Benedettino (Magonza 784 circa - ivi 856). Enciclopedista, organizzatore e divulgatore di cultura tra i più importanti dell'alto Medioevo, operando alle frontiere della cristianità, R. portò avanti, con spirito missionario, il processo di evangelizzazione del mondo germanico e per tale opera gli fu necessaria la collaborazione del potere temporale; poté quindi essere coinvolto nelle vicende politiche del tempo, senza però che da parte sua si confondesse la sfera dell'azione religiosa con quella della politica. Esplicò infatti un'intensa e varia operosità di commentatore del sacro testo (quasi mai originale però), che ha la base metodologica nelle teorie esposte nelle Allegoriae in Scripturam sacram; di compilatore di opere a carattere enciclopedico, come il De Universo, a carattere manualistico, come l'importante De Institutione clericorum (819) o il De Arte gramatica o il Liber de computo (che contiene, tra l'altro, indicazioni sul simbolismo numerico, di ascendenza agostiniana); di autore di scritti di teologia mistica, come il De videndo Deum, di omelie e lettere e anche di poesie e di inni, come quelli raccolti nel Liber de Cruce. Sono scritti che furono concepiti come strumento di organizzazione enciclopedica del sapere e di diffusione della cultura e, in specie, per l'addottrinamento del clero in funzione di una più efficace penetrazione apostolica.
Allievo di Aimone a Fulda e di Alcuino a Tours, sacerdote a Fulda (814), ne diresse la scuola e ne divenne poi abate (822-42). Fedele a Ludovico il Pio e a Lotario, nell'842 dovette rinunciare alla dignità abbaziale e si ritirò sul Petersberg presso Fulda, continuando la sua attività letteraria. Ma più tardi si riconciliò con Ludovico il Tedesco, che lo nominò (847) arcivescovo di Magonza; come tale, fece condannare le dottrine di Gotescalco d'Orbais sulla predestinazione nel Concilio di Magonza (848). Svolse un'intensa azione pastorale, missionaria e intellettuale.
L'ideale culturale di cui R. fu assertore consiste nella capacità di esprimersi con chiarezza ed eleganza di linguaggio, secondo il modello degli autori classici, ma soprattutto nel possesso della scienza della Sacra Scrittura, interpretata sia nel senso storico che nell'allegorico. A lui appunto si riconosce il merito di aver rimesso in circolazione in modo organico la teoria della polisemia del testo biblico e i relativi metodi interpretativi. Funzionale e subordinata alla scienza scritturale, specie all'intendimento della lettera, dev'essere, nella sua prospettiva, la conoscenza della filosofia pagana e delle arti liberali. La grammatica e la retorica servono anche, attivamente, alla realizzazione dell'ideale stilistico. Il sapere pagano appunto - e di esso fa parte anche quello dei poeti, in particolare di quelli che, agostinianamente, possono chiamarsi teologi -, in quanto non discorda dalla religione cristiana, proviene dalla stessa fonte di questa, dalla Verità e dalla Sapienza, cioè da Dio. Ciò non esenta tuttavia dall'esercitare ogni cautela critica nel processo di assimilazione, poiché si tratta di una scienza strettamente legata spesso all'errore. Siamo nello spirito dell'insegnamento di Girolamo e di Agostino. La sua opera scritta è vastissima: comprende commenti alla Bibbia, manuali come il De universo (opera enciclopedica fondamentale in tutto l'Alto Medioevo, caratterizzata da una costante interpretazione simbolico-allegorica del mondo fisico; notevole il ms., ricco di illustrazioni, datato 1023, conservato nell'archivio dell'abbazia di Montecassino), omelie, inni; particolare importanza per l'organizzazione scolastica ha il suo De institutione clericorum, che riprende, spesso trascrivendo alla lettera, il De doctrina christiana di s. Agostino, oltre ad altri autori (Isidoro di Siviglia, s. Gregorio, Beda, ecc.). Nella sua produzione poetica usò particolari accorgimenti, di origine tardo-antica, nella disposizione dei versi in schermi di quadrati di lettere, associati a immagini (De laudibus sanctae crucis; da R. inviato all'imperatore Ludovico il Pio e al papa, copie del 9º sec., nella Biblioteca Vaticana, nella Nationalbibliothek di Vienna, ecc.). Per la sua attività letteraria e per l'influenza del suo insegnamento, che contribuì potentemente alla civilizzazione e cristianizzazione della Germania, è detto praeceptor Germaniae. Fu autore anche di una Grammatica, fondata su Prisciano e Beda. Così come sostanzialmente da Beda dipende il De computo, che rispondendo a domande del monaco irlandese Marcario (Marcharius) o Macario, tratta di numerazione, di astrologia e di cronologia, specialmente in relazione con il computo della Pasqua.