Sassari Comune della Sardegna (546,1 km2 con 125.273 ab. nel 2020), capoluogo di provincia. La città, la seconda della Sardegna per popolazione e per importanza economica, politica e culturale, sorge a una decina di km dal mare su un altopiano calcareo, a un’altezza di 225 m s.l.m., al margine della piana che scende verso il mare di Porto Torres. Ha subito le più rilevanti modificazioni del tessuto urbano nel corso dell’Ottocento quando, con la demolizione delle mura medievali e del castello aragonese, fu realizzato il progetto di ampliamento nelle cosiddette Appendici. Nell’insieme, la città presenta un marcato contrasto tra la parte antica, dalla caratteristica struttura dei borghi medievali, con vie strette e tortuose, e i nuovi quartieri, con pianta a scacchiera.
La popolazione comunale, dopo le fasi alterne dell’età moderna, ha incominciato a crescere gradualmente, raddoppiando tra il 1861 e il 1931 (da 25.802 a 51.700 ab.). Ma è soprattutto nel secondo dopoguerra che si è verificata la più intensa crescita demografica, che ha determinato l’ulteriore raddoppio nell’arco di 40 anni (107.125 ab. nel 1971). Dopo un periodo di sostanziale stazionarietà tra la fine degli anni 1980 e la fine degli anni 1990, il tasso di accrescimento è tornato a salire, sia pure a un ritmo moderato, nei primi anni del 21° secolo.
Il settore trainante dell’economia è quello terziario, rappresentato dalla pubblica amministrazione, da servizi di rango regionale (università, editoria), dalle attività finanziarie (centri direzionali bancari) e commerciali. Le attività industriali (prevalentemente industrie meccaniche, del mobile, delle calzature, di trasformazione dei prodotti agricoli) hanno uno sviluppo modesto e sono concentrate nelle aree di Predda Niedda, Truncu Reale e Fiume Santo (centrale termoelettrica).
Nel Medioevo S. fu un piccolo borgo con il nome di Tathari; modesta ‘villa’ nel 12° sec., vi si rifugiarono, per le incursioni barbaresche e le vessazioni dei Genovesi e dei Pisani, le popolazioni marittime del Golfo dell’Asinara e di Torres. Crebbe così fino a diventare la città più popolosa e la capitale del giudicato di Torres. Nel 1236 i nuovi elementi urbani costituirono il comune, la cui autonomia era limitata dalle convenzioni imposte da Pisa. Passata ai Genovesi (1294), nel 1323 si diede all’infante Alfonso d’Aragona ma, esasperata dal fiscalismo catalano, insorse nel 1324, nel 1325 e nel 1329. Più volte ripresa e perduta dagli Aragonesi, alla fine S. si rassegnò alla signoria di Alfonso V d’Aragona. Dal 1524 al 1639 subì danni da parte dei barbareschi, a difesa dai quali furono allora costruite le torri dell’Asinara, Pelosa, Isola Piana. Occupata nel 1527 da truppe francesi, dopo il ritorno degli Spagnoli vide diminuita la sua autonomia. Nel 18° sec. fu mortificata dalla durezza dei gravami feudali. Nel 1796 la popolazione aderì al tentativo antifeudale di G.M. Angioj, ma l’abolizione dei feudi fu ottenuta solo sotto Carlo Alberto nel 1835.
Distrutte in gran parte le mura e le torri pisane, il castello aragonese, e quasi tutte le antiche case gotiche, la città ha scarsi monumenti. Tra questi, il più importante è il duomo (con parti della costruzione del 13°-15° sec. e facciata barocca); da ricordare inoltre: S. Maria di Betlemme (facciata del 13° sec.); S. Agostino (16° sec.); fontana Rosello (1606). Interessante il Museo Nazionale G.A. Sanna; notevole la Biblioteca universitaria (1558-62) affidata ai gesuiti fino al 1765 e arricchita dopo il 1870 con fondi dei collegi gesuiti e delle altre comunità religiose soppresse.
Provincia di S. (4282 km2 con 484.407 ab. nel 2020), suddivisa in 92 Comuni. Il territorio si affaccia a N e a O sul Mar di Sardegna e confina a E con la nuova provincia di Olbia-Tempio (divenuta operativa nel 2005) e a S con le province di Oristano e di Nuoro.
Dal Secondo dopoguerra, il quadro demografico e dell’insediamento provinciale è stato profondamente segnato dai mutamenti indotti dallo sviluppo del terziario e dal processo di industrializzazione, oltre che dall’esodo rurale e dai movimenti migratori. L’incidenza migratoria, grazie al notevolissimo incremento del turismo e delle attività connesse, si è annullata nel decennio 1981-91, quando la provincia di S., unica della Sardegna, ha fatto registrare un saldo migratorio positivo. Le attività turistiche, che avevano fatto la fortuna economica della provincia, si sono poi fortemente ridimensionate con la cessione alla nuova provincia di Olbia-Tempio di alcune delle località più rinomate della Sardegna settentrionale. Rimangono compresi nel territorio provinciale i centri turistici di Alghero, Castelsardo, Stintino. Le attività industriali sono concentrate in alcuni piccoli centri intorno al capoluogo e a Porto Torres, dove negli anni 1960 è sorto uno stabilimento petrolchimico tra i più grandi in Europa, successivamente coinvolto nel declino della SIR (Società Italiana Resine) e in seguito entrato in crisi come il resto della grande industria in Sardegna. Nella parte centrale del territorio, la cittadina di Ozieri è uno dei principali centri della zootecnia sarda e sede di impianti del comparto lattiero-caseario.