Tecnologia
L'industria cinematografica si avvale della t. sviluppata in differenti settori in ragione delle caratteristiche specifiche dei dispositivi e delle macchine utilizzati nelle varie tecniche che costituiscono la sua filiera di produzione. All'evoluzione dei diversi tipi di macchine da presa, sia analogiche sia digitali, ha corrisposto un significativo sviluppo delle macchine per il trattamento dell'immagine e per la proiezione. Nell'ambito della scenografia gli apparati per muovere la macchina da presa, carrelli, cavalletti, gru, dolly ecc. (v. movimenti di macchina), sono progettati e realizzati per ottimizzare il coordinamento con gli effetti speciali di postproduzione. I mezzi tecnici speciali utilizzati durante le riprese cinematografiche comprendono la steadycam (camera montata su corpetto di sostegno che facilita il movimento della macchina da presa nelle riprese effettuate a mano, cioè senza l'ausilio di cavalletti o carrelli, attraverso un sistema di mantenimento in asse costituito da contrappesi e leve), la sky-cam (camera telecomandata per riprese a volo di uccello anche da notevole altezza, utile per es. in uno stadio), la rostrum camera (camera collegata a un braccio meccanico semovente controllato da un computer in grado di muoversi in più direzioni) e diverse attrezzature per la produzione di effetti speciali, come apparecchi per proiezione frontale assiale (front-projection), macchine a immagine aerea, macchine per lavoro di animazione, twin-camera eccetera. Si utilizzano inoltre sistemi computerizzati per il controllo dello spostamento della macchina da presa (interactive motion control camera).
Notevoli sono le applicazioni tecnologiche che caratterizzano la digitalizzazione delle immagini per le elaborazioni di computer graphics (v. digitale, cinema). Si può ricreare in digitale l'esatta geometria di un set attraverso una sua scansione con lidar (radar ottico); si possono ottenere perfette interazioni di oggetti virtuali in ambienti reali catturando con specifici processi la luce del set, come per es. nel sistema image based lighting (IBL), in cui si elabora un'immagine omnidirezionale reale raccolta fotografando sfere cromate (specchiate) opportunamente collocate sul set. Allo scopo di riprodurre con esattezza l'interazione dei vestiti di scena con la luce si usa fare la scansione degli stessi con riflettometri bidirezionali che permettono di ottenere la riflettanza della luce per tutti i tipi di tessuti. Gli apparecchi per l'illuminazione si differenziano per la qualità della luce che forniscono; parametri importanti sono l'ampiezza e l'angolazione del raggio emesso, l'intensità e la potenza di emissione. Le lampade utilizzate durante le riprese cinematografiche sono a incandescenza (tungsteno, alogene e al quarzo) o a scarica nei gas. L'uso di alcuni accessori altera le caratteristiche della luce emessa, in particolare per controllare o modificare il raggio della sorgente luminosa o per eliminare luce spuria. Per le riprese in esterno, ma talvolta anche in studio, si utilizzano degli schermi di varie dimensioni e con diversi tipi di superficie resistente: leggermente specchiata, granulare o opacizzata. La funzione di tali schermi è quella di riempire di luce le zone in ombra. L'intensità luminosa può essere modificata elettronicamente mediante i dimmers, dispositivi elettronici che regolano la quantità di luce emessa da una lampada mediante il controllo della tensione a essa applicata. I dimmers attuali utilizzano i semiconduttori SCR (Silicon Controlled Rectifier) o tiristori; ognuno di essi è collegato a una lampada, per lo più alogena, di cui regola l'intensità luminosa in base ai segnali (analogici o digitali) che provengono da un mixer. Il sistema tradizionale analogico, con il quale è inviato un segnale elettrico a basso voltaggio a ciascun dimmer mediante un cavo individuale, è stato ormai quasi completamente sostituito da quello digitale, con cui è possibile controllare una gran quantità di dimmers con un singolo cavo. Il sistema digitale permette di ottenere una risposta più veloce e fornisce una regolazione più stabile e precisa. L'evoluzione delle lampade è stata influenzata anche dall'alta sensibilità raggiunta dalle pellicole cinematografiche, che determina la potenza da impiegare. Le emulsioni fotografiche, completamente trasformate nella loro intima struttura (per es., le emulsioni a granuli tabulari), utilizzano supporti in triacetato o poliestere robustissimi, di eccezionale trasparenza e ininfiammabili (v. pellicola). Le macchine sviluppatrici non sono più manuali come in passato, ma automatiche nel funzionamento e nei controlli; anche le stampatrici funzionano in modo sempre meno vincolato dalla presenza dell'uomo (v. sviluppo e stampa). La sala di montaggio è dotata di mezzi tecnici quali moviole, accoppiatrici, tavoli passafilm, giuntatrici e spesso anche di apparecchi per l'editing elettronico, visori e riproduttori sonori, apparecchi per il codice dei tempi eccetera. Per la riproduzione sonora si utilizzano registratori (che possono essere normali, stereofonici ecc.), trascrittori su nastro perforato e su pellicola ottica, amplificatori, apparecchi dolby ecc. (v. suono). Lo sviluppo che ha interessato i sistemi utilizzati nell'ultima fase della realizzazione del film, la proiezione, è di particolare rilievo. L'automatismo delle cabine di proiezione fu introdotto negli anni Settanta con il sistema detto rock and roll (a retromarcia). In tale sistema l'intervento quotidiano dell'operatore di proiezione è ridotto al solo montaggio della pellicola, salvo necessità di aggiustamenti del fuoco o di messa a quadro, in quanto un dispositivo di comando, originariamente un armadio a schede, successivamente una matrice a diodi (cavalieri) o un elaboratore, controlla tutte le operazioni (partenza e arresto film, cambio obiettivi, accensione luci in sala ecc.), mentre in cabina due proiettori lavorano simultaneamente, uno in fase di proiezione l'altro in fase di riavvolgimento, potendo poi alternare le fasi. Negli anni Novanta, la diffusione delle strutture multisala e multiplex, e la conseguente opportunità di ridurre i costi di gestione e di installazione dei macchinari di proiezione, ha favorito l'introduzione dei sistemi semiautomatici o 'a piatti' e recentemente dei sistemi 'a stella'. Nel sistema a piatti, ideato negli anni Sessanta dall'industria tedesca Kinoton, si utilizza un solo proiettore per sala senza bobine verticali, la cui funzione è sostituita da almeno tre grandi piatti orizzontali che ospitano la pellicola. La testa del film, montato su un unico rullo continuo avvolto sul piatto di svolgimento, si trova al centro del piatto e attraverso un congegno, denominato centro del piatto, passa al proiettore per avvolgersi successivamente al piatto di arrivo. Come nel sistema a retromarcia, piccole placche metalliche applicate alla pellicola segnalano attraverso sensori la sequenza delle operazioni di sala al dispositivo di comando. Il sistema a piatti è semiautomatico, in quanto prevede l'agganciamento della pellicola al proiettore a ogni spettacolo, e per questo è anche detto a loop aperto. Completamente automatico è invece il sistema a stella (a loop chiuso), in cui sullo stesso piatto orizzontale la pellicola contemporaneamente si svolge e si avvolge dal centro alla periferia del rullo, passando attraverso il proiettore. Tale sistema è basato su una tipica disposizione lobata appunto a forma di stella, cui la pellicola è costretta sul piatto durante l'avvolgimento da un apposito braccio di controllo, che consente a ogni spira della bobina di mantenere la stessa lunghezza. Particolare cura è posta all'allestimento della sala che, oltre a essere confortevole, deve essere anche progettata ed eventualmente ristrutturata seguendo criteri di ottica e acustica ambientale: per es., avere il calpestio isolato dal terreno mediante un preparato a base di materie plastiche (pavimento galleggiante), essere sufficientemente anecoica ed eseguita seguendo le norme antinfortunistiche, quali, per es., quelle antincendio. Gli schermi, quasi sempre curvi e a formato sia panoramico sia, sempre più spesso, scope (adatto cioè ad accogliere un formato di fotogramma che, proiettato, occupa in orizzontale tutta la sua superficie) sono costruiti con particolari materiali plastici che devono possedere caratteristiche di antistaticità e ininfiammabilità secondo le norme di legge vigenti. Essi sono inoltre progettati per consentire un perfetto passaggio del suono, una grande riflettanza che favorisca riduzioni dei costi nell'acquisto delle lampade xeno e nei consumi di energia elettrica, e prevedendo goffrature per garantire alte rese anche sotto angoli di visione elevati.