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SIRIA

di AAxel Havemann - Federiciana (2005)
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SIRIA

AAxel Havemann

Dalla seconda metà del X sec. la Siria ‒ vale a dire la Grande Siria, che includeva la Palestina ‒ fu il punto di confluenza degli interessi politici di grandi potenze, dall'Impero bizantino al califfato dei Fatimidi (in Egitto); circa un secolo più tardi sopraggiunsero i Selgiuchidi come terzo fattore di potere esterno. La Siria era frammentata in numerosi piccoli principati e città-stato in cui governavano stirpi, ovvero dinastie, arabe. In alcuni territori (soprattutto a Damasco) alcune forze locali aspiravano ‒ con alterni successi ‒ all'indipendenza delle città da qualsiasi sovranità straniera, o almeno alla partecipazione politica.

Verso la fine dell'XI sec. i Selgiuchidi ottennero la supremazia in Siria dopo aver già conquistato l'oriente islamico (Iran e Iraq) e aver instaurato un dominio dinastico. Il loro traguardo iniziale era stato il rafforzamento dell'Islam sunnita e quindi del califfato abbaside, il cui nucleo territoriale, costituito dall'Iraq, era stato dominato per lungo tempo da potenze sciite, come pure l'Egitto e parti della Siria (controcaliffato dei Fatimidi). Il grande Regno dei Selgiuchidi si disgregò dalla fine dell'XI sec. frazionandosi in diversi Regni. Una conseguenza a lungo termine di questa situazione fu la formazione di un sistema statale in Egitto, Siria e Mesopotamia settentrionale nel XIII sec., all'epoca di Federico II.

Nel 479 A.H/1086 A.D il sultano selgiuchide Malikshāh prese Aleppo completando così la conquista dei territori siriani. Pochi anni più tardi i crociati raggiunsero la Siria e la Mesopotamia settentrionale (al-Ǧazīra), organizzando degli stati in quest'area. La conquista della città di Gerusalemme (1099), momento culminante della prima crociata, per il mondo cristiano occidentale ebbe un'importanza fondamentale e di ampia portata sul piano strategico, economico, politico e religioso. Per i musulmani invece la perdita di Gerusalemme rappresentò soprattutto una catastrofe dal punto di vista religioso.

Subito dopo l'arrivo dei crociati in Siria (490/1097) era fallita una spedizione militare sotto il comando del governatore di Mosul, capitale del Regno selgiuchide occidentale (provincia di Diyār Rabī῾a). Nei decenni successivi la resistenza contro i crociati fu guidata quasi esclusivamente da principi siriaco-selgiuchidi de facto autonomi. A partire dal 503-504/1110, sul fronte dei Regni selgiuchidi, furono condotte numerose campagne coordinate da Mosul, da un lato con l'obiettivo di respingere i crociati, dall'altro per integrare più saldamente i principi autonomi selgiuchidi nella compagine del Regno, ma questa politica ambivalente e poco mirata indusse i principi regionali, spesso divisi da reciproche rivalità, a partecipare ad alterne coalizioni con i crociati.

Il sistema statale cambiò sotto le dinastie di Zangidi e Ayyubidi (v.).

Solo il governatore turco di Mosul, Zanǧī Ibn Aqsunqur (al potere nel 521-541/1127-1146), riuscì a portare sotto il suo controllo la Siria settentrionale (conquista di Aleppo, 522/1128) e a realizzare un'unione politica con ampie parti della Mesopotamia settentrionale. Fu il fondatore della dinastia degli Zangidi, i quali ‒ approfittando delle lotte interne per il potere nel Regno selgiuchide ‒ poterono amministrare con autonomia sempre maggiore i territori soggetti al loro dominio e anche estenderli notevolmente. I bersagli principali furono gli stati crociati, i Buridi selgiuchidi autonomi di Damasco (v.) e gli Artuqidi nella Mesopotamia settentrionale (provincia di Diyār Bakr). Gli Artuqidi, che erano stati ufficiali di alto rango al servizio dei Selgiuchidi, erano entrati in conflitto con i loro capi e avevano creato nelle regioni montuose settentrionali una base di potere personale che tuttavia fu gravemente indebolita da Zanǧī. Invece naufragarono numerosi tentativi di penetrazione verso sud con l'obiettivo di conquistare Damasco. L'acme della politica espansionistica di Zanǧī coincise con la presa di Edessa (al-Ruhā'), capitale della contea dei crociati, che fu incorporata nei suoi domini (539/1144). Questo successo gli fruttò, sul fronte musulmano, la fama di antesignano del ǧihād, della lotta contro gli infedeli, ovvero i crociati.

Dopo l'uccisione di Zanǧī nel 541/1146 i suoi figli si spartirono la sovranità sui territori di Aleppo e di Mosul, e assunsero a turno la guida della dinastia, secondo il sistema tradizionale turcomanno (ovvero selgiuchide) del dominio familiare collettivo. Nūr al-Din Maḥmūd di Aleppo (al potere nel 541-569/1146-1174) continuò con successo l'opera del padre ‒ l'unificazione politica della Siria contro i piccoli principati musulmani e i crociati ‒ e in questo contesto usò l'ideologia del ǧihād come strumento di propaganda. Principati autonomi rivali furono combattuti per sfruttarne le risorse e investirle nel ǧihād. Nel 549/1154 Nūr al-Din riuscì a conquistare Damasco e quindi a insediarsi nella Siria centrale. L'imponente programma edilizio (soprattutto istituzioni religiose, giuridiche e scolastiche: madrase) e altri provvedimenti di carattere politico-culturale ed economico adottati a Damasco e Aleppo (in seguito anche a Mosul) diedero prova della solidarietà e della compattezza islamica, vale a dire 'sunnito-ortodossa', contro i crociati ma anche a discapito dei musulmani sciiti. Negli anni successivi Nūr al-Din riuscì a occupare l'Egitto, governato dal califfato sciita dei Fatimidi, contendendolo con le armi al re di Gerusalemme. Nel 567/1171 il comandante in capo di Nūr al-Din in Egitto, il curdo Saladino (Salāḥ al-Dīn Ibn Ayyūb), rovesciò i Fatimidi e riportò il paese sotto il dominio del califfato abbaside sunnita. Contemporaneamente il Saladino era intenzionato a rafforzare la sua posizione soprattutto in Egitto.

La morte di Nūr al-Din (569/1174) stornò la minaccia di un conflitto tra il Saladino e il suo capo supremo siriano e offrì al condottiero l'opportunità di far valere la sua influenza anche in Siria, tanto più che gli eredi di Nūr al-Din erano in lite tra loro e la dinastia zangidica si era divisa in numerosi rami. Nei dodici anni seguenti il Saladino riuscì a farsi riconoscere come capo supremo ovunque in Siria e nella Mesopotamia settentrionale, sia dai piccoli principati zangidici che da quelli degli Artuqidi. Tutti furono costretti a fornire soldati al Saladino. Poiché il mantenimento dell'esercito era basato sulla distribuzione e il possesso della terra al posto del soldo ‒ sistema dell'iqṭā῾ ‒, le spedizioni militari, in linea di principio, erano possibili solo in primavera e in estate, fino al momento in cui le truppe non tornavano nelle loro terre nel periodo del raccolto. In ogni caso il Saladino aveva creato le premesse necessarie per poter guidare il ǧihād contro i crociati. Già in precedenza la sua usurpazione della sovranità in Egitto e in Siria era stata legittimata da un diploma del califfo. Il Saladino, su questa base, si fregiava del titolo di 'restauratore del dominio del comandante dei credenti'.

Dopo la rovinosa sconfitta dei crociati nella battaglia di Ḥaṭṭīn nel 583/1187 il Saladino nello stesso anno riuscì a espugnare o meglio a riconquistare Gerusalemme. Questo evento fu all'origine della terza crociata (585/1189): l'episodio più importante del conflitto ‒ l'assedio di Acri che si protrasse per quasi due anni e la capitolazione finale della città ai crociati ‒ rivelò la debolezza dell'esercito del Saladino, su cui si poteva contare solo stagionalmente, e la fragilità del sistema statale da lui instaurato in Siria e nella Mesopotamia settentrionale. Per un altro verso, i musulmani in questi frangenti ebbero la prova che gli stati crociati nelle fasi critiche erano in grado di mobilitare risorse insospettate in Europa.

Dopo la morte del Saladino (589/1193) si sviluppò, fra l'altro in seguito ai violenti scontri verificatisi per la successione, un sistema di stati policentrico e differenziato gerarchicamente soggetto a un dominio familiare collettivo, ossia il Regno degli Ayyubidi (Humphreys, 1977). Tutti i governanti portavano nomi abbinati all'appellativo Malik, ossia 're, principe', ma la gerarchia interna era stabilita con molta precisione nei protocolli monetari. All'epoca dell'ascesa politica di Federico II l'Egitto e la Siria meridionale erano assoggettati a un sovrano ayyubide d'Egitto. A partire da al-῾Ādil Abū Bakr (596-615/1200-1218), fratello del Saladino, il sovrano era contemporaneamente anche il capo supremo della federazione delle famiglie ayyubidi. Ad Abū Bakr succedette il figlio al-Malik al-Kāmil Muḥammad (615-635/1218-1238; v.). A Damasco governava un ayyubide, che però non possedeva il diritto di menzionare il suo nome sulle monete; alla stregua di un governatore, era soggetto al sovrano d'Egitto, almeno per un certo periodo (v. Damasco). La Siria settentrionale (capitale Aleppo), che era governata dai discendenti di un figlio del Saladino, non riconosceva la supremazia dell'Egitto, come rivela la menzione del nome sulle monete. Il terzo principato ayyubide importante (capitale Mayyafariqin) era la Mesopotamia settentrionale. Dopo la conquista da parte dell'ayyubide egiziano al-Kāmil Muḥammad il territorio divenne un 'governatorato' come Damasco, senza diritto di conio in proprio. Soggetti alla supremazia dell'Egitto, nella Mesopotamia settentrionale gli Ayyubidi dovettero occuparsi del dominio dei principati rimasti artuqidici e zangidici. Accanto ad essi esistevano ancora altri lignaggi ovvero piccoli principati degli Ayyubidi, in Siria (Homs, Hama, Karak, ecc.) e nello Yemen.

Il Regno degli Ayyubidi, nel suo insieme, era un complesso sistema di stati scaturito dall'eredità del Saladino, in cui le posizioni chiave strategiche erano occupate da membri della famiglia di rango differente e con ambiti di competenza diversi. Tenere sotto controllo quest'associazione familiare e, all'occorrenza, convogliarla verso azioni comuni richiedeva un'abilità notevole, nella quale si distinsero soprattutto al-῾Ādil e al-Kāmil.

Durante il governo di al-Kāmil fu concluso anche l'accordo con l'imperatore Federico II (626/1229) sulla cessione di Gerusalemme ai crociati. In seguito a quest'intesa si poté rafforzare temporaneamente la posizione di predominio di al-Kāmil sui rivali ayyubidi; per un altro verso, essa incentivò un modus vivendi già praticato da lungo tempo con gli stati crociati, come emerge dai vivaci scambi commerciali con le repubbliche marinare di Genova, Pisa e Venezia. Ma con la morte di al-Kāmil (635/1238) il Regno ayyubide si scompaginò in seguito all'anarchia provocata dalle lotte per la successione e dalle conseguenze di una politica di alleanze infauste con potenze esterne (gli scià dei Corasmi [v.], i Selgiuchidi di al-Rūm). I nuovi conflitti divampati con i crociati, la minaccia dell'avanzata mongola e, infine, l'usurpazione del potere in Egitto da parte degli ufficiali mamelucchi turchi (648/1250) portarono al crollo degli Ayyubidi. Dopo la vittoria sui mongoli (658/1260, in Palestina) i nuovi signori, i Mamelucchi, poterono edificare il loro sistema di dominio sui territori un tempo appartenuti agli Ayyubidi che comprendevano l'Egitto, gran parte della Siria, l'area occidentale e meridionale della penisola arabica. Il sultanato dei Mamelucchi sopravvisse per due secoli e mezzo, fino alla conquista da parte degli Osmanli nel 1527.

Per ciò che riguarda, infine, l'economia, la cultura e la società siriana in genere, sicuramente con l'arrivo dei Selgiuchidi in Siria si concluse il periodo del cosiddetto 'vuoto insediativo', caratterizzato dal predominio di dinastie nomadi e da una stagnazione o un regresso della cultura e dell'economia d'impronta cittadina. I provvedimenti adottati dai Selgiuchidi per assicurare il loro dominio determinarono verso la fine dell'XI sec. una rinascita delle città, unitamente a una nuova fioritura della vita economica, religiosa e culturale (letteratura, arte e architettura). Malgrado le costanti lotte interne per il potere e la minaccia esterna dei crociati, furono create in tal modo le basi materiali su cui nel XII sec. avrebbero costruito gli Zangidi ‒ soprattutto Nūr al-Din ‒ e in seguito il Saladino, per poter guidare il ǧihād contro gli stati crociati. Sotto i successivi Ayyubidi in Siria perdurò la prosperità culturale ed economica e, grazie a una strategia improntata prevalentemente al realismo politico nei confronti dei crociati, gli scambi economici con l'Europa cristiana furono addirittura incrementati. Anche le attività intellettuali degli studiosi musulmani e di conseguenza lo sviluppo sociale in Siria proseguirono senza registrare flessioni per tutto il periodo.

Fonti e Bibl.: E. Sivan, L'Islam et la Croisade. Idéologie et propagande dans les réactions musulmanes aux Croisades, Paris 1968; F.-J. Dahlmanns, Al-Malik al-῾Ādil. Ägypten und der Vordere Orient in den Jahren 589/1193 bis 615/1218. Ein Beitrag zur ayyubidischen Geschichte, D. Ph., Gießen 1975; R.S. Humphreys, From Saladin to the Mongols. The Ayyubids of Damascus, 1193-1260, Albany, N. Y. 1977; M.C. Lyons-D.E.P. Jackson, Saladin. The Politics of the Holy War, Cambridge 1982; El-Azhari-Taef Kamal, The Saljūqs of Syria During the Crusades 463-549 A.H./1070-1154 A.D., Berlin 1997; A.-M. Eddé, Le Principauté ayyoubide d'Alep (579/1183-658/1250), Stuttgart 1999; C. Hillenbrand, The Crusades. Islamic Perspectives, Edinburgh 1999; S. Heidemann, Die Renaissance der Städte in Nordsyrien und Nordmesopotamien. Städtische Entwicklung und wirtschaftliche Bedingungen in ar-Raqqa una Ḥarrān von der Zeit der beduinischen Vorherrschaft bis zu den Seldschuken, Leiden et al. 2002. C. Cahen, Ayyūbids, in The Encyclopaedia of Islam, I, Leiden 1960, pp. 796-807.

Traduzione di Maria Paola Arena

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