Svezia
Il cinema svedese si sviluppò con qualche ritardo rispetto a quello di altri Paesi nordici come la Danimarca. Intorno al 1913, tuttavia, entrò nel suo periodo aureo, anche grazie all'indebolimento della concorrenza degli altri Paesi europei coinvolti nel primo conflitto mondiale. In quegli anni in S. si imposero i nomi di Victor Sjöström e Mauritz Stiller, autori di film che vennero distribuiti in tutto il mondo occidentale. In seguito alla loro partenza per gli Stati Uniti, a metà degli anni Venti il cinema svedese conobbe una radicale flessione. La produzione degli anni Trenta e Quaranta proseguì in un sostanziale anonimato. Negli anni Cinquanta si affermò internazionalmente Ingmar Bergman, considerato uno dei maggiori autori del cinema europeo di sempre. La sua popolarità fece da traino anche per la Nya vågen, la nouvelle vague svedese, che espresse autori di notevole talento quali Vilgot Sjöman e Bo Widerberg. A metà degli anni Ottanta, con il sostanziale ritiro di Bergman dal mondo del cinema, la produzione svedese è tornata ad avere una circolazione assai limitata, anche in conseguenza della mancanza di giovani talenti. In seguito si è fatto conoscere soltanto Lukas Moodysson, autore dell'apprezzabile Fucking Åmål (1998; Fucking Åmål ‒ Il coraggio di amare).
La prima proiezione cinematografica pubblica ebbe luogo il 28 giugno 1896 al Palazzo d'estate di Malmö, nell'ambito di una grande Esposizione industriale. L'evento, organizzato dal fieraiolo danese Harald Limkilde, mostrò al pubblico alcuni filmati Lumière. Poche settimane dopo, il 21 luglio, a Stoccolma, presso il Teatro Victoria sito nel parco di Djurgården, il corrispondente francese del quotidiano "Le soir", Charles Marcel, presentò pellicole del Kinetoscope di T. A. Edison. Il primo imprenditore a organizzare sistematicamente proiezioni Lumière in S. fu Numa Peterson, un fotografo. Nel 1897 un suo tecnico, Ernest Florman, imparò dall'agente Lumière Georges Promio a riprendere immagini dal vero e a realizzare brevi messinscene comiche. Quello stesso anno, nell'ambito di una nuova Esposizione industriale a Stoccolma, Florman riprese il re Oscar II. Durante l'estate vennero girati i primi tre film di finzione su territorio svedese: Slagsmål i Gamla Stockholm (Rissa nella vecchia Stoccolma) di Alexandre Promio, Byrakstugan (La bottega del barbiere) e Akrobat med otur (Acrobata sfortunato), entrambi di Ernest Florman. Nel periodo compreso tra il 1897 e il 1904 vennero aperte molte sale cinematografiche soprattutto a Göteborg, grande porto commerciale con ottimi collegamenti sia con la Danimarca sia con la Gran Bretagna. Stoccolma dovette invece attendere il 1904 per vedere l'inaugurazione del primo cinema in pianta stabile, il Blanchs. In realtà la diffusione del cinema si dovette soprattutto alle proiezioni occasionali che venivano organizzate dai vari movimenti di riforma religiosa presenti in S. già da diversi decenni. Questo fenomeno ebbe fine quando i primi esercenti cominciarono ad aprire sale cittadine che, per attirare il pubblico del teatro, vennero chiamate biografteater ("teatro cinematografico"). Poiché i teatri erano generalmente considerati luoghi frivoli, il cinema fu bandito dalle chiese protestanti. Proprio in quegli anni, del resto, la distribuzione cinematografica ‒ essenzialmente basata su produzioni danesi ‒ concentrò il proprio interesse sul cinema di finzione abbandonando progressivamente i documentari. Questa mossa fece tuttavia perdere al cinema una parte importante del pubblico borghese, intimorito dalle polemiche intorno alla licenziosità dei drammi passionali provenienti dalla Danimarca. Il dibattito intorno a questo tema portò alla costituzione ‒ su richiesta degli stessi esercenti ‒ dello Statens Biografbyrå, attivo a partire dal 1° dicembre 1911. Questa commissione di censura aveva il compito di valutare i film assegnandoli a tre categorie: film per tutti, film per adulti e film proibiti. Nel 1912 il primo film diretto da Sjöström, Trädgårdmästaren (Il giardiniere), venne bandito dalla censura. La prima grande casa di produzione cinematografica svedese fu la Svenska Biografteatern, fondata nel 1907 a Kristianstad, nel sud del Paese. Si fece subito notare per la realizzazione di film sonori interpretati da famosi attori, quali Rosa Grünberg e Carl Barcklind, che cantavano arie di opere e operette. Il sonoro veniva registrato su cilindri fonografici e sincronizzato con l'immagine durante la proiezione. Questi esperimenti erano stati tentati per la prima volta già nel 1903 da Mortimer Peterson, figlio di quel Numa Peterson che rappresentava la casa Lumière in Svezia. I fondatori della Svenska Biografteatern ‒ generalmente abbreviata in Svenska Bio ‒ erano due banchieri, un avvocato, un farmacista e l'esercente Nils Hansson Nylander. Il loro capitale sociale di partenza ammontava a 150.000 corone e avevano a disposizione una catena di 19 sale. Inizialmente il loro progetto consistette nella produzione di film per approvvigionare i cinematografi di loro proprietà. Il loro primo dipendente fu il fotografo Robert Olsson, il cui compito era di realizzare documentari in giro per il Paese. Successivamente questi fu impiegato anche per la produzione di brevi film di finzione. Nel 1909 Charles Magnusson venne assunto come produttore e, durante l'estate, mise in cantiere tre film: Värmlänningarna (Gli abitanti del Värmland), Fänrik Ståls sägner (I racconti di Fänrik Stål) e Bröllopet på Ulfåsa (Matrimonio a Ulfåsa), tutti diretti da Carl Engdahl e distribuiti l'anno successivo. Nel 1911 la sede della società venne trasferita a Stoccolma, anche al fine di poter coinvolgere molti attori teatrali di fama. Venne inoltre costruito un teatro di posa a Lidingö, una delle isole dell'arcipelago. Magnusson si circondò immediatamente di collaboratori destinati a diventare figure chiave del cinema muto europeo: l'operatore Julius Jaenzon, il direttore di produzione e regista Georg af Klercker, i registi-attori Sjöström e Stiller, quest'ultimo di origine russa e attivo in Finlandia. G. af Klercker, dopo alcune regie significative come Dödsritten under cirkuskupolen (1912, Cavalcata mortale sotto il tendone del circo) e Musikens makt (1912, Il potere della musica), lasciò la Svenska Bio, si trasferì in Danimarca e tornò poi in patria nel 1915 per diventare il regista di punta della Hasselblad di Göteborg. Magnusson puntò saggiamente su una distribuzione a livello internazionale, utilizzando come modello i melodrammi alto-borghesi di cui i danesi erano maestri indiscussi. Nel periodo 1913-1917 la Svenska Bio produsse oltre cento film di finzione, ottenendo un successo di pubblico assai significativo. Per eliminare la concorrenza, la Svenska Bio strinse un accordo con la Pathé Frères ottenendo due risultati importanti: da una parte ebbe la possibilità di accedere a una delle catene d'esercizi cinematografici più vaste d'Europa; dall'altra consentì ai propri dipendenti di confrontarsi con i professionisti francesi, che avevano ormai un'esperienza più che decennale. Lo scoppio della guerra nel 1914 favorì decisamente l'industria cinematografica svedese. Tutti i Paesi coinvolti nel conflitto ridussero drasticamente le loro produzioni e la Danimarca, che aveva interrotto i propri rapporti commerciali con la Germania, subì le ritorsioni di Francia e Gran Bretagna, che respinsero tutti i suoi prodotti. Al termine della guerra gli svedesi furono pronti per compiere un ulteriore salto di qualità, sia dal punto di vista tematico sia stilistico. Abbandonati i melodrammi d'ispirazione danese, registi come Sjöström e Stiller si concentrarono su produzioni che potessero apparire familiari al pubblico locale ed esotiche a quello internazionale: le trasposizioni cinematografiche di famose opere letterarie della tradizione nordica. Il primo passo fu compiuto da Sjöström con Terje Vigen (1917), dal poemetto di H. Ibsen. Il successo del film incoraggiò Magnusson a continuare su questa strada, riducendo a un quinto il numero dei film prodotti in un anno (nel 1917 la Svenska Bio produsse soltanto cinque lungometraggi) e accrescendone la qualità. In pochi anni Sjöström firmò opere di grande valore quali Tösen från Stormyrtorpet (1917; La figlia della torbiera) dal romanzo di S. Lagerlöf, Berg-Ejvind och hans hustru (1918; I proscritti) dal dramma dell'islandese J. Sigurjónsson, Ingmarssönerna (1919, I figli di Ingmar) dal primo e secondo capitolo di Jerusalem della Lagerlöf (il terzo e il quarto vennero trasposti nel 1920 con il titolo Karin Ingmarsdotter, Karin figlia di Ingmar) e Hans Nåds testamente (1919, Il testamento di Hans Nåd) dal romanzo di H. Bergman. Stiller, per parte sua, fu invece il regista di Alexander den Store (1917, Alessandro il Grande) dalla commedia di G. Esmann, Sången om den eldröda blomman (1919, Il canto del fiore scarlatto) dal romanzo del finlandese J. Linnankoski e Herr Arnes pengar (1919; Il tesoro di Arne) dal racconto di S. Lagerlöf. Va poi ricordato anche il film di Gustaf Hallén Hemsöborna (1919, Gli isolani di Hemsö), tratto dal romanzo di A. Strinderg. Strindberg, in realtà, era già stato sfruttato dal cinema con la regista Anna Hofman-Uddgren, autrice di Fröken Julie (La signorina Julie) e Fadren (Il padre), entrambi del 1912. A partire dal 1915, la supremazia assoluta della Svenska Bio venne minacciata soltanto dalla Hasselblad, che nell'estate di quell'anno assunse G. af Klercker. Questi, tra il 1915 e il 1917, realizzò 28 film ‒ perlopiù melodrammi ‒ che riscossero un notevole successo spingendo la Hasselblad a costruire per lui un nuovo teatro di posa. Klercker era tuttavia cagionevole di salute e nell'estate del 1917 il suo contratto non venne rinnovato. Tra i suoi risultati più notevoli va ricordato Förstadsprästen (1917, Il prete dei sobborghi), un'opera di notevole impegno sociale. Per contrastare la concorrenza della Svenska Bio, la Hasselblad si fuse con altre cinque compagnie, una delle quali era la Pathé, ex socia della Svenska Bio. Nel 1918 nacque dunque la Filmindustri AB Skandia, presieduta da Nils Bouveng. Tra i registi impiegati dalla Skandia vanno citati John Brunius, autore del famoso Synnöve Solbakken (1919), tratto dal romanzo del norvegese B. Bjørnson, e Rune Carlsten, che debuttò con Ett farligt frieri (1919, Una pericolosa domanda di matrimonio), ancora da Bjørnson. L'anno successivo, grazie all'impulso del nuovo finanziatore Ivar Kreuger, la Skandia si fuse con la Svenska Bio dando vita alla AB Svensk Filmindustri, un colosso con oltre settanta sale, due teatri di posa e due presidenti, Magnusson e Bouveng. Gli anni Venti videro i registi Stiller e Sjöström conseguire risultati di assoluta importanza come Erotikon (1920; Verso la felicità) e Körkarlen (1921; Il carretto fantasma), ma anche una decisa recessione dal punto di vista industriale che ebbe pesanti conseguenze sul cinema. Gli spettatori passarono dagli otto milioni del 1920 ai due del 1923. La crisi fu certamente aggravata dall'introduzione della radio, dalla tassa del 10% sui biglietti e dall'invasione dei prodotti americani, che conquistarono il 70% del mercato. Sjöström e Stiller, sentendosi ormai abbandonati dalla Svensk Filmindustri, lasciarono la S. per gli Stati Uniti rispettivamente nel 1923 e nel 1925. Stiller ottenne di portare con sé la giovane attrice Greta Garbo, rivelatasi nel suo Gösta Berlings saga (1924; La leggenda di Gösta Berling, noto anche con il titolo I cavalieri di Ekebù), tratto da S. Lagerlöf. Rimase invece in patria il talentuoso Gustaf Molander, che continuò il ciclo di Jerusalem con i film Ingmarsarvet (1925, L'eredità di Ingmar) e Till Österland (1926, Verso Oriente), entrambi interpretati dal grande attore Lars Hanson, anch'egli destinato poi a trasferirsi in America. In quegli anni le produzioni si assimilarono sempre più agli standard americani, anche se con risultati di valore come Norrtullsligan (1923, La lega di Norrtull) di Per Lindberg ‒ un acuto ritratto della condizione femminile in quel periodo ‒, Karl XII (1925) di John W. Brunius ‒ un affascinante affresco storico sceneggiato da H. Bergman ‒ e la commedia Konstgjorda Svensson (1929, Gli artificiali Svensson) di Gustaf Edgren, girato muto e successivamente sonorizzato. Furono proprio le commedie a risollevare un poco le sorti dell'industria cinematografica, che ridusse la produzione di grandi film letterari per limitare i costi. Il nuovo corso del cinema svedese non piacque a Charles Magnusson, che nel 1929 abbandonò il cinema vendendo tutte le azioni in suo possesso.
Il primo film sonoro svedese, Säg det i toner (1929, Dillo in melodia) diretto da Edvin Adolphson e J. Julius (pseudonimo del famoso operatore Julius Jaenzon), venne prodotto dalla Svensk Filmindustri e fu un grande successo. Si trattava, in realtà, di un musical senza dialoghi: il sonoro era composto da musica, canzoni e rumori d'ambiente. I costi di realizzazione dei primi film sonori furono assai elevati, poiché si ricorse a un sistema di registrazione del suono di provenienza tedesca realizzato dalla Tobis. Ben presto fu sostituito dal più conveniente Aga-Baltic, sviluppato in S. con l'aiuto della compagnia danese Petersen & Poulsen. Come si è accennato, il genere privilegiato era la commedia, strettamente legata all'esperienza del vaudeville e alle farse contadine che venivano messe in scena durante l'estate nei piccoli centri, approfittando della chiusura dei teatri cittadini. In molti casi gli attori impiegati erano gli stessi protagonisti delle rappresentazioni all'aperto. Uno di essi, Edvard Persson, portò al successo due farse dialettali che vennero viste da più di un milione di svedesi: Söder om landsvägen (1936, A sud della strada statale) di Gideon Wahlberg e Kalle på Spången (1939, Kalle di Spången) di Emil A. Pehrsson. Un sottogenere assai curioso fu quello delle farse militaresche in cui l'esercito svedese veniva considerato debole e male in arnese. In effetti, una legge socialdemocratica promulgata nel 1925 aveva ridotto sostanzialmente i fondi per la difesa e il cinema non mancò di rappresentare in chiave comica questo cambio di direzione. Regista per antonomasia del genere fu Weyler Hildebrand, che interpretava anche il ricorrente personaggio di un collerico sergente, come in Landstormens lilla Lotta (1939, La piccola Lotta del riservista). Tra gli attori più carismatici e capaci di interpretare magistralmente sia personaggi comici sia drammatici si impose Gösta Ekman, che aveva iniziato la sua carriera già ai tempi del muto ‒ fu tra gli interpreti di Vem dömer (1922, La prova del fuoco) di Sjöström. Ekman eccelse in due film di Molander: Swedenhielms (1935), tratto dal romanzo di H. Bergman, e Intermezzo (1936), accanto a una giovanissima Ingrid Bergman che tre anni dopo ne interpretò anche il remake americano, diretto da Gregory Ratoff. La Bergman, insieme con Signe Hasso e Sture Lagerwall, segnò la nascita di una nuova generazione di interpreti, più duttili e meno formali, completamente slegati dalla tradizione del muto che imponeva una prossemica elaborata e poco adatta al sonoro. La coppia formata da Hasso e Lagerwall interpretò, tra gli altri, due notevoli film di Schamyl Bauman: Karriär (1938, Carriera) e Vi två (1939, Noi due). Negli anni Trenta la salute dell'industria cinematografica svedese fu generalmente buona, nonostante la crisi economica che colpì il Paese in seguito al crollo della Borsa di Wall Street e al suicidio, nel 1932, dell'industriale Ivar Kreuger. Nell'estate del 1933 il governo socialdemocratico prese seri provvedimenti per fronteggiare la disoccupazione gettando le basi per quello stato sociale che ebbe vasta eco internazionale e ampi riflessi sulla cultura svedese. In molti film degli anni Trenta si respirò quest'aria di rinnovamento: Valborgsmässoafton (1935, La notte di Valpurga) di Gustaf Edgren e En enda natt (1939; Solo una notte) di Molander affrontarono il problema della diminuzione delle nascite incitando gli svedesi a procreare di più; Karl Fredrik regerar (1934, Karl Fredrik governa), ancora di Edgren, immaginò che un povero contadino ‒ impersonato dal famoso attore Sigurd Wallén ‒ diventasse ministro dell'agricoltura cambiando le sorti del Paese. Gli spettatori dimostrarono di amare i film in lingua svedese interpretati dai loro beniamini. Questo portò alla nascita di molte nuove case di produzione, all'apertura di nuove sale (che superarono le duemila unità alla fine del decennio) e a ottimi risultati di incasso (solo un decimo del mercato distributivo era costituito da produzioni svedesi, ma esse conquistavano il 30% del fatturato totale). Accanto alla Svensk Filmindustri, che rimase al primo posto per tutto il decennio, comparvero l'Europa Film ‒ fondata nel 1930 ‒ e la Sandrews, che iniziò l'attività produttiva solo nel 1939. L'Europa Film, fondata da Gustaf Scheutz e dal futuro regista Schamyl Bauman, basò il suo successo soprattutto sui film interpretati da Edvard Persson. La Sandrews, saldamente diretta dal suo fondatore Anders Sandrew, che inizialmente aveva soltanto distribuito i prodotti dell'Europa Film nelle proprie sale, decise invece di puntare sulla qualità assumendo come direttori artistici critici del calibro di Bengt Idestam-Almquist e Rune Waldekranz (quest'ultimo restò alla Sandrews fino alla metà degli anni Sessanta). In realtà negli anni Trenta furono presenti sul mercato svedese oltre settanta produttori, molti dei quali chiusero i battenti dopo uno o due film soltanto. Tra le compagnie che si segnalarono per la loro solidità economica vanno ricordate la Nordisk Tonefilm, la Publikfilm, la Svensk Talfilm, l'Irefilm e la Wivefilm. Non mancarono naturalmente aspre polemiche legate alla scarsa qualità del cinema popolare e denunce rispetto al diseducativo consumo di birra e superalcolici in tante produzioni farsesche. Tra i film più criticati figurò Pensionat Paradiset (1937, Pensione Paradiso) di Weyler Hildebrand, considerato dalla critica uno dei momenti più bassi della storia del cinema svedese, nonostante il largo successo di pubblico conquistato. Gli intellettuali e lo Stato chiesero alle compagnie di produzione di impiegare laureati nei posti chiave e di restituire dignità al cinema nazionale. La Svensk Filmindustri scelse Carl Anders Dymling ‒ un ex dirigente radiofonico ‒ come nuovo amministratore delegato, Sjöström come direttore artistico e Harald Molander ‒ figlio di Gustaf ‒ in qualità di responsabile dei teatri di posa. G. Molander fu senza dubbio il regista più apprezzato dell'epoca, distinguendosi sia per la raffinatezza delle sue sceneggiature sia per la notevole qualità delle scelte figurative e luministiche; la sua vasta conoscenza del teatro gli permise di essere a proprio agio nel genere brillante e in quello drammatico. La sua commedia sofisticata Dollar (1937; Inquietudine), con la Bergman nella parte di un'attrice teatrale, venne considerata un esempio perfetto di mediazione tra i gusti del pubblico popolare e le legittime richieste di maggiore qualità espresse dai critici. Sul versante del melodramma venne invece celebrato il suo En kvinnas ansikte (1938; Senza volto), ancora con la Bergman, una complessa riflessione sul tema dell'identità resa assai affascinante da un utilizzo contrastato e chiaroscurale della luce. Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale e la successiva, immediata dichiarazione di neutralità da parte della S., la produzione cinematografica nazionale subì un forte impulso. L'importazione di film dall'estero crollò, resistettero soltanto i prodotti inglesi e quelli tedeschi, questi ultimi grazie anche al frequente impiego dell'attrice svedese Zarah Leander. Crebbe invece l'esportazione, soprattutto verso i Paesi alleati con la Germania, che erano in buoni rapporti con la Sveriges biograf och filmkammare, organo preposto alla diffusione del cinema svedese all'estero. A soffrire furono soltanto gli esercenti indipendenti, che proponevano in larga misura film d'importazione americana o francese. La Svensk Filmindustri, l'Europa Film e la Sandrews si imposero come le prime tre compagnie produttrici. Negli anni di guerra la media produttiva annuale passò da ventisette a circa quaranta unità. Caratteristici degli anni di guerra furono i beredskapsfilmerna ("i film dello stato di allerta"). Gli svedesi, benché neutrali, dovettero comunque mobilitarsi richiamando alle armi i riservisti e razionando il cibo. La popolazione viveva in una condizione di costante attesa, senza conoscere esattamente quali sarebbero stati gli sviluppi del conflitto e le sorti del Paese. Questa condizione di frustrazione venne rappresentata in opere quali Kronans käcka gossar (1940, Gli intrepidi figli della Corona) di Sigurd Wallén, Ta hand om Ulla (1942, Prenditi cura di Ulla) di Ivar Johansson e il notevole Första Divisionen (1941, Prima Divisione) di Hasse Ekman, il figlio di Gösta. Naturalmente la posizione di neutralità della S. rispetto al conflitto impedì ai produttori di fare riferimento esplicito, nei loro film, alle parti in causa. Molti lavori di genere bellico vennero dunque ambientati nel passato o in tempi e luoghi indefiniti. Nel caso di Snapphanar (1942) di Åke Ohberg, per es., si scelse di raccontare una vicenda accaduta nel 17° secolo. L'unica eccezione fu relativa alla guerra in Finlandia, come En dag skall gry (1944, Verrà un nuovo giorno) di Hasse Ekman. Anche Molander scelse il Seicento per il suo Rid i natt! (1942; Il boia di Brandebold), tratto dal romanzo di V. Moberg, ma prendendo una decisa posizione antigermanica. Obbedirono invece al principio dell'indeterminatezza spazio-temporale Det brinner en eld (1943, Un fuoco brucia), ancora di Molander, e Mitt folk är icke ditt (1944, Il mio popolo non è tuo) di Weyler Hildebrand. La maggiore serietà contenutistica condusse anche a un recupero del genere letterario, anche se con risultati assai corrivi, come nei vari remake di film tratti dalle opere di S. Lagerlöf. Fece eccezione solo il bellissimo Doktor Glas (1942) di Rune Carlsten, dal noto romanzo di H. Söderberg, interpretato dall'ottimo Georg Rydeberg. Il film, che racconta la torbida vicenda di un medico innamorato di una sua giovane paziente, contiene una sequenza in cui compare un orologio senza lancette che sarà poi esplicitamente citata nel 1957 da Bergman nel suo Smultronstället (Il posto delle fragole). Il bisogno di un cinema socialmente più impegnato, che rappresentasse il proletariato in maniera realistica, fu soddisfatto da produzioni quali Ett brott (1940, Un delitto) di Anders Henrikson, Stål (1940, Acciaio) e Det sägs på stan (1941, Si dice in città), entrambi di Per Lindberg. Quest'ultimo, in particolare, diede il meglio di sé quando ebbe occasione di lavorare con l'eccellente direttore della fotografia Åke Dahlqvist, che sapeva utilizzare la luce con straordinaria espressività e senso della sperimentazione. Un altro tema affrontato nel periodo in questione fu il contrasto tra campagna e città, considerando quest'ultima luogo di peccato e di smarrimento. La Film AB Lux, che aveva sotto contratto la giovanissima attrice Viveca Lindfors, realizzò Anna Lans (1943) di Rune Carlsten, mentre la Terraproduktion dell'intraprendente produttore Lorens Marmstedt affidò a Erik 'Hampe' Faustman Flickan och djävulen (1944, La ragazza e il diavolo), interpretato dall'emergente Gunn Wållgren. Un sensibile segno di cambiamento si riscontrò anche nell'ambito dei film musicali, dove gli interpreti di vaudevilles vennero gradualmente sostituiti da jazzisti, come per es. in Swing it, magistern! (1940, Suonala, maestro!) diretto da Schamyl Bauman, con la scatenata e seducente Alice Babs.
Il dopoguerra confermò la tendenza verso un maggiore realismo della rappresentazione. Alf Sjöberg, uno dei maggiori registi del periodo, diresse con ottimi risultati Bara en mor (Solo una madre, 1949), tratto dal romanzo di I. Lo Johansson, un dramma al femminile interpretato da Eva Dahlbeck. Il film suscitò un certo scandalo all'estero per una sequenza in cui la protagonista faceva il bagno nuda. In S., invece, dove il corpo nudo è sempre stato considerato come parte integrante della natura, non si registrarono polemiche di sorta, ma questo non impedì che in molti Paesi il cinema svedese venisse considerato licenzioso. Questa fama fu certamente rafforzata da opere come Hon dansade en sommar (1951; Ha ballato una sola estate) di Arne Mattsson, in cui la sessualità della giovane protagonista viene rappresentata con grande libertà, e da Sommaren med Monika (1953; Monica e il desiderio) di Bergman (anche in questo caso era presente una sequenza di nudo, che in Italia venne censurata). Il progressivo trasferimento di molti svedesi dai piccoli centri alle grandi città favorì anche la produzione di una serie di film che, in forme e modi diversi, rappresentavano la vita di campagna. Il più grande successo della Svensk Filmindustri nell'immediato dopoguerra fu Driver dagg, faller regn (1946; Sangue ribelle) di Gustaf Edgren, interpretato dai due giovani attori Mai Zetterling e Alf Kjellin, entrambi destinati ad una brillante carriera. Questo film celebrava i valori e le tradizioni dei contadini con uno spiccato senso romantico. Di tipo nostalgico era invece il già citato Hon dansade en sommar, in cui prevaleva una rappresentazione idillica della campagna contrapposta al caos e al grigiore della città. Non mancarono naturalmente le farse che mettevano alla berlina i costumi ormai desueti della provincia laddove la città costituiva invece il simbolo della modernità. Fu notevole, a questo proposito, il consenso di pubblico riscosso dalla serie di Åsa-Nisse, un personaggio letterario ideato dallo scrittore S. Cederholm, portato al cinema per la prima volta dal regista Ragnar W. Frisk con il film eponimo Åsa-Nisse (1949). La serie proseguì fino al 1969 registrando in totale ventisette episodi, tutti interpretati da John Elfström. Dal punto di vista strettamente industriale, il cinema svedese entrò in crisi in seguito ad alcuni provvedimenti di politica economica introdotti dal governo socialdemocratico. La svalutazione della corona svedese portò all'aumento del prezzo d'acquisto della pellicola vergine e dei film di produzione straniera; la crescita del livello medio degli stipendi fece salire i costi di produzione; il controllo statale dei prezzi impedì l'aumento dei biglietti al botteghino. Inoltre gli svedesi furono incoraggiati a investire in beni mobili e immobili e molte famiglie iniziarono a risparmiare per acquistare la loro prima automobile. Quando la tassa sugli incassi dei cinema passò, nel 1948, dal 24 al 39%, nella primavera del 1951 i produttori proclamarono uno sciopero che fermò totalmente la realizzazione nuovi film. Il governo decise allora di destinare il 20% di questa tassa al sostegno della produzione cinematografica. Nel 1959, tre anni dopo la nascita della televisione, la tassa scese al 25% e la metà dei proventi venne destinata all'industria del cinema. Nel 1956, comunque, gli spettatori paganti furono circa ottanta milioni e i distributori decisero di aprire nuove sale, soprattutto in periferia e nelle città-dormitorio di nuova creazione. La televisione, tuttavia, raggiunse oltre due milioni di famiglie in meno di dieci anni e il cinema entrò in crisi. Contribuì al decremento degli incassi un certo immobilismo produttivo, la mancanza di nuovi generi e una critica assai severa nei confronti dei registi che tentarono nuove strade, come Sjöberg, Bergman e anche Faustman che nel 1948 aveva diretto Främmande hamn (Porto straniero), un film di deciso impianto socialista. Gli autori della nuova generazione rifiutarono il concetto del regista-artigiano che lavora su commissione e si fecero sostenitori di loro progetti che presentavano di volta in volta ai vari produttori sperando nella loro approvazione. Fu così che Bergman si vide rifiutare dalla Svensk Filmindustri la sua sceneggiatura di Gycklarnas afton (1953; Una vampata d'amore), poi accettata dalla Sandrews. Si può dire che il pubblico degli anni Cinquanta fosse diviso in tre categorie ben distinte: le famiglie, i giovani e gli appassionati. La prima categoria fu naturalmente quella che si fece sedurre assai facilmente dalla televisione e che amava le commedie vecchio stile, ambientate nella classe media o nel mondo dello spettacolo, spesso arricchite da musica e canzoni. Alcuni registi, su tutti Hasse Ekman, si divertirono a parodiare programmi radiofonici o televisivi, come in Sjunde himlen (1956, Settimo cielo) e nel suo sequel dal titolo Himmel och pannkaka (1959, Paradiso e frittelle). I grandi successi del genere furono Lille Fridolf och jag (1956, Io e il piccolo Fridolf) di Torgny Anderberg, tratto da una serie radiofonica, che realizzò più di tre milioni di corone d'incasso, e la commedia sentimentale Änglar, finns dom… (1961, Gli angeli esistono…) di Lars-Magnus Lindgren, visto da due milioni e ottocentomila svedesi. La seconda categoria fu la più difficile da soddisfare. I giovani amavano soprattutto il cinema americano e i personaggi alla James Dean. I produttori svedesi cercarono, talora con risultati risibili, di imitarli con lungometraggi che rappresentavano una 'gioventù bruciata' coinvolta in vicende misteriose o violente. Ne furono esempi indicativi Danssalongen (1955, Sala da ballo) di Börje Larsson e Raggare! (1959, I rocker) di Olle Hellbom, quest'ultimo chiaramente ispirato a Rebel without a cause (1955; Gioventù bruciata,) di Nicholas Ray. Per i più piccoli si approntarono numerose trasposizioni cinematografiche dei romanzi della popolare autrice A. Lindgren, come la serie dell'ispettore Blomkvist inaugurata da Mästerdetektiven Blomkvist (1947, Il capo ispettore Blomkvist) di Rolf Husberg. I thriller ambientati nei piccoli e apparentemente tranquilli centri della provincia erano, peraltro, la specialità del regista Mattsson che diede le sue prove migliori con Damen i svart (1958, La donna in nero) e Ljuvlig är sommarnatten (1961, Dolce è la notte d'estate), dal popolare romanzo di M. Lang. Questi film erano fortemente debitori della lezione del noir hollywoodiano anche nell'uso di una profondità di campo e di un'illuminazione assai contrastata, pregevolmente realizzata dal direttore della fotografia Tony Forsberg. La terza categoria di pubblico fu quella che, negli anni Sessanta, diede un impulso determinante al cambiamento del cinema svedese. La Sandrews, che aveva come consulente Rune Waldekranz, pensò, a torto, di andare incontro ai gusti di un pubblico più difficile rivitalizzando il genere letterario. Nel 1951 Sjöberg vinse la Palma d'oro al Festival di Cannes con Fröken Julie (La notte del piacere), eccellente adattamento del dramma di Strindberg. Il secondo progetto di Waldekranz, Gycklarnas afton di Bergman, fu invece un insuccesso commerciale. Stessa sorte ebbe Barabbas (1953), ancora di Sjöberg, dal romanzo del premio Nobel P. Lagerkvist. A questo punto Anders Sandrew decise di abbandonare questo genere di progetti, troppo costosi e privi di interesse per il pubblico. Ebbe invece notevolissimi riscontri il documentario sulla vita degli animali Det stora äventyret (1953, La grande avventura) di Arne Sucksdorff, già vincitore di un Oscar nel 1947 con il cortometraggio Människor i stad (1946, Uomini in città). Anche la Svensk Filmindustri registrò pessimi risultati con i suoi film letterari a colori, Herr Arnes penningar (1954, Il tesoro di Arne) e Sången om den eldröda blomman (1956, Il canto del fiore scarlatto), entrambi di Molander e già portati al cinema da Stiller. La grande casa di produzione svedese ebbe tuttavia la fortuna di realizzare gran parte dei film di Bergman, poco costosi e di straordinario successo all'estero. Sommarnattens leende (1955; Sorrisi di una notte d'estate), Det sjunde inseglet (1957, Il settimo sigillo) ‒ vincitore del Premio speciale della giuria al Festival di Cannes ‒ il già citato Smultronstället e Ansiktet (1958; Il volto) ‒ premio della giuria alla Mostra del cinema di Venezia nel 1959 ‒ lo imposero come uno dei più grandi registi della storia del cinema e le sue opere, anche quelle passate, ottennero all'estero una larga distribuzione e furono al centro della riflessione critica per decenni. Il suo cinema non ebbe sostanzialmente alcun rapporto con il resto della produzione svedese degli anni Quaranta-Cinquanta. Esso fu semmai influenzato dalla grande tradizione teatrale e letteraria nordica e dai grandi autori del cinema muto (non a caso Sjöström fu scelto come protagonista di Smultronstället). Le grandi questioni esistenziali poste dalle sue opere e una certa autoriflessività ‒ a detta dei suoi detrattori ‒ lo trasformarono in un facile bersaglio per la nuova generazione di registi che, negli anni Sessanta, si farà portavoce in patria delle istanze di cambiamento formulate dalla Nouvelle vague francese.
Gli anni Sessanta furono oggetto di un vero e proprio cambio della guardia nell'ambito del cinema svedese, sotto il profilo industriale e artistico. Anders Sandrew morì nel 1957, Carl Anders Dymling, Karl Kilbom (fondatore della Nordisk Tonefilm) ed Erik "Hampe" Faustman nel 1961. Sjöberg e Molander tornarono al teatro, mentre Ekman e Mattsson lasciarono la Svezia. Alla guida della Svensk Filmindustri vennero eletti l'attore Kenne Fant in qualità di presidente e Bergman come direttore artistico. Il vero motore del cambiamento fu il giovane critico Widerberg che, nei suoi articoli e saggi, attaccò duramente l'industria cinematografica svedese, colpevole ‒ a suo giudizio ‒ di aver imposto troppi limiti ai registi e di aver perso ogni contatto con la realtà. I film avrebbero dovuto rappresentare la gente comune, colta nella propria quotidianità, utilizzando ambienti reali e non teatri di posa. Widerberg, inoltre, accusò Bergman e Sucksdorff di non aver saputo trarre profitto dalla loro popolarità, chiudendosi in un proprio mondo invece di aprirsi a quello reale. Widerberg dimostrò le proprie teorie con i lungometraggi Barnvagnen (La carrozzina) e Kvarteret Korpen (Il quartiere del Corvo), entrambi del 1963 e interpretati dal giovane attore Thommy Berggren. I film, fortemente influenzati dalla Nouvelle vague, presentavano lunghi piani-sequenza e continue prese di posizione da parte dell'istanza narrante, che interveniva per schierarsi ora con l'uno ora con l'altro personaggio. Il successo fu grandissimo e diede inizio alla Nya vågen. Parallelamente il critico Harry Schein propose la fondazione di un organismo statale che amministrasse con più oculatezza le risorse destinate alla produzione cinematografica, diventando esso stesso finanziatore dei progetti più significativi. A seguito di lunghe contrattazioni tra i rappresentanti del governo e quelli dei produttori, nacque nel 1963 lo Svenska Filminstitutet del quale Schein assunse la direzione. Venne abolita la tassa sui biglietti e sostituita con un contributo del 10% sull'incasso lordo che gli esercenti dovevano versare al nuovo ente. Lo Svenska Filminstitutet inglobò le Filmhistoriska Samlingarna (di fatto il patrimonio cinetecario nazionale), iniziò una politica di promozione e diffusione cinematografica e si assunse le spese di pubblicazione della rivista "Chaplin", fondata dallo studioso Bengt Forslund, che venne poi nominato direttore artistico dell'istituto. Nel 1964 venne anche inaugurata una scuola di cinema, la Filmskolan. A partire dal 1968 lo Svenska Filminstitutet ebbe anche la possibilità di partecipare economicamente alla realizzazione di film, tanto che negli anni Settanta giunse a coprodurre circa il 50% dei titoli stagionali. La vera novità, comunque, consistette nell'istituzione di un vero e proprio 'premio di qualità' che una giuria di esperti elargiva ogni anno ai titoli più significativi. Questo provvedimento ebbe come conseguenza immediata la ripresa dell'industria: mentre nel periodo 1959-1963 la media annuale fu di 17 film, la stagione 1964-65 registrò 25 nuovi titoli. Va notato che i film girati negli anni Sessanta furono comunque assai meno di quelli degli anni Cinquanta: 177 contro 315. Tra gli autori importanti emersi nel periodo va ricordato Sjöman, un regista provocatorio e ribelle, che suscitò grande scandalo per la violenza e l'erotismo di molte situazioni presenti nel suo film d'esordio, 491 (1964; 490+1=491), distribuito soltanto dopo pesanti tagli. Anche Jag är nyfiken ‒ Gul (1967; Io sono curiosa), presto seguito da Jag är nyfiken ‒ Blå (1968, Io sono curiosa ‒ Blu), ebbe problemi con la censura, soprattutto negli Stati Uniti, dove venne distribuito dopo un anno di polemiche e con enorme successo di pubblico. Si trattava di un dittico interpretato dalla giovane studentessa di recitazione Lena Nyman che, senza seguire una sceneggiatura, svolgeva un'inchiesta sulla situazione politica e sociale della S. intervistando passanti, organizzando incontri e utilizzando il tempo libero per incontri sessuali con ragazzi diversi. Assai importante fu poi il debutto nella regia dell'attrice Mai Zetterling che, con Älskande par (1964; Gli amorosi), realizzò una bellissima riflessione sulla memoria, l'esperienza e il tempo utilizzando come pretesto le storie di tre donne. Il film fu seguito da Nattlek (1966; Giochi di notte), un'opera sull'incesto presentata alla Mostra del cinema di Venezia e proiettata, per questioni censorie, solo alla giuria e ai giornalisti. Fortemente influenzato dal femminismo fu invece Flickorna (1968, Le ragazze). Dopo l'insuccesso di Doktor Glas (1969; Doctor Glas), Zetterling partì per l'Inghilterra e tornò in patria solo nel 1986 per dirigere il suo ultimo lavoro Amorosa, una biografia della scrittrice A. von Krusenstjerna, autrice del romanzo dal quale aveva tratto il suo primo film. Anche la Filmskolan non tardò a dare i suoi frutti: Dom kallar oss Mods (1968, Ci chiamano Mods) di Jan Lindqvist e Stefan Jarl nacque come progetto studentesco e trovò poi i finanziamenti per la sua realizzazione. Con il tempo diventò la prima parte di una trilogia completata dal solo Jarl: gli altri due episodi furono Ett anständigt liv (1979, Una vita decente) ‒ che affrontava il tema della tossicodipendenza ‒ e Det sociala arvet (1993, L'eredità sociale) ‒ che si ricollegava al primo film intervistando i figli dei Mods. Il cinema divenne anche strumento politico e di contestazione. Nel 1968 un gruppo di studenti guidato da Widerberg girò il documentario Den vita sporten (Lo sport bianco) in occasione delle manifestazioni di protesta che impedirono lo svolgimento dell'incontro tennistico di coppa Davis tra S. e Rhodesia (oggi Zimbabwe). In quel periodo, tra l'altro, i cineasti e i critici più radicali iniziarono a considerare lo Svenska Filminstitutet un organismo troppo istituzionale e compromissorio. Essi crearono perciò una nuova società di distribuzione per il cinema 'alternativo', la FilmCentrum. Questa esaltante stagione, tuttavia, si concluse alla fine degli anni Sessanta quando Widerberg iniziò a dedicarsi a produzioni più commerciali, come Elvira Madigan (1967) e Ådalen '31 (1969; Adalen '31), che gli fruttarono una certa notorietà al di fuori dei confini nazionali. Anche Jan Troell, che si era fatto conoscere con i notevoli 4×4 (1965) e Här har du ditt liv (1966, Ecco la tua vita) ‒ entrambi tratti da romanzi di E. Johnson ‒ passò a lungometraggi di maggiore impatto spettacolare: il dittico Utvandrarna (1971; Karl e Kristina) e Nybyggarna (1972; La nuova terra) aveva come protagonisti, Liv Ullmann e Max von Sydow, già molto noti all'estero. I film, che raccontavano la storia di una coppia di emigranti svedesi negli Stati Uniti, ottennero un largo successo e permisero a Troell di avviare diverse collaborazioni con produttori americani. Bergman, per parte sua, non fu insensibile al rinnovamento degli anni Sessanta, come dimostrarono Persona (1966), Skammen (La vergogna, 1968) e En passion (Passione, 1969), ma dimostrò assoluto rigore nel proseguire il suo personale percorso di riflessione sull'individuo e la sua identità. Negli anni Settanta fu enorme il successo della sua serie televisiva Scener ur ett äktenskap (1973; Scene da un matrimonio), al punto che il numero dei divorzi in S. subì un significativo aumento. L'anno precedente era uscito nelle sale Viskningar och rop (Sussurri e grida), una delle sue opere più dolenti e intense, magistralmente fotografata a colori dal grande Sven Nykvist, uno dei più importanti direttori della fotografia della storia del cinema. Poco dopo Bergman fu accusato di evasione fiscale e lasciò la S. per la Germania. La maggiore novità degli anni Settanta fu il tentativo di sviluppare un cinema 'di genere' che non fosse necessariamente debitore del modello hollywoodiano. Widerberg, per es., trasse diversi film dai romanzi del collettivo Sjöwall & Wahlöö, specializzato in storie poliziesche assai critiche nei confronti della società. Il miglior titolo della serie fu Mannen på taket (1976; L'uomo sul tetto). Sul versante della commedia, si ebbero risultati di rilievo dalla compagnia Svenska Ord, fondata dai comici radiofonici e televisivi Hasse Alfredson e Tage Danielsson. I due avevano prodotto, nel 1965, una delle commedie più divertenti della storia del cinema svedese, Att angöra en brygga (Attraccare al molo). Negli anni Settanta ottennero un grande successo con Äppelkriget (1971, La guerra delle mele), Släpp fångarne loss ‒ det är vår (1975, Liberate il prigioniero ‒ è primavera) e Picassos äventyr (1978, L'avventura di Picasso). Il loro cinema era amato sia dal pubblico sia dalla critica per il ritmo accelerato della narrazione e per l'intelligenza delle sceneggiature, che sapevano rappresentare le contraddizioni del Paese con graffiante ironia. Al di là di queste eccezioni, comunque, il cinema svedese degli anni Settanta andò incontro a una pericolosa crisi creativa. La critica prese a segnalare con grande insistenza la totale assenza di nuovi autori di talento e l'incapacità di raccontare storie che avessero un qualche interesse per il pubblico. Gli incassi dei film svedesi si fecero sempre meno soddisfacenti e l'industria cinematografica nazionale subì un duro colpo. Göran Lindgren, nominato presidente della Sandrews nel 1969, decise di abbandonare la produzione nel 1975 per concentrarsi sulla distribuzione e l'esercizio. Stessa sorte toccò all'Europa Film, diretta da Ejnar Gunnerholm, che aveva sostituito il suo fondatore Gustaf Scheutz, morto nel 1967. La Svensk Filmindustri venne invece venduta al quotidiano "Dagens Nyheter", che se ne liberò presto cedendola alla casa editrice Bonniers. Curiosamente il numero delle case di produzione in quegli anni crebbe, in parte grazie al sostegno dello Svenska Filminstitutet, in parte perché molti registi si misero in proprio fondando piccole società per ottenere facilitazioni fiscali. Lo stesso Bergman creò la Cinematograph, diventando finanziatore di sé stesso. Verso la metà degli anni Settanta il conflitto tra il gruppo del FilmCentrum e lo Svenska Filminstitutet si inasprì a causa del sempre più autoritario atteggiamento del suo presidente Harry Schein. Il governo tentò una mediazione nominando presidente Bo Jonsson, fondatore della Viking Film. Schein, tuttavia, restò in qualità di amministratore delegato e, dopo soltanto due anni, costrinse Jonsson alle dimissioni. Anche il direttore di "Chaplin", Stig Björkman, venne allontanato. Quando Schein strinse un accordo finanziario con la Svensk Filmindustri, la Sandrews e l'Europa Film, le proteste aumentarono ulteriormente e Schein fu messo in condizione di abbandonare il posto. Nel 1976 Per Ahlmark divenne amministratore delegato e il regista finno-svedese Jörn Donner fu scelto come presidente. Quest'ultimo, però, non si dimostrò all'altezza del compito, in particolare investì ingenti somme in coproduzioni internazionali che di frequente non venivano nemmeno realizzate.
Negli anni Ottanta lo Svenska Filminstitutet mostrò segni di ripresa grazie al nuovo presidente Klas Olofsson, che seppe riorganizzare l'attività dell'ente e investire in progetti di ampio respiro. Fu sotto la sua direzione che Bergman realizzò Fanny och Alexander (1982; Fanny & Alexander). Nel 1982 vennero introdotte alcune importanti novità: la tassa sul noleggio e la vendita di videocassette, che veniva interamente versata allo Svenska Filminstitutet e ammontava a diverse decine di milioni di corone l'anno; la sostituzione della giuria che destinava i premi di qualità con una giuria che si limitava ad assegnare gli 'Oscar' svedesi, i Guldbaggen ("Arieti d'oro"). Quando Olofsson accettò di assumere la presidenza della Sandrews, che intendeva dedicarsi nuovamente alla produzione cinematografica, il suo successore fu Ingrid Edström, che ebbe il difficile ‒ e per molti aspetti impossibile ‒ compito di restituire al cinema svedese una dimensione internazionale. In effetti, senza più grandi autori e con produzioni di modesta fattura, la S. si chiuse sempre più in sé stessa, rivolgendosi esclusivamente al pubblico locale con film di genere decisamente corrivi anche se, talora, premiati da buoni incassi. Gösta Ekman, figlio di Hasse, puntò sulle sue qualità di attore comico e conquistò circa un milione di spettatori con Morrhår och ärtor (Baffi e piselli), da lui stesso diretto, e Jönssonligan dyker upp (Spunta la banda Jönsson) di Mikael Ekman, entrambi del 1986. Simili furono le commedie di Lasse Åberg, che interpretava un giovanotto alle prese con una madre possessiva ma abile nel conquistare belle ragazze. Grande successo riscossero, per es., i suoi film Sällskapsresan (1980, Viaggio organizzato) e Sällskapsresan II (1985, Viaggio organizzato II). La profonda recessione economica che ha colpito la S. all'inizio degli anni Novanta, mettendo in crisi il modello di governo socialdemocratico, ha avuto pesanti conseguenze anche sul cinema, trasmettendo ai produttori una sostanziale mancanza di fiducia nel futuro. Lo Svenska Filminstitutet nel 1992 si è ritirato dalla produzione. La decisione è stata accolta positivamente poiché molti produttori avevano, per decenni, sollevato dubbi sul 'conflitto di interessi' che questa attività inevitabilmente poteva generare. L'aspetto più interessante del cinema svedese dagli anni Ottanta è senza dubbio la sua predilezione per i film dei ragazzi, intendendo con questo termine sia le produzioni specificamente destinate a un pubblico di giovanissimi, sia i film che hanno per protagonisti bambini o adolescenti. Per molti decenni i governi socialdemocratici avevano investito molto, dal punto di vista ideologico, sul futuro del Paese, tendendo spesso a cancellare il passato, un passato che aveva visto la S. perdere progressivamente i suoi domini territoriali e impoverirsi costringendo centinaia di migliaia di persone all'emigrazione. La crisi degli anni Ottanta-Novanta ha condotto un popolo senza più una storia nazionale a cercare di recuperare almeno quella individuale. Vanno in questa direzione opere come Mitt liv som hund (1985; La mia vita a quattro zampe) di Lasse Hallström ‒ vincitore dell'Oscar per il miglior film straniero ‒, Hjälten (1990, L'eroe) di Agneta Fagerström-Olsson, Söndagsbarn (1992, Il figlio della domenica) di Daniel Bergman ‒ sceneggiato dal padre Ingmar ‒ e Kådisbellan (1993, Colpo di fionda) di Åke Sandgren. Lukas Moodysson, per parte sua, ha ottenuto uno straordinario successo nel 1998 con la commedia Fucking Åmål, storia di due adolescenti alla scoperta della loro omosessualità. Il film successivo, Tillsammans (2000; Together), è ambientato in una comunità hippy, mentre Lilja 4-ever (2002) racconta la vicenda di due giovani russi in viaggio verso la Svezia. Inarrestabili sono poi le trasposizioni cinematografiche e televisive dei romanzi e racconti di A. Lindgren, una delle scrittrici per l'infanzia più note e tradotte al mondo. Un altro tema assai sentito è quello dell'immigrazione. A partire dagli anni Cinquanta la S. aveva aperto le proprie frontiere a immigranti di varia provenienza, in cerca di lavoro o di asilo politico. Il primo film ad affrontare il problema era stato Jag heter Stelios (1972, Mi chiamo Stelios) di Johan Bergenstråhle. Nel corso degli anni Ottanta e Novanta le produzioni di questo genere si sono moltiplicate. Una regista attenta al problema è Suzanne Osten. Il suo Bröderna Mozart (1986, I fratelli Mozart) racconta la storia di una messinscena del Don Giovanni all'Opera di Stoccolma resa possibile soprattutto dalla passione e dalla competenza dello staff tecnico, composto in larga misura da immigrati. Tala, det är så mörkt (1992, Parla, fa buio) indaga con competenza il fenomeno dei neonazisti. Vanno poi ricordati anche Vägvisaren (1992, La guida) di Jonas Simma, che ritrae Freud flyttar hemifrån (1991, Freud se ne va di casa) di Suzanne Bier, dedicato agli ebrei svedesi e la comunità lappone. Alcuni immigrati, nel corso degli anni, si sono avvicinati al cinema diventando registi e raccontando le loro esperienze. Il primo esempio è stato Splittring (1984) di Muammer Özer, seguito da Ett paradis utan biljard (1991; Un paradiso senza biliardo) dell'italiano Carlo Barsotti ‒ attivo soprattutto in teatro ‒ e da Jalla! Jalla! (2000) di Josef Fares. Dagli anni Novanta si è verificato inoltre un ritorno alla commedia nostalgica nei confronti della vita di campagna. Grande successo ha riscosso, per es., il britannico Colin Nutley, che in S. ha diretto film come Änglagård (1992; La casa degli angeli), il sequel Änglagård ‒ andra sommaren (1994, La casa degli angeli ‒ seconda estate) e Under solen (1998, Sotto il sole). Jägarna (1996, I cacciatori) di Kjell Sundvall, una vicenda poliziesca ambientata nel Nord del Paese, è stato visto da oltre mezzo milione di svedesi nei primi quattro mesi di programmazione. Tra i pochi registi che in questo decennio hanno realizzato opere di valore vanno citati Troell ‒ tornato in patria dopo un lungo soggiorno americano ‒ e Liv Ullmann, che ha sostanzialmente abbandonato la recitazione per dedicarsi alla regia. Troell può essere considerato la coscienza critica della S. contemporanea. Il suo documentario Sagolandet (1988, Il Paese delle fiabe) è certamente l'analisi più lucida e spietata della fine del sogno socialdemocratico. Il Capitano (1991), scritto con il grande romanziere P.O. Enquist, ricostruisce un brutale omicidio commesso da una coppia di origini finlandesi. Hamsun (1996) demolisce invece la personalità del famoso scrittore norvegese che aveva simpatizzato a suo tempo con il nazismo. La Ullmann, invece, dopo un paio di buone produzioni norvegesi, è diventata la continuatrice del cinema di Bergman mettendo in scena le sue sceneggiature. Sia Enskilda samtal (1996; Conversazioni private), sia Trolösa (2000; L'infedele) sono opere di pregevole fattura.
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