Nome con il quale si designano le specie appartenenti al genere Gossypium (famiglia Malvacee) e i peli che rivestono i semi e che sono utilizzati come materia tessile.
Le specie spontanee di Gossypium sono suffrutici o frutici, alte 1-4 m; le forme coltivate sono anche annue. Tutte hanno fusto ramoso, foglie palmato-lobate o partite, fiori solitari, provvisti di un calicetto di 3 ampie brattee, più o meno incise, calice gamosepalo, cupuliforme, piccolo, persistente come il calicetto, corolla di 5 petali obovati, bianchi, rosei, gialli, di solito con una vistosa macchia rossa alla base, stami numerosi con i filamenti saldati, ovario 3-5 loculare con molti ovuli. Il frutto è una capsula coriacea, ovata, loculicida; talora le logge sono 4 o anche 3. I semi, subglobosi, oblunghi o angolosi, della lunghezza di 8-12 mm, larghi 5-6 mm, sono rivestiti di peli fittissimi, più o meno lunghi, derivanti dalle cellule dell’epidermide del tegumento; hanno albume tenue o nullo. Il fusto e le foglie sono glabri o pubescenti. Nettari extranuziali si hanno alla pagina inferiore della foglia, all’apice del peduncolo fiorale e alla base del calice.
In rapporto ai peli dei semi i c. si dividono in 3 gruppi. Il primo ha solo peli lunghi che si utilizzano per la filatura (flint) e si staccano facilmente dal guscio: c. a semi ‘nudi’ o ‘neri’ (in commercio naked o black-seeded cottons, come Gossypium barbadense). Il secondo ha peli lunghi, tessili, e peluria fitta di peli cortissimi (fuzz), che persistono dopo aver separato i peli tessili: c. a semi ‘vestiti’ (fuzzy seeded cottons); la peluria, isolata con apposita operazione, costituisce i linters. Il terzo, con semi rivestiti solo da corta peluria, non è coltivato. Il colore dei peli dei c. coltivati è bianco, ma anche rossastro, fulvo ecc.; le specie selvatiche hanno tutte peli rossastri. Si cerca di ottenere razze a fibre colorate naturalmente in giallo, rosa, verde, blu ecc., il cui colore è più resistente di quello delle fibre colorate artificialmente. I peli sono unicellulari, con la parete di cellulosa quasi pura. Al microscopio hanno aspetto di nastro o tubo appiattito, piegato a tratti su sé stesso, con pareti di vario spessore; la sezione trasversale è ellittica od ovale. Il pelo è tutto rivestito da una esilissima cuticola.
Esiste circa un migliaio di nomi di varietà e razze. La loro sistematica è oltremodo complessa e vi è disaccordo sulle specie da considerare spontanee; neanche le analisi cariologiche hanno chiarito del tutto il problema dell’origine delle diverse varietà, né il valore sistematico delle specie, probabilmente una quarantina. I cotoni coltivati meglio caratterizzati sono: Gossypium herbaceum, erbaceo, di origine indiana, con semi vestiti a peluria grigia; G. hirsutum, erbaceo, d’origine americana, con semi a peluria grigia o verdastra; G. barbadense, erbaceo, americano, con semi nudi; G. arboreum, arboreo, originario dell’estremo oriente, con semi vestiti a peluria grigio-verde; G. brasiliense, arboreo, americano, con semi nudi saldati in un’unica massa.
La coltura e l’utilizzazione del c. sono antichissime e pare abbiano avuto origine indipendente in diversi punti della terra; il paese di più remota coltivazione sembra essere l’India, donde si diffuse in altri paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’Europa; nel 9° sec. fu portato in Sicilia dai Saraceni. Gli Europei al loro arrivo in America trovarono il c. coltivato nell’America Centrale e Meridionale, mentre la sua diffusione nell’America Settentrionale è relativamente recente.
Il c. è pianta da rinnovo, che però può essere coltivata per diversi anni nello stesso terreno; teme l’aridità, ma anche le eccessive piogge nel periodo della maturazione, che deteriorano il prodotto e favoriscono lo sviluppo dei parassiti. Nei paesi asciutti l’irrigazione è necessaria per favorire la germinazione dei semi. La semina si fa in primavera, seguita poi dal diradamento; sono necessarie molte cure colturali tra cui le sarchiature. La raccolta è operazione lunga e delicata, che può prolungarsi anche per 2-3 mesi perché la maturazione è graduale. Può essere eseguita manualmente o meccanicamente tramite macchine raccoglitrici di cui esistono due tipi: le distaccatrici di capsule e le raccoglitrici di fibre.
I c. coltivati sono soggetti a molte malattie e agli attacchi di vari insetti. Il più pericoloso è l’antonomo o punteruolo del c., coleottero lungo 5 mm, che depone le uova nelle capsule molto giovani; è molto diffuso in America. Delle malattie causate da parassiti vegetali, si ricordano il male del mosaico, l’antracnosi, il marciume delle capsule e il marciume radicale. Per far fronte all’azione dei parassiti sono stati messi a punto c. transgenici, come il Bollgard-2, capace di proteggersi dai parassiti grazie all’inserimento di due geni ‘insetticidi’.
La produzione mondiale di c. ha segnato un notevole incremento verso la metà degli anni 1990, manifestando in seguito una tendenza costante alla contrazione: fra il 2008 e il 2009 la produzione modiale di c. è cresciuta solo dell’1%. Il c. viene coltivato in una settantina di paesi nel mondo, ma i due terzi della produzione mondiale sono concentrati nell’area continentale asiatica (Cina, India, Pakistan) e negli USA. Tra i paesi produttori la Cina occupa il primo posto, seguita da Stati Uniti, India, Pakistan, Uzbekistan e Brasile; in Europa i principali produttori sono Grecia e Spagna
Grandi esportatori di c. sono USA, Grecia, Australia, Costa d’Avorio, Brasile, Argentina. Tra i paesi importatori Messico, Giappone, Rep. di Corea, paesi in cui grazie al basso costo della manodopera si è sviluppata una fiorente industria tessile che esporta prodotti in tutto il mondo. Tra i primi importatori continua a esservi l’Italia, mentre l’esportazione dei filati ha registrato una flessione accentuata.
Operazioni dopo la raccolta. - Il c. raccolto, prima dell’invio al cotonificio, è sottoposto a sgranatura, pressatura e imballaggio; tali operazioni si compiono in stabilimenti agricoli industriali, detti ginniere. La sgranatura (o ginnatura) separa la fibra dal seme ed elimina le impurità di vario genere (frantumi di foglie, ramoscelli ecc.) che possono essersi mischiati alle fibre. La pressatura ha lo scopo di ridurre il volume occupato dal c. per facilitarne il trasporto; si effettua con presse idrauliche che comprimono il c. in masse di varia forma e grandezza. Il cotone compresso ( c. sodo) è avvolto in teli di iuta e cerchiato con reggette metalliche; le balle così ottenute differiscono nelle caratteristiche esterne, nelle dimensioni e nella quantità a seconda dei paesi di provenienza.
I requisiti che determinano la cosiddetta classe del c. sono: la lunghezza delle fibre (compresa in genere tra 10 e 50 mm), in base alla quale si distinguono c. corti (con fibre lunghe meno di 25 mm), c. medi (da 25 a 30 mm), c. lunghi (da 30 a 40 mm), c. extra (oltre 40 mm); il grado, che dipende dall’apparenza esterna (lucentezza, bianchezza, impurità, esito della sgranatura); il colore, bianco (che è il colore normale), grigiastro o rossiccio, indice della facilità delle lavorazioni successive; il carattere, che riassume in un certo qual modo le varie caratteristiche: hanno un buon carattere i c. a fibre forti e robuste, omogenee e uniformi, che sopportano bene, con il minimo scarto, le lavorazioni.
Filatura. - Per i filati di c., così come per tutte le altre fibre tessili, il parametro fondamentale per la valutazione tecnica e commerciale è costituito dal titolo. Nell’industria tessile, l’unità di misura del sistema di titolazione universale per i filati è il tex: si dice che un filato ha titolo di 1 tex quando 1000 m di quel filo pesano 1 g.
Per le operazioni di filatura, generalmente tutte a macchina, il c. sodo in balle viene dapprima sfioccato dall’apriballe e quindi mescolato nelle camere di mischia; con più passaggi in camere successive si esegue quindi l’ apritura e la battitura; il c. battuto e mischiato va quindi ad alimentare direttamente le carde. Successivamente si effettua la pettinatura (solo per filati di c. pettinato), la stiratura con passaggio su stiratoi, il passaggio su banco a fusi per ridurre ulteriormente la sezione del nastro e trasformarlo in stoppino dotato di vera torsione, la filatura su filatoio ad anello. Tutto il ciclo di preparazione alla filatura si presenta con alto grado di robotizzazione, in grado di consentire una linea di lavorazione completamente automatizzata e semilavorati di elevato standard qualitativo.
I cascami prodotti da alcune fasi della filatura (apritura, battitura, cardatura, pettinatura) vengono rimessi in ciclo riportandoli alle camere di mischia, direttamente (se filabili, come per es. lo scarto di ovatte) oppure previa adatta lavorazione con macchine accessorie (se trattasi di cappelli e di sottocarde di c. buoni ecc.).
Tessitura. - È detta in greggio oppure a colori, secondo che si impieghino filati greggi o colorati. Si svolge con le operazioni di condizionatura, incannatura, orditura (a strati o a sezioni), imbozzimatura, rimettaggio, bobinatura della trama.