mexico) nell’epoca precolombiana e ancor oggi sussistente in forma e numero ridotti (v. fig.). Nei p. le case sono disposte in file continue e successive a piani crescenti. Il materiale da costruzione è il mattone d’argilla cotto al sole; le porte sono piccole e talvolta sostituite da aperture praticate nel tetto, accessibili con scale a pioli. Le ricerche archeologiche hanno scoperto centinaia di p., di varie epoche (specialmente nella valle del fiume San Juan: P. Bonito, Peñasca Blanca, Hungo Pavie ecc.).
Gli abitanti dei p. preistorici sembra siano direttamente collegabili al gruppo amerindio dei Pueblos, che tuttora abitano questi villaggi. Già da epoche remote i Pueblos avevano un’agricoltura sviluppata, conoscevano l’irrigazione artificiale, allevavano il tacchino, tessevano il cotone su telai verticali, fabbricavano (a colombino) una bella ceramica dipinta. Come armi, avevano il bastone ricurvo da lancio, l’arco semplice, il propulsore per i giavellotti. Il contatto con i Bianchi portò all’adozione del ferro, del vetro per le finestre delle loro costruzioni, a nuove forme di coltivazione e di allevamento (pecora, asino). Caratterizzati da clan a discendenza matrilineare, da un punto di vista linguistico i Pueblos non formano una unità: quelli di lingua hopi appartengono alla famiglia linguistica uto-azteca, altri rientrano parte nella famiglia linguistica Tano (che comprende il tiwa, il towa e il tewa, tutti nella valle del Río Grande), parte in quella Keres (o Queres) diffusa a San Felipe, Santa Ana, Santo Domingo, Acoma, Laguna ecc.; i restanti parlano la lingua zuñi (nel villaggio omonimo del New Mexico).