Composto chimico (detto anche sucrina o sicosina), immide ciclica dell’acido o-solfobenzoico, di
polvere bianca cristallina, inodore, di sapore dolce persistente, ancora percettibile in soluzione acquosa alla diluizione 1:100.000; poco solubile in acqua fredda, più solubile in acqua bollente, in alcol, in glicerina. L’atomo di idrogeno del gruppo imminico, per la presenza dei due gruppi elettrofili CO e SO2, possiede proprietà acide e perciò la s. forma con i metalli sali ben definiti, noti con il nome di saccarinati.
Per la sua preparazione industriale generalmente si solfona il toluene, ottenendo una miscela degli acidi p- e o-toluensolfonici che, per azione del pentacloruro di fosforo, si trasformano nei corrispondenti solfocloruri; l’isomero orto, liquido, si separa dall’isomero para, solido, e mediante reazione con ammoniaca lo si trasforma in ammide, dalla quale, per ossidazione con permanganato di potassio a 35 °C, si passa all’acido o-solfammidobenzoico; questo, infine, per riscaldamento perde una molecola di acqua e si trasforma in saccarina. È stato realizzato industrialmente anche un processo di sintesi a partire dall’acido antranilico.
La s. è l’edulcorante ipocalorico sintetico più diffuso. È utilizzabile tal quale o come sale di sodio, potassio e calcio; ha un potere dolcificante 300-500 volte superiore al saccarosio (a seconda del composto); ha un prezzo non elevato (a differenza di altri edulcoranti ipocalorici); presenta stabilità nel tempo e resistenza alle alte temperature: per questo trova impiego in molte preparazioni alimentari sia industriali sia domestiche. Il principale inconveniente è rappresentato dal retrogusto amarognolo-metallico che può comunque essere ridotto associando altri edulcoranti (sorbitolo, fruttosio, mannitolo, ciclammato).
La storia del suo impiego è stata difficile e controversa per le valutazioni discordanti sulla sua innocuità. Negli anni 1970, negli USA, vi fu un acceso contrasto originato dai risultati di esperimenti che misero in evidenza una sua potenziale cancerogenicità e che portò la FDA (Food and Drug Administration) a chiederne il bando. Tuttavia il suo uso fu consentito attraverso autorizzazioni prima biennali e poi quinquennali; infine, nel 1991, la FDA ritirò la sua proposta di bando. In Italia, con la l. 297/1980, fu abrogata la l. 6858/1890 che vietava «l’introduzione e la produzione nello Stato della saccarina e dei prodotti saccarinati». Per quanto riguarda l’impiego nella preparazione di sostanze alimentari e di bevande, la direttiva della Comunità Europea nr. 35 del 1994 ha incluso la s. e i suoi sali nell’elenco degli additivi consentiti, fissandone anche i campi di applicazione e le dosi massime ammesse.